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Regionali in Campania, De Luca contro Fico e il Pd

- di: Vittorio Massi
 
Regionali in Campania, De Luca contro Fico e il Pd
De Luca attacca Fico: prima i programmi, poi i nomi
Campania, il governatore ironizza sulla candidatura M5S-Pd, accusa il Pd di «cafoneria» e rivendica «il vero welfare». Ecco cosa c’è dietro le stoccate, cosa è stato detto davvero e come hanno reagito i protagonisti.

(Foto: Vincenzo De Luca, presidente uscente della Campania).

Una candidatura che accende la miccia

Roberto Fico ha lanciato la corsa per la guida della Regione Campania tra i Quartieri Spagnoli a Napoli, al fianco di Giuseppe Conte, con un messaggio centrato su diritti, sanità pubblica e ambiente. L’ufficializzazione dell’asse Pd-M5S è avvenuta nel weekend, con piazza e video a supporto.

La risposta del governatore: sarcasmo e linea dura

Il giorno dopo, ospite in tv, Vincenzo De Luca ha infilato una sequenza di stoccate. «Ho ascoltato l’annuncio e mi sono commosso… Se il buongiorno si vede dal mattino, allora buonanotte». E ancora: «Avevamo deciso di discutere prima i programmi e poi i nomi: c’è stata una fuga in avanti, e non va bene». Le frasi, riprese dai canali social della trasmissione e da più testate, fissano la linea: prima il merito, poi i cartelloni.

Lo stesso De Luca ha alzato il tiro verso il Pd per il mancato invito alla Festa dell’Unità: «Hanno mantenuto il livello di cafoneria». È una chiosa che dice molto sul clima interno al campo largo campano.

Welfare contro assistenzialismo: il terreno scelto da De Luca

Nel contrapporre il proprio «modello sociale» alle parole d’ordine di Fico, il governatore rivendica risultati su trasporti agevolati, sostegno alle famiglie e misure per i fragili, marcando una distanza netta da ogni «clientelismo». Il passaggio politicamente più tagliente riguarda le degenerazioni del reddito di cittadinanza: «Coppie che si separavano per finta… certificati falsi». È un affondo che parla al ceto medio e punta a incorniciare l’avversario nel recinto della promessa facile.

Il nodo Pd e il “cognome”: la difesa del figlio

Sollecitato sulla corsa del figlio Piero alla segreteria regionale dem, De Luca ha usato parole nette: «La Costituzione dice che una persona va valutata per quello che è. Il cognome pesa? Per i cafoni sì, per i cittadini normali no». Una risposta che rovescia l’accusa di “dinastia” e rimette al centro la valutazione individuale.

Cosa resta dopo le scintille

Oltre la dialettica, il punto politico è chiave: il metodo di costruzione del campo. La candidatura calata dall’alto, percepita come fuga in avanti, rischia di trasformare la partita campana in un referendum sullo stile di guida dell’alleanza. Per Fico, il bagno di folla nei Quartieri Spagnoli e il sostegno di Conte sono un buon inizio; per vincere, però, servirà sciogliere i nodi su sanità, trasporti e lavoro con proposte misurabili e un cronoprogramma credibile. Per De Luca, la sfida è dimostrare che il proprio «welfare» non è solo racconto, ma risultati replicabili e finanziariamente sostenibili.

La campagna si annuncia aspra: l’ironia del governatore («buonanotte») e il richiamo alla «cafoneria» hanno già polarizzato gli schieramenti. E quando la discussione scivola su reddito e assistenza, la faglia M5S-riformisti tende ad allargarsi. Il rischio, per tutti, è che la contesa sui simboli fagociti i contenuti. Eppure è lì, su tempi, costi e priorità del prossimo quinquennio, che gli elettori campani pretendono risposte. 

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