Università, Rapporto 2023 AlmaLaurea: salgono le performance dei laureati ma scende il valore reale delle loro retribuzioni

- di: Barbara Leone
 
Gli studenti degli atenei italiani si laureano con voti più alti e arrivano sempre più giovani al titolo; sono, inoltre, più coinvolti in attività che connettono università e mondo del lavoro. Salgono i tassi di occupazione, ma le retribuzioni reali dei laureati scontano le difficoltà del contesto geopolitico. Si evidenziano le criticità del caro-affitti e riprende la mobilità dei laureati per motivi di lavoro. E’ quanto emerge dal Rapporto 2023 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei Laureati (XXV edizione) realizzato  dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea presentato lo scorso 12 giugno al Complesso Monumentale dello Steri di Palermo nell’ambito del convegno “Mobilità territoriale dei laureati: quale sostenibilità?”, organizzato con il Ministero dell'Università e della Ricerca e con il patrocinio della CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. Il Rapporto si basa su una rilevazione che coinvolge oltre 281 mila laureati del 2022 di 77 Atenei e restituisce un’approfondita fotografia delle loro principali caratteristiche. Si tratta di 155 mila laureati di primo livello (55,2%), 94 mila magistrali biennali (33,5%) e 32 mila magistrali a ciclo unico (11,3%). Tra i laureati del 2022 continuano a manifestarsi alcuni effetti dell’emergenza pandemica, rilevati per la prima volta nell’indagine del 2021. In particolare, sono diminuite ulteriormente le esperienze di studio all’estero, così come la fruizione di alcune strutture universitarie, quali le postazioni informatiche, le biblioteche, i laboratori e gli spazi per lo studio individuale.

Università, Rapporto 2023 AlmaLaurea

Nell’analisi dei dati del 2022, come per quella dei dati del 2021, è opportuno tenere conto del fatto che gli effetti della pandemia hanno colpito in particolare gli studenti che hanno svolto una quota maggiore del proprio percorso universitario durante l’emergenza pandemica. Per questo motivo, ad esempio, gli effetti sono più evidenti tra i percorsi universitari più brevi, in particolare tra i magistrali biennali e tra quelli triennali rispetto alle lauree magistrali a ciclo unico. Nel presentare i risultati per tipo di corso o per gruppo disciplinare, dunque, è importante tenere in considerazione l’effetto diversificato dell’emergenza pandemica sui diversi percorsi. La quota di laureati di cittadinanza estera è del 4,3% (corrispondente a 12.214 laureati negli Atenei AlmaLaurea nel 2022). Tale quota risulta in lieve aumento: secondo i dati AlmaLaurea era pari al 3,0% nel 2012. Si tratta di giovani che provengono in buona parte da famiglie immigrate e residenti in Italia: ben il 37,4% dei laureati di cittadinanza non italiana ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado nel nostro Paese: tale quota era il 29,9% nel 2012. Le tendenze più recenti evidenziano, comunque, che la quota di laureati stranieri figli di immigrati residenti in Italia, dopo una crescita costante durata fino al 2018 (43,5%), è in calo negli ultimi anni di oltre 6 punti percentuali. Invece, la quota di cittadini stranieri in possesso di un diploma all’estero, verosimilmente la fascia di popolazione che si è trasferita in Italia al momento della scelta universitaria, è il 2,7% dell’intera popolazione indagata e risulta in lieve aumento negli ultimi anni (era il 2,1% nel 2012). Il valore sale al 5,4% tra i magistrali biennali e si contrae fino all’1,5% tra i magistrali a ciclo unico e all’1,3% tra quelli di primo livello.

