Cronache dai Palazzi, Cinque Stelle: Grillo e Conte ormai come Sandra e Raimondo
- di: Redazione
Rischiano di emulare i pure inarrivabili Sandra e Raimondo che, nonostante il bene che si volevano, in ''Casa Vianello'' non perdevano occasione di battibeccare, dicendosene di tutto e di più, cogliendo anche il più risibile argomento per litigare. Poi, alla fine della puntata, tutto tornava al posto giusto e i bisticci si dimenticavano in fretta, giusto in tempo per l'episodio successivo della sit-com.
Stiamo parlando di Beppe e Giuseppe, di Grillo e Conte, insomma di quei due che, pure davanti allo sfascio al quale (ciascuno con il proprio carico di responsabilità, che ovviamente si guardano bene dall'ammettere) stanno portando i Cinque Stelle, in evidente crisi di identità, non se le mandano a dire, partendo dal presupposto che il primo non sopporta il secondo, che peraltro ha scelto proprio lui e che ricambia convintamente.
Ma, come in tutte le storie di amore che poi, per inerzia, perdono per strada e nel tempo il sentimento, c'è sempre qualcuno che vuole dire la sua, che, sentendosi baciato dal dono dell'onniscienza, è convinto d'avere la ricetta per risolvere tutto, ovviamente a modo suo.
Cronache dai Palazzi, Cinque Stelle: Grillo e Conte ormai come Sandra e Raimondo
E quindi, non accettando di restare in disparte, ma mettendosi tra ''isso'' e ''issa'', fa ''o malamente''. Che, in questo caso, non è il primo che passa, ma Marco Travaglio che, da molti sospettato di essere la voce della coscienza di puri tra i grillini, lo si deve leggere o ascoltare quando dice la sua sul movimento perché è sempre un passo avanti, nell'analisi e anche nell'esegesi.
Oggetto del contendere è la futura costituente cui i Cinque Stelle affideranno il delicato compito di scrivere le linee politiche, che, almeno ad oggi, sembrano invece zig-zag, pencolando da una posizione all'altra (stiamo con il Pd? stiamo nella Sinistra? stiamo dove più ci aggrada o conviene?), ma restando una voce importante.
Ora sulle modalità di questo evento epocale (visto che sino ad oggi i Cinque Stelle, quelli dell'uno vale uno, non è che abbiano brillato granché per democrazia) stanno bisticciato il fondatore-garante e presidente, in una gara - volendo evitare di cadere nel volgare - a chi sputa più lontano, quasi che fare della costituente il momento è più alto di partecipazione non sia interesse di tutti.
Grillo cerca di dettare le regole, provocando la reazione piccata di Conte che, al grido di ''e qui comando io'', rispedisce al mittente la richiesta.
Così, mentre i due si rinfacciano questo mondo e quell'altro, rischiando di creare confusione nel movimento, ormai chiaramente spaccato tra i contiani e gli ortodossi (quelli della preistoria politica dei Cinque Stelle, dell' ''andiamo da soli'') , lo spettacolo sta diventando indecente, anche per i bassi parametri della nostra politica.
Che fare allora, ha pensato il popolo pentastellato, se non aspettare la parola della sibilla?
E la sibilla ha parlato. Con la penna di Marco Travaglio che dice quel che pensano tutti o quasi, anche coloro che guardano ancora a Grillo non solo come il creatore di tutto, ma come quello demandato a vegliare, oggi e per sempre, sulla purezza del suo stesso verbo.
Anche se la sua richiesta che, agli Stati generali del movimento, si arrivi dopo un ragionare tra pochi (lui, Conte e chi altro?), sembra volere essere più che un auspicio, la voglia di mostrare d'essere vivo, di contare nei fatti e non solo per gli orpelli.
E Travaglio come la pensa? Parlando di Grillo, il direttore de Il Fatto dice: ''Sa benissimo che la democrazia diretta non esiste, ma l’alternativa non sono i caminetti fra 'gruppi ristretti', ed è paradossale che debba ricordarglielo Conte, grillino dell’ultima ora. L’alternativa è la democrazia partecipativa: il leader (Grillo e Casaleggio agli inizi, il direttorio a cinque, Di Maio e ora Conte) consulta la base, ne riceve gli input, poi dice la sua e la mette ai voti''.
Ma Travaglio aggiunge anche altro, e sono martellate all'icona Grillo, che, come il Mosè marmoreo davanti a Michelangelo, ancora resiste: ''Ma anche nel ruolo di garante (a vita: clausola che, escluse le monarchie, esiste solo alla Corte Suprema Usa), la sua parola non vale uno: pesa molto più di quella altrui. E influirà eccome agli Stati generali del 4 ottobre, nel 15° compleanno del M5S. Il bivio di Grillo è tra l’accompagnare quel passaggio decisivo fra il rilancio e l’estinzione con la magnanimità e la generosità del padre nobile, o l’insistere con la postura malmostosa''. E la chiusa è l'ennesima lancia spezzata a favore di quel che si presentò come l'avvocato del popolo perché detto di Grillo che ''ora che sembra tornato alla fase dei malumori'', Travaglio quasi infierisce: ''Lo sa pure lui che, senza Conte, il M5S sparirebbe. Però va rifondato, tanto più ora che i suoi cavalli di battaglia tornano di moda''.
Anche perché, aggiunge, ''sta a lui decidere se guadagnarsi i 300 mila euro l’anno di ''consulenza per la comunicazione” partecipando col suo talento, o rintanarsi in casa a distillare letterine, battutine, regolette e rancorucci''.
Game, set, match per Conte. Giudice di sedia, Travaglio.