(Foto: i complimenti a Nordio dopo l'approvazione in Senato della separazione delle carriere dei magistrati).
Giustizia, il Senato approva la riforma più contestata
Con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti, il Senato ha dato il via libera il 22 luglio 2025 al disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante. È il secondo passaggio parlamentare per una riforma destinata a dividere il Paese. In autunno, un ulteriore passaggio alla Camera e poi in Senato: se non si raggiungerà la maggioranza dei due terzi, la parola passerà agli elettori con un referendum confermativo previsto nella primavera 2026.
È una svolta che il ministro della Giustizia Carlo Nordio attendeva da trent’anni: “Realizzo un sogno che ho dal 1995, quando scrissi il mio primo libro sul tema”, ha dichiarato. Un sogno per lui, un incubo per l’opposizione, che denuncia un attacco alla separazione dei poteri e all’indipendenza della magistratura.
Meloni: “Passo importante”. Ma l’Aula esplode
A palazzo Madama il clima è stato incandescente. L’intero centrosinistra ha protestato con forza contro il disegno di legge voluto dal governo. I senatori del Partito Democratico e di Alleanza Verdi-Sinistra hanno mostrato la Costituzione capovolta, gridando “vergogna!”. Il Movimento 5 Stelle ha esposto cartelli con i volti di Falcone e Borsellino, accusando la maggioranza di strumentalizzare i simboli della lotta alla mafia.
A distanza, la premier Giorgia Meloni ha rivendicato la scelta come un atto di coerenza con il programma elettorale: “Un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con determinazione”, ha scritto. “Vogliamo un sistema giudiziario più efficiente, equo e trasparente”.
Il cuore della riforma: cosa cambia davvero
La revisione del Titolo IV della Costituzione prevede l’irrevocabile distinzione tra la carriera del pubblico ministero e quella del giudice. Una volta scelto il percorso, non sarà più possibile cambiare ruolo, nemmeno nei primi anni di servizio. È prevista la nascita di:
- Due Consigli superiori della magistratura: uno per i giudici e uno per i pm, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica;
- Un’Alta corte disciplinare, con compiti sanzionatori, autonoma da entrambi i Csm;
- Sorteggio dei componenti: due terzi dei membri dei nuovi Csm saranno estratti a sorte tra magistrati, un terzo tra avvocati e docenti.
I mandati saranno di quattro anni non rinnovabili, senza possibilità di ricandidature o incarichi pubblici durante il mandato. Una rivoluzione che, secondo molti, frammenta l’unità del corpo togato.
Conte: “Realizzato il sogno di Gelli e della P2”
Le reazioni delle opposizioni sono durissime. Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte affonda: “Per il centrodestra l’obiettivo è mettere il guinzaglio ai magistrati, proteggere i potenti e realizzare il sogno di Licio Gelli”. La citazione si riferisce al “Piano di rinascita democratica” della loggia P2, che prevedeva proprio la separazione delle carriere.
Nel centrosinistra si moltiplicano i riferimenti al “modello ungherese o polacco”, evocati da Francesco Boccia, che accusa il governo di seguire una visione “illiberale del potere”. Per Dario Franceschini, “il premierato rafforza questa direzione autoritaria: Meloni è più astuta di Salvini nel 2019, non chiede pieni poteri apertamente, ma li costruisce per gradi”.
Renzi attacca le “toghe brune”: “Io non ci sto”
Anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha preso posizione contro la riforma, pur astenendosi. Il suo attacco è trasversale: “Io ho contrastato le toghe rosse, ma non per cedere ora a quelle brune. Quella che fate è una regolazione di conti interna alla magistratura. Non è la rivincita della politica”.
Renzi ha criticato esponenti del governo con origini nella magistratura, tra cui il sottosegretario Alfredo Mantovano e la capo di gabinetto Giusi Bartolozzi.
Il commento più sobrio arriva da Matteo Salvini: “Manteniamo la parola con gli italiani”. Una linea di continuità con le promesse fatte in campagna elettorale.
La magistratura: “Si vuole sottomettere chi indaga”
Netto il giudizio dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), che ha definito la riforma “un tentativo di sottomettere la magistratura al potere politico”. Secondo l’Anm, il nuovo assetto rischia di indebolire la legalità, con una magistratura “addomesticata, frammentata e timorosa”.
Sul fronte opposto, Forza Italia esulta: per Antonio Tajani, “questa è una giornata meravigliosa, dedicata a Silvio Berlusconi, che ha sempre voluto questa riforma”.
E ora la parola al popolo
Essendo una riforma costituzionale, il percorso non è ancora concluso. Dopo il quarto passaggio parlamentare, se non si raggiungerà la maggioranza dei due terzi, sarà necessario un referendum confermativo nella primavera 2026.
Il ministro Nordio ha dichiarato che “sottoporre questa materia agli italiani è una scelta giusta, di democrazia profonda”. Ma quel referendum si annuncia come uno scontro frontale tra visioni opposte di giustizia e potere.
Non solo riforma, ma linea di faglia
Quella votata in Senato non è solo una riforma dell’ordinamento giudiziario: è una frattura culturale. Da una parte un’idea di giustizia come sistema da rendere più “snello, efficiente, trasparente”; dall’altra una visione della magistratura come contrappeso costituzionale al potere politico.
Il disegno Nordio-Meloni segna il passaggio da una magistratura unitaria a due categorie distinte e gerarchicamente separate: pm da un lato, giudici dall’altro. Per il governo è una promessa mantenuta. Per le opposizioni, una deriva pericolosa. A decidere, alla fine, saranno i cittadini. Ma il terreno è già minato. E la Costituzione rischia di essere più un’arma che una garanzia.