Per quanto riguarda la provenienza, mentre nel complesso dei cittadini stranieri, compresi i diplomati in Italia, quasi la metà (44,7%) proviene dall’Europa (in particolare da Romania e Albania, rispettivamente l’11,1% e il 7,5%), tra i laureati stranieri che hanno conseguito il diploma all’estero scende la quota di chi proviene dall’Europa (30,7%) e lo Stato più rappresentato è, con il 9,8%, la Cina, seguito dall’India (8,1%) e dall’Iran (7,6%). I laureati stranieri che hanno conseguito il diploma all’estero sono relativamente più rappresentati in specifici ambiti disciplinari, quali architettura e ingegneria civile (7,3%), oltre che informatica e tecnologie ICT (4,5%); all’opposto, in due gruppi disciplinari (educazione e formazione e scienze motorie e sportive) i laureati esteri con diploma conseguito all’estero sono meno dell’1,0%. Il contesto familiare ha un forte impatto sulle opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria: fra i laureati, infatti, si rileva una sovrarappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. I laureati AlmaLaurea 2022 provengono per il 30,9% e per il 22,3% da famiglie della classe media, rispettivamente impiegatizia e autonoma, per il 22,8% da famiglie di più elevata estrazione sociale (ove i genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti) e per il 22,3% da famiglie in cui i genitori svolgono professioni esecutive (operai ed impiegati esecutivi). La percentuale dei laureati di più elevata estrazione sociale sale al 32,6% fra i laureati magistrali a ciclo unico, percorso di studio che, com’è noto, comporta una previsione di investimento di durata maggiore rispetto alle lauree di primo livello, investimento che spesso proseguirà con ulteriori corsi di specializzazione. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 31,1% (nel 2012 erano il 27,2%). Il contesto culturale e sociale della famiglia influenza la scelta del corso di laurea: i laureati provenienti da famiglie con livelli di istruzione più elevati hanno scelto più frequentemente corsi di laurea magistrale a ciclo unico (il 43,4% ha almeno un genitore laureato) rispetto a un percorso “3+2” (28,9% per i laureati di primo livello e 30,7% per i magistrali biennali). Per quanto riguarda il background formativo dei laureati del 2022, si registra una prevalenza dei diplomi liceali (74,6%) e in particolare del diploma scientifico (39,3%) e classico (13,2%); segue con il 19,5% il diploma tecnico, mentre risulta residuale l’incidenza dei diplomi professionali (2,8%). La quota di laureati con un diploma liceale negli ultimi dieci anni è aumentata, passando dal 71,4% del 2012 al 74,6% del 2022, in particolare a scapito dei laureati con diploma tecnico, che sono scesi dal 23,5% al 19,5%. Negli ultimi anni però il trend ha iniziato ad invertirsi, con un lieve calo dei liceali e una leggera ripresa dei diplomati tecnici e professionali.

In termini di composizione per tipo di diploma si osservano differenze modeste tra i laureati di primo livello e quelli magistrali biennali (i diplomati liceali sono rispettivamente il 71,7% e il 74,2%), mentre i laureati a ciclo unico si caratterizzano per una forte incidenza dei titoli liceali: l’89,5% ha infatti una formazione liceale, in particolare scientifica (47,4%) e classica (26,3%). L’età media alla laurea per il complesso dei laureati del 2022 è pari a 25,6 anni: 24,4 anni per i laureati di primo livello, 27,0 per i magistrali a ciclo unico e 27,2 anni per i laureati magistrali biennali. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell’iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età “canoniche” dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni, per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2022 in media è pari a 1,5 anni. L’età alla laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto all’ordinamento universitario precedente alla Riforma D.M. n. 509/1999 e ha continuato a decrescere: era 26,7 anni nel 2012 ed è scesa sotto i 26 anni a partire dal 2018. La regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato recentemente un miglioramento costante e marcato, seppure negli ultimi tre anni la proroga della chiusura dell’anno accademico concessa agli studenti per l’emergenza Covid-19 ne abbia ampliato l’effetto. Se nel 2012 concludeva gli studi in corso il 40,7% dei laureati, nel 2022 la percentuale raggiunge il 62,5%, in particolare il 66,4% tra i magistrali biennali, il 62,4% tra i laureati di primo livello e il 51,7% tra i magistrali a ciclo unico. All’opposto, se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso era il 13,6% dei laureati, oggi la quota si è più che dimezzata (5,7%). Il voto medio di laurea rilevato tra i laureati del 2022 è 104,0 su 110, valore in tendenziale aumento negli ultimi anni (era 102,7 su 110 nel 2012); tale crescita, lieve e costante a partire dal 2015, è particolarmente marcata nell’ultimo anno (+0,5 punti rispetto al 2021). Tra i laureati del 2022 si registrano apprezzabili differenze per tipo di corso: 101,1 fra i laureati di primo livello, 106,0 fra i laureati magistrali a ciclo unico e 108,1 fra i laureati magistrali biennali. Fra i laureati magistrali biennali la votazione finale è molto elevata, in particolare per un effetto di tipo incrementale rispetto alla performance ottenuta alla conclusione del percorso di primo livello (nel 2022 l’incremento medio del voto di laurea alla magistrale rispetto alla laurea di primo livello è di oltre 7 punti su 110). L’8,3% dei laureati del 2022 ha svolto esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di laurea.

Tale quota era leggermente cresciuta fino al 2020, passando dal 9,1% del 2012 all’11,3%, per poi ridursi nel 2021 e nel 2022, tornando su livelli inferiori a quelli del 2012. Seppure le risposte dei laureati facciano riferimento all’intero periodo di studio, la diminuzione evidenziata negli anni più recenti è molto probabilmente attribuibile al periodo di emergenza pandemica, durante il quale le esperienze di studio all’estero hanno registrato una battuta d’arresto per le forti limitazioni imposte agli spostamenti. Nel dettaglio, tra i laureati 2022 le esperienze di studio all’estero sono realizzate per il 6,9% con programmi dell’Unione europea (Erasmus in primo luogo), mentre le altre esperienze riconosciute dal corso di studio (Overseas, tesi all’estero, ecc.) e, soprattutto, quelle su iniziativa personale sono del tutto marginali.

I laureati di primo livello sono tendenzialmente meno coinvolti da tali tipi di esperienze (5,9%) rispetto ai laureati magistrali a ciclo unico (13,1%) e a quelli biennali (10,6%); a questi ultimi si aggiunge, tra l’altro, un’ulteriore quota di laureati che ha partecipato a programmi di studio all’estero solamente durante il percorso di primo livello e che porta così a una quota totale del 17,6% nell’arco del 3+2. Quest’ultimo valore mostra una decrescita rispetto al 2020 (era il 21,0%). Tra i laureati che hanno maturato un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal corso, l’82,6% ha sostenuto almeno un esame che è stato convalidato al rientro in Italia. Il 25,1% di chi ha svolto un periodo di studio all’estero vi ha anche preparato una parte rilevante della tesi (quota che sale al 41,7% fra i laureati magistrali biennali). Si tratta di esperienze che, oltre a valorizzare il proprio bagaglio personale, consentono di acquisire maggiori competenze linguistiche. Infatti, il 91,3% dei laureati che ha avuto un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dichiara di conoscere almeno una lingua straniera scritta ad un livello pari o superiore a B2, mentre tale quota è del 61,8% tra chi non ha fatto questa esperienza. Ha compiuto esperienze di tirocinio curriculare riconosciute dal corso di laurea il 59,4% dei laureati del 2022. Nel 2012 erano il 56,0% e, dopo alcuni anni di sostanziale stabilità, dal 2015 si è evidenziata una costante crescita durata fino al 2019 (portando tale quota al 59,9%), cui è seguita un’apprezzabile contrazione (di quasi 3 punti percentuali) tra il 2020 e il 2021. Nel 2022 la quota di laureati con questa esperienza è tornata a crescere (oltre 2 punti percentuali rispetto al 2021). Nel dettaglio, ha svolto tirocini il 58,5% dei laureati di primo livello, il 56,3% dei laureati magistrali a ciclo unico e il 61,8% dei laureati magistrali biennali; a questi ultimi si somma il 16,0% dei laureati che hanno fatto esperienze di tirocinio soltanto durante la laurea di primo livello, portando la quota complessiva di laureati magistrali biennali con esperienze di tirocinio curriculare al 77,8%.

Chi ha vissuto un’esperienza di tirocinio curriculare mostra un’elevata soddisfazione: il 94,1% dei laureati esprime infatti un’opinione positiva. Le esperienze di tirocinio curriculare e le esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di laurea sono carte vincenti da giocare sul mercato del lavoro: a parità di condizioni, infatti, chi ha svolto un tirocinio curriculare ha il 4,3% di probabilità di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo rispetto a chi non ha svolto tale tipo di attività, mentre chi ha svolto un periodo di studio all’estero riconosciuto dal proprio corso di laurea ha maggiori probabilità di essere occupato rispetto a chi non ha mai svolto un soggiorno all’estero (+12,3%). Negli ultimi dieci anni si è registrata una flessione della quota di laureati con esperienze di lavoro durante gli studi (dal 70,3% nel 2012 al 64,1% nel 2022); ciò è il risultato di una contrazione più marcata rilevata fino al 2015, cui è seguita una fase di sostanziale stabilità fino al 2020 e una successiva lieve diminuzione. Il calo è probabilmente l’effetto combinato di una serie di fattori, dall’incerto contesto economico, che ha caratterizzato il decennio in esame, alla più recente situazione emergenziale dovuta alla pandemia da Covid-19, a cui si associa anche il progressivo ridursi della quota di popolazione adulta iscritta all’università. Più nel dettaglio, nel 2022, il 7,5% dei laureati ha lavorato stabilmente durante gli studi (lavoratori-studenti); un altro 56,6% ha avuto esperienze di lavoro occasionale (studenti-lavoratori). Specularmente, l’incidenza di laureati che giungono al conseguimento del titolo privi di alcun tipo di esperienza lavorativa è aumentata negli ultimi dieci anni e nel 2022 raggiunge il 35,7%.

