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Pil, inflazione e mercati: la settimana che mette alla prova la Bce

- di: Matteo Borrelli
 
Pil, inflazione e mercati: la settimana che mette alla prova la Bce

Dal calendario macro a Wall Street, cinque giorni che pesano sui listini.

(Foto: la sede della Bce).

La stagione delle trimestrali è praticamente archiviata, ma per i mercati non è affatto il momento di rilassarsi. La prossima settimana sarà dominata dai numeri dell’economia reale: gli aggiornamenti sul Pil del terzo trimestre, le nuove letture dell’inflazione in Europa, la fiducia dei consumatori e le vendite al dettaglio negli Stati Uniti, in un contesto scandito da Thanksgiving e Black Friday. Mentre le Borse si chiedono quanto durerà la tregua sui tassi, la Banca centrale europea e la Fed tornano sotto i riflettori, insieme ai consumi americani.

Pil in frenata dolce, inflazione vicino al 2%: l’equilibrismo dell’Eurozona

La fotografia di partenza non è drammatica, ma nemmeno euforica. Secondo le ultime stime disponibili, il Pil dell’Eurozona nel terzo trimestre 2025 è cresciuto di circa 0,2% su base congiunturale e poco più dell’1% su base annua, a conferma di una ripresa che c’è, ma procede a passo corto. In Italia, il quadro è ancora più prudente, con un prodotto interno lordo sostanzialmente fermo rispetto al trimestre precedente e un incremento limitato su base annua. Per i gestori significa che l’Europa resta su una traiettoria di crescita debole ma positiva, mentre si spegne l’incubo recessione di qualche mese fa.

Sul fronte dei prezzi, l’ultimo dato sull’inflazione dell’area euro indicava un tasso intorno al 2,1%, quindi molto vicino al target del 2% fissato dalla Bce. Anche l’inflazione core, al netto delle componenti più volatili, è in calo rispetto ai picchi degli anni scorsi ma resta abbastanza tenace da sconsigliare un taglio rapido e aggressivo dei tassi. Proprio per questo le letture che arriveranno a fine settimana da Spagna, Francia, Italia e Germania saranno osservate come un test di tenuta: un nuovo rallentamento dei prezzi darebbe ossigeno alle Borse e alle obbligazioni, mentre un rialzo a sorpresa riaprirebbe il dossier su ulteriori strette o sulla necessità di prolungare l’attuale plateau restrittivo.

Bce, verbali e stabilità finanziaria: cosa vogliono capire i mercati

Da quando il Consiglio direttivo ha scelto di lasciare invariati i tassi, la presidente Christine Lagarde ripete che la Bce sarà «guidata dai dati, riunione per riunione» nel definire le mosse future. Il messaggio, tradotto in linguaggio di mercato, significa che ogni nuovo blocco di statistiche su crescita, inflazione e credito può spostare le aspettative sui tempi e l’intensità dei tagli.

In questo contesto, due appuntamenti della settimana assumono un rilievo particolare. Da un lato la pubblicazione dei verbali della riunione Bce di fine ottobre, che consentiranno di misurare il grado di divisione (o di compattezza) all’interno del board: quanto sono preoccupati i “falchi” dell’inflazione? Quanto pressano le “colombe” per non soffocare una crescita già anemica? Dall’altro lato, l’uscita della nuova Financial Stability Review, il rapporto semestrale con cui Francoforte fa il check-up alle vulnerabilità del sistema finanziario dell’area euro: dall’indebitamento delle famiglie ai rischi del settore immobiliare, dai debiti sovrani alle esposizioni bancarie verso i Paesi più fragili.

Negli ultimi interventi pubblici, i vertici dell’Eurotower hanno insistito sui rischi indiretti che arrivano da fuori Europa. In primo piano c’è la guerra dei dazi scatenata dalla Casa Bianca trumpiana, che promette nuove tariffe su un ampio ventaglio di partner commerciali. Banchieri centrali come Joachim Nagel e Luis de Guindos hanno già avvertito che l’intreccio di tensioni geopolitiche e dazi può aumentare la volatilità dell’inflazione e frenare gli scambi, aprendo una fase di crescita più debole e meno prevedibile. Per i mercati significa dover prezzare non solo i dati che escono settimana per settimana, ma anche un quadro politico globale molto più aggressivo e instabile.

