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Trump show: ora stoppa i colloqui con il Canada per lo spot su Reagan

- di: Jole Rosati
 
Trump show: ora stoppa i colloqui con il Canada per lo spot su Reagan
Trump stoppa i colloqui con il Canada per lo spot su Reagan
Un annuncio furioso su Truth manda in tilt il dossier nordamericano: a far saltare il tavolo è un video canadese che usa la voce di Reagan contro i dazi. Ottawa fa muro, Ford rivendica la campagna, Washington minaccia. Sullo sfondo, il riesame dell’accordo nordamericano e le uscite sull’“annessione”.

Il “Trump show” non si ferma. Dopo settimane di attacchi al vicino del Nord, il presidente americano ha strappato i fili del dialogo commerciale con Ottawa per una ragione tanto mediatica quanto politica: uno spot canadese anti-dazi che rimonta la voce di Ronald Reagan per dire che le tariffe sono un boomerang. Nel suo social di riferimento, il capo della Casa Bianca ha firmato il siluro: “In base al loro comportamento oltraggioso, tutti i negoziati commerciali con il Canada sono terminati”, ha scritto, rivendicando una linea di conflitto permanente con chi si oppone alla sua dottrina tariffaria.

Un video, una miccia

La campagna, finanziata in Ontario, è costruita attorno a estratti di un discorso del 1987 dell’ex presidente repubblicano. Il messaggio è semplice: i dazi colpiscono i lavoratori e innescano ritorsioni. Per Washington è una provocazione “fraudolenta”. La Reagan Foundation ha fatto sapere di non aver autorizzato l’uso dell’audio e di considerare la riedizione fuorviante. Dal lato canadese, Doug Ford non arretra: lo spot, sostiene, è “necessario” a difendere catene del valore intrecciate tra Ontario e Stati Uniti, dall’auto all’acciaio.

Il calcolo di Trump

L’interruzione dei colloqui è un gesto ad alto rendimento mediatico e a basso costo immediato per la Casa Bianca: sposta la scena dal contenzioso legale e dalle frizioni interne alla cornice “noi contro loro”. Nella narrativa presidenziale, i dazi sono leva di potere: servono a piegare fornitori e vicini e a “correggere” squilibri, con ricadute su metalli, auto ed energia. Il Canada per Trump è il bersaglio ideale: partner indispensabile, ma – nella sua retorica – dipendente dal mercato Usa.

Ottawa non molla

La linea è l’opposto: nessun cedimento. Le autorità federali ribadiscono che proteggeranno l’accesso al mercato e il sistema produttivo nazionale, preparando misure di ritorsione calibrate se la Casa Bianca alzerà ancora il muro. L’Ontario sconta già incertezza su approvvigionamenti e investimenti, con piani industriali che si spostano per aggirare tariffe e burocrazia. La battaglia comunicativa sullo spot è anche una battaglia di cornici: chi è il “proteggitore” dei posti di lavoro nordamericani?

I numeri della dipendenza reciproca

Ogni giorno miliardi di dollari di beni e servizi attraversano il confine: l’auto è il simbolo di questa interdipendenza, con componenti che varcano la frontiera più volte prima di diventare veicolo. Se i dazi salgono, sale il prezzo finale, e a rimetterci sono fornitori, rivenditori e consumatori su entrambe le sponde. È il cuore dello spot contestato: tariffa chiama tariffa, e il conto lo pagano le famiglie.

L’ombra lunga dell’“annessione”

Sul rapporto con Ottawa pesa anche la retorica dell’“annessione”: negli ultimi mesi Trump ha agitato più volte l’idea che il Canada diventi il 51° Stato. È una provocazione che scalda la base e irrita il vicino, alimentando un clima da derby permanente in cui ogni dossier – immigrazione, energia, filiere strategiche – diventa un test di forza. Lo strappo odierno è un messaggio alla platea interna prima ancora che a Ottawa.

Il nodo regolatorio: l’accordo nordamericano in vista del tagliando

Resta il “sunset review” dell’intesa nordamericana: con i colloqui congelati, il confronto tecnico si fa più incerto su regole d’origine, standard su metalli ed energia e clausole di sicurezza. In assenza di un percorso condiviso, le imprese potrebbero congelare investimenti o cercare scappatoie dentro e fuori l’area.

Gli scenari a breve

Auto e metalli restano i fronti più esposti. Se il gelo prosegue, sono probabili nuovi controdazi e ricorsi negli organismi di risoluzione delle controversie. Sui mercati crescerà la volatilità dei titoli più integrati cross-border. Politicamente, Trump incassa un’altra giornata di agenda dominata, mentre Ottawa proverà a compattare alleati e imprese nella narrazione anti-dazi.

La frase che resterà

Nel manuale della comunicazione trumpiana, la mossa è un caso di scuola: creare il nemico, amplificare lo scontro, dettare il frame. E lascia un sigillo destinato a risuonare a lungo: “Tutti i negoziati con il Canada sono terminati”. Più che chiudere davvero le porte, serve a tenere alta la temperatura fino al prossimo episodio.

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