L’emergenza pandemica, che ha coinvolto gran parte dell’esperienza universitaria conclusa, sembra non avere intaccato tanto le valutazioni dei laureati (che si confermano crescenti o stabili su tutti gli aspetti dell’esperienza universitaria) quanto, come ci si poteva attendere, la fruizione di alcune strutture e servizi universitari. In particolare è diminuita in modo significativo la quota di chi ha utilizzato durante il corso di laurea le postazioni informatiche (la contrazione è di oltre 10 punti percentuali rispetto al 2020 e 17 punti rispetto al 2012), le attrezzature per le attività didattiche, quali laboratori e attività pratiche (oltre 7 e 9 punti rispettivamente), i servizi di biblioteca (circa 9 e 15 punti) e gli spazi dedicati allo studio individuale (oltre 8 e 2 punti). A tal proposito è interessante osservare che il calo della fruizione della maggior parte delle strutture universitarie era intervenuto già prima dell’avvento della pandemia, che ne ha inevitabilmente intensificato gli effetti. Il calo della fruizione è più accentuato tra i laureati magistrali biennali e tra i triennali, ossia tra i percorsi che, in virtù della più breve durata, hanno maggiormente risentito dell’emergenza pandemica da Covid-19. In generale il 90,5% dei laureati si dichiara complessivamente soddisfatto dell’esperienza universitaria appena conclusa. Tale quota è tendenzialmente in aumento negli ultimi anni: nel 2012 era pari all’86,7%. In particolare, si tratta del 90,9% tra i laureati di primo livello, dell’88,6% tra i magistrali a ciclo unico e del 90,4% tra i magistrali biennali. L’88,8% dei laureati è complessivamente soddisfatto del rapporto con il corpo docente; tale percentuale è circa la medesima per i laureati di primo livello (89,0%), scende all’82,1% tra i magistrali a ciclo unico e sale al 90,6% tra i magistrali biennali. In merito alle infrastrutture messe a disposizione dall’ateneo, l’83,9% dei laureati che ne hanno usufruito considerano le aule adeguate: sono l’83,8% tra i laureati di primo livello, il 77,4% tra i laureati magistrali a ciclo unico e l’86,3% tra i magistrali biennali. E quanti rifarebbero lo stesso percorso presso lo stesso ateneo? Il 72,6% dei laureati sceglierebbe nuovamente lo stesso corso e lo stesso ateneo (quota in crescita rispetto a quanto osservato nel 2012, 68,0%). Un altro 8,8% di laureati confermerebbe l’ateneo, ma si indirizzerebbe verso un altro corso, il 10,7% seguirebbe lo stesso corso ma in altro ateneo, il 5,3% cambierebbe sia corso sia sede e solo il 2,2% non si iscriverebbe più all’università (per i magistrali biennali si fa riferimento al solo biennio conclusivo). Tra i laureati di primo livello e tra i magistrali a ciclo unico confermano corso e ateneo rispettivamente il 71,5% e il 69,8% dei laureati, mentre tra i magistrali biennali tale quota sale al 75,4%.