Germania, Italia e l’asse della crescita europea

Dentro questa partita, Germania e Italia restano i due osservati speciali dell’Eurozona continentale. Berlino paga ancora il conto di un modello industriale che fatica ad adattarsi ai nuovi dazi statunitensi e alla frenata della domanda globale; i segnali di recessione leggera circolano da mesi nelle analisi della Bundesbank. Roma, dal canto suo, si gioca molta credibilità sul terreno della crescita potenziale e dei conti pubblici: un Pil piatto non è un dramma, ma riduce i margini per gestire un debito molto elevato senza entrare nel mirino degli investitori internazionali.

Non è un caso che la combinazione di Pil del terzo trimestre e inflazione di novembre venga letta dagli operatori come un vero e proprio referendum sullo stato di salute dell’economia europea. Se i dati confermeranno una frenata ordinata dei prezzi, con crescita leggermente positiva, i mercati potrebbero rafforzare lo scenario di “atterraggio morbido” che giustifica la scommessa su un taglio dei tassi nel 2026. Se invece emergessero segnali di stagnazione più marcata o di inflazione che non scende come previsto, torneranno a pesare le incertezze sul 2026 e sulla capacità dell’Europa di reggere un’America isolazionista e ossessionata dai dazi.

Stati Uniti: fiducia, vendite e il termometro del consumatore americano

Dall’altra parte dell’Atlantico, la settimana sarà abbreviata dalla festa del Ringraziamento, con i mercati chiusi giovedì e in versione ridotta venerdì. Ma prima della pausa, gli investitori avranno una raffica di dati da digerire. Il più seguito è l’<strong’indice> del Conference Board, che nelle ultime letture si è mosso nell’area dei 90–95 punti, ben al di sotto dei picchi dei cicli espansivi precedenti. Un ulteriore calo segnalerebbe che la combinazione di inflazione ancora sopra il target, giornate di sconti continui e incertezza politica sta erodendo il morale delle famiglie statunitensi. </strong’indice>

Accanto alla fiducia, i mercati seguiranno con attenzione le vendite al dettaglio, i prezzi alla produzione, gli ordini di beni durevoli, l’andamento del mercato immobiliare e le nuove richieste di sussidi di disoccupazione. Sono tutti tasselli di un puzzle che dirà se l’economia americana sta davvero rallentando o se, nonostante la retorica protezionista della Casa Bianca, i consumi reggono ancora grazie al mercato del lavoro e ai salari. La Fed guarda a questi numeri per decidere se il ciclo di allentamento monetario potrà proseguire senza riaccendere la fiammata dei prezzi.

Thanksgiving, Black Friday e il “test consumi” globale

Il tradizionale ponte di Thanksgiving resta uno degli snodi chiave dell’anno per i consumi americani. Il Black Friday, che ormai da anni si è trasformato in una maratona di sconti lunga settimane, resta un test fondamentale per capire quanto le famiglie siano disposte a spendere dopo mesi di prezzi elevati e tassi reali tornati positivi. Nel 2024, per esempio, gli acquisti online negli Stati Uniti nel solo giorno del Black Friday hanno superato i 10 miliardi di dollari, con una quota crescente veicolata da smartphone e piattaforme di pagamento digitale. Se nel 2025 la crescita della spesa rallentasse vistosamente o addirittura si fermasse, sarebbe un segnale potente per retailer, banche e borsa.

Non si tratta solo di curiosità statistica. Per un’Europa che esporta negli Stati Uniti beni di consumo, macchinari e prodotti di fascia medio-alta, un consumatore americano in affanno significa domanda estera più fragile, con effetti a catena sul Pil e sugli utili delle aziende quotate. Per questo molti gestori europei guardano alle vendite del Black Friday quasi con la stessa attenzione riservata a un dato sul Pil: sono un termometro immediato dello stato di salute della classe media Usa e, a cascata, del commercio mondiale già zavorrato dall’offensiva tariffaria trumpiana.

Stabilità finanziaria, spread e banