Ambiente, tariffe e procedure: perché la Corte dei conti ha detto no.
(Foto: il rendering del Ponte sullo Stretto).
Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina subisce un nuovo arresto dopo la decisione della Corte dei Conti, che ha negato il visto di legittimità alla delibera che autorizzava l’avvio dell’opera. I rilievi riguardano tre fronti considerati cruciali: l’impatto ambientale, la struttura tariffaria e la correttezza del rapporto contrattuale aggiornato negli anni.
I punti contestati: habitat, tariffazione e contratto
I magistrati contabili hanno spiegato che la documentazione presentata non rispetta la normativa europea sulla conservazione degli habitat naturali. L’istruttoria è stata giudicata incompleta, soprattutto nella parte riguardante le aree protette e le specie sensibili presenti nello Stretto.
Un altro elemento riguarda l’assenza del parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti sul piano tariffario, ritenuto indispensabile per valutare la sostenibilità economica dell’opera. A questo si aggiunge la modifica, negli anni, del contratto originario con la società concessionaria, che secondo la Corte avrebbe richiesto una nuova procedura di gara.
La risposta del governo: “ampio margine di chiarimento”
Da Palazzo Chigi si sottolinea che le motivazioni della Corte saranno analizzate con attenzione. Il governo ribadisce di ritenere i rilievi “superabili” e considera l’infrastruttura una priorità per il Paese. Anche il Ministero delle Infrastrutture ha annunciato che tecnici e giuristi sono già al lavoro per fornire chiarimenti formali.
La società Stretto di Messina ha confermato che sta esaminando i rilievi punto per punto, convinta che l’opera possa comunque procedere lungo un percorso istituzionale ritenuto “costruttivo e trasparente”.
Opposizioni e ambientalisti: “procedura illegittima”
I partiti di opposizione e le principali associazioni ambientaliste hanno accolto con favore la decisione della Corte. Per il fronte contrario, i rilievi rappresentano la prova che l’iter è stato condotto con passaggi mancanti e documentazione insufficiente.
Un esponente ambientalista ha definito la decisione una “vittoria dei cittadini”, ricordando che i fondi previsti — circa 14 miliardi di euro — dovrebbero essere destinati a interventi ritenuti più urgenti. Altri esponenti hanno chiesto le dimissioni del ministro competente e dei vertici della società concessionaria, parlando di “scandalo” e “spreco di risorse pubbliche”.
Gli scenari: un futuro ancora incerto
È possibile che il governo tenti di proseguire invocando l’interesse pubblico superiore, strumento che permetterebbe di riattivare l’iter nonostante il blocco della Corte. Tuttavia la strada resta complicata: servirebbe una nuova valutazione ambientale, un aggiornamento completo del piano economico-finanziario e probabilmente una nuova gara d’appalto.
Per ora, il Ponte resta sospeso tra ambizioni politiche, battaglie tecniche e un territorio che continua a chiedere certezze. La vicenda è tutt’altro che chiusa, e il prossimo passaggio istituzionale potrebbe cambiare nuovamente la prospettiva su un’opera discussa da oltre mezzo secolo.