Il Rapporto sulla Condizione occupazionale dei Laureati si basa su un’indagine che riguarda circa 670 mila laureati di 78 Atenei. Nel dettaglio, la rilevazione ha coinvolto tutti i laureati di primo e secondo livello -magistrali biennali e magistrali a ciclo unico- del 2021 (296 mila), contattati a un anno dal termine degli studi, i laureati di secondo livello del 2019 (122 mila) e del 2017 (117 mila) contattati, rispettivamente, a tre e a cinque anni dalla laurea. Infine, due indagini specifiche hanno riguardato i laureati di primo livello del 2019 e del 2017 che non hanno proseguito la formazione universitaria (73 mila e 61 mila, rispettivamente), contattati a tre e cinque anni dalla laurea. La rilevazione svolta nel 2022 restituisce un quadro occupazionale sostanzialmente positivo, sia per i neolaureati sia per quanti si sono inseriti nel mercato del lavoro da più tempo, seppure emergano alcuni elementi di criticità. I principali indicatori esaminati (tasso di occupazione, di disoccupazione, ma anche la quota di contratti a tempo indeterminato) confermano il progressivo miglioramento del mercato del lavoro osservato da diversi anni; tale miglioramento si è interrotto esclusivamente nel 2020 a seguito dello scoppio della pandemia da Covid-19, che ha duramente colpito l’economia italiana, alterando le tendenze del mercato del lavoro registrate prima del suo incedere. A ciò si è aggiunta l’instabilità dettata dalla perdurante situazione geopolitica. Si tratta di elementi che rendono difficile discernere quali variazioni negli indicatori occupazionali siano da attribuire a fattori contingenti e quali, invece, a evoluzioni strutturali del mercato del lavoro. A tal proposito, tra gli indicatori che mostrano segni di involuzione si evidenzia la retribuzione percepita dai laureati che figura, a causa del recente aumento dell’inflazione, in contrazione rispetto allo scorso anno.

Il 67,2% dei laureati di primo livello, dopo il conseguimento del titolo, decide di proseguire il percorso formativo iscrivendosi ad un corso di secondo livello (marginale la quota di chi si iscrive ad un corso triennale). Tale valore, in calo di 1,8 punti percentuali rispetto a quanto osservato nella medesima rilevazione del 2021, interrompe il trend di aumento della propensione a proseguire gli studi iscrivendosi a un corso di secondo livello, osservato già da diversi anni. L’aumento è di 12,0 punti percentuali rispetto al 2014, anno in cui, secondo le indagini di AlmaLaurea, si è registrato il tasso di prosecuzione degli studi più contenuto nel periodo di osservazione 2008-2022. Per un’analisi più puntuale, pertanto, vengono di seguito fotografate le performance occupazionali dei laureati di primo livello che, dopo la conquista del titolo, hanno scelto di non proseguire gli studi universitari (31,8%). Ad un anno dal titolo, il tasso di occupazione è pari al 75,4% tra i laureati di primo livello e al 77,1% tra quelli di secondo livello. Rispetto a quanto osservato nella rilevazione del 2021, nel 2022 il tasso di occupazione è aumentato di 0,9 punti percentuali per i laureati di primo livello e di ben 2,5 punti per quelli di secondo livello, confermando il progressivo miglioramento della capacità di assorbimento del mercato del lavoro osservato da diversi anni, che si era interrotto esclusivamente nel 2020 a seguito dello scoppio della pandemia da Covid-19. Il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato interessa il 31,9% degli occupati di primo livello e il 23,2% di quelli di secondo livello. I laureati assunti con un contratto alle dipendenze a tempo determinato rappresentano il 31,1% dei laureati di primo livello e il 25,1% di quelli di secondo livello. I contratti formativi riguardano, rispettivamente, il 18,1% e il 27,7% degli occupati. L’attività in proprio coinvolge il 10,4% dei laureati di primo livello e l’8,2% dei laureati di secondo livello. Il confronto con le rilevazioni degli anni precedenti evidenzia tendenze non sempre lineari, spesso differenziate tra i laureati di primo e quelli di secondo livello e difficili da sviscerare in modo esaustivo vista la molteplicità di fattori che ne determinano il risultato. Qui ci si limita ad evidenziare, per entrambi i collettivi presi in esame, un aumento dei contratti a tempo indeterminato (rispetto alla rilevazione del 2021, +4,6 punti percentuali per i laureati di primo livello e +3,9 punti per quelli di secondo livello) e una contrazione sia dei contratti a tempo determinato (-4,0 e -2,3 punti, rispettivamente) sia delle attività in proprio (-0,4 e -1,4 punti percentuali).

Nel 2022 lo smart working coinvolge il 17,0% dei laureati di primo livello e il 27,6% dei laureati di secondo livello occupati a un anno dal titolo. Nonostante tali quote risultino in calo rispetto a quanto osservato nel 2021 (-2,7 punti percentuali tra i laureati di primo e -3,9 punti tra quelli di secondo livello), a seguito di un graduale ritorno alla normalità dopo la fase emergenziale legata allo scoppio della pandemia da Covid-19, questa modalità di lavoro è comunque più diffusa rispetto a quanto osservato prima del 2020. I lavoratori in smart working svolgono più frequentemente una professione intellettuale e a elevata specializzazione, ma anche esecutiva. Lavorano più frequentemente nel settore privato, meno in quello pubblico. Sono relativamente più occupati nei rami dell’informatica, delle consulenze professionali, della comunicazione nonché nel ramo del credito e assicurazioni; sono invece relativamente meno occupati in quegli ambiti in cui si richiede, di norma, la presenza fisica nel luogo di lavoro, ossia nei rami della sanità, del commercio e in quello dell’istruzione e della ricerca. In termini di tipologia dell’attività lavorativa, gli occupati in smart working hanno in maggior misura un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato o un contratto formativo; risultano meno frequenti, invece, i contratti a tempo determinato. Tali risultati sono generalmente confermati sia per i laureati di primo livello sia per quelli di secondo livello. Inoltre, le tendenze evidenziate sono confermate sia a uno sia a cinque anni dalla laurea.

Nel 2022, la retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è, in media, pari a 1.332 euro per i laureati di primo livello e a 1.366 euro per i laureati di secondo livello. Il confronto con le precedenti indagini mostra un tendenziale aumento dei livelli retributivi in termini nominali, ossia considerando i valori effettivamente raccolti dalle dichiarazioni dei laureati nelle interviste. Tuttavia, tenendo conto del mutato potere d’acquisto il quadro restituito si modifica in modo sostanziale: infatti, in termini reali i livelli retributivi hanno subìto nel 2022 una consistente contrazione, interrompendo l’andamento di crescita registrato fino allo scorso anno. Rispetto al 2021 le retribuzioni figurano, in termini reali, in calo del 4,1% per i laureati di primo livello e del 5,1% per quelli di secondo livello. Sui risultati osservati incide la diversa diffusione del lavoro part-time, che nel 2022 coinvolge il 18,6% dei laureati di primo livello e il 14,2% di quelli di secondo livello. Tali valori, in tendenziale diminuzione negli ultimi anni (rispetto a quanto rilevato nel 2021 -0,9 e -1,1 punti percentuali, rispettivamente), non influenzano però i trend retributivi illustrati. La diversa incidenza del lavoro part-time impatta sui differenziali retributivi tra i laureati di primo e di secondo livello: nel 2022, infatti, questi ultimi percepiscono una retribuzione mensile netta del 2,6% più alta rispetto ai laureati di primo livello, ma se si isolano coloro che lavorano a tempo pieno il differenziale retributivo si annulla (0,2%). In quanti svolgono un lavoro coerente con gli studi fatti? Per rispondere a questa domanda AlmaLaurea considera l’efficacia del titolo, che combina la richiesta (formale o sostanziale) della laurea per l’esercizio del lavoro svolto e l’utilizzo, nel lavoro, delle competenze acquisite all’università. Nel 2022, si rileva che a un anno dalla laurea il titolo è “molto efficace o efficace” per il 59,3% degli occupati di primo livello e per il 68,7% di quelli di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2021, i livelli di efficacia risultano in lieve calo per i laureati di primo livello (-0,6 punti percentuali), mentre tra i laureati di secondo livello il calo è più accentuato (-2,6 punti). Si mostra dunque, anche per questi ultimi, un’interruzione –già osservata lo scorso anno tra i laureati di primo livello- del trend di miglioramento dei livelli di efficacia. Nel 2022, a cinque anni dalla laurea, il tasso di occupazione è pari al 92,1% tra i laureati di primo livello e all’88,7% tra i laureati di secondo livello. Il confronto con la rilevazione del 2021 mostra un tasso di occupazione in aumento di 2,5 punti percentuali tra i laureati di primo livello, mentre risulta sostanzialmente stabile tra i laureati di secondo livello (+0,2 punti percentuali). Tali tendenze si inseriscono in un quadro caratterizzato da un lento ma progressivo miglioramento della capacità di assorbimento del mercato del lavoro, verificato già da alcuni anni per i laureati a cinque anni dal titolo. Nel 2022, a cinque anni dal conseguimento del titolo, la quota di chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato supera la metà degli occupati e raggiunge il 68,2% tra i laureati di primo livello e il 51,1% tra quelli di secondo livello. È assunto con un contratto a tempo determinato il 13,1% dei laureati di primo livello e il 16,6% di quelli di secondo livello. Le attività in proprio riguardano invece il 7,9% dei gli occupati di primo livello e il 16,7% di quelli di secondo livello.

Rispetto alla rilevazione del 2021 si registra un aumento del lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato, soprattutto per i laureati di primo livello (+3,7 punti percentuali; +0,5 per quelli di secondo livello). I contratti a tempo determinato registrano una contrazione per i laureati di primo livello (-0,8 punti) mentre risultano in aumento per quelli di secondo livello (+1,3 punti). Infine, il lavoro in proprio risulta in diminuzione sia tra i laureati di primo livello (-0,6 punti percentuali) sia, e soprattutto, tra quelli di secondo livello (-1,4 punti). A cinque anni dalla laurea la retribuzione mensile netta è pari a 1.635 euro per i laureati di primo livello e a 1.697 euro per i laureati di secondo livello. A causa degli elevati livelli di inflazione rilevati nel 2022, anche a cinque anni dalla laurea si osserva una riduzione delle retribuzioni reali rispetto all’analoga rilevazione del 2021: -2,4% per i laureati di primo livello e -3,3% per quelli di secondo livello.

Si conferma anche in questo caso l’opportunità di tener conto della diversa diffusione del lavoro part-time, che nel 2022 coinvolge il 12,3% dei laureati di primo livello e il 7,0% di quelli di secondo livello (rispetto al 2021, -1,7 punti percentuali per i laureati di primo livello e -0,7 punti per quelli di secondo livello). La diversa incidenza del lavoro part-time non impatta sui trend retributivi osservati, mentre ha un effetto, anche in questo caso, sul differenziale rilevato tra i laureati di primo e di secondo livello. Questi ultimi percepiscono complessivamente una retribuzione mensile netta del 3,8% superiore a quella rilevata tra i laureati di primo livello; se però si circoscrive il confronto a quanti lavorano a tempo pieno, il differenziale retributivo scende all’1,8%. La corrispondenza tra laurea conseguita e lavoro svolto è misurata dall’efficacia del titolo che, a cinque anni, risulta “molto efficace o efficace” per il 67,6% e per il 72,7% degli occupati di primo e secondo livello. Rispetto all’analoga rilevazione del 2021, i livelli di efficacia risultano in aumento di +1,3 punti percentuali tra gli occupati di primo livello e di +0,6 punti percentuali tra quelli di secondo livello. Tale andamento conferma il trend di lento miglioramento registrato negli ultimi anni, tanto da raggiungere nel 2022 i più alti livelli di efficacia osservati nel periodo in esame.

Tra i laureati di secondo livello del 2017 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo si registrano rilevanti differenze tra i vari gruppi disciplinari. I tassi di occupazione più elevati sono riscontrati per i gruppi ingegneria industriale e dell’informazione, informatica e tecnologie ICT, architettura e ingegneria civile, a cui si aggiungono il gruppo economico e medico-sanitario e farmaceutico. Per tutti i gruppi citati il tasso di occupazione risulta infatti superiore al 90%. I livelli occupazionali sono invece inferiori alla media tra i laureati di secondo livello dei gruppi arte e design, letterario-umanistico, giuridico e psicologico (il tasso di occupazione è inferiore all’85,0%). Tra i laureati di secondo livello sono soprattutto i laureati in informatica e tecnologie ICT e quelli ingegneria industriale e dell’informazione a poter contare, a cinque anni dalla laurea, sulle più alte retribuzioni, con valori superiori a 2.000 euro mensili netti. Risultano invece decisamente inferiori i livelli retributivi dei laureati del gruppo educazione e formazione (1.380 euro) e psicologico (1.406 euro). A cinque anni dal titolo, i valori più elevati di efficacia sono raggiunti tra i laureati di secondo livello dei gruppi medico-sanitario e farmaceutico, educazione e formazione, agrario-forestale e veterinario e scienze motorie e sportive, tutti con valori superiori all’80%. Inferiori alla media invece i livelli di efficacia dei laureati dei gruppi politico-sociale e comunicazione (50,3%) e arte e design (57,0%).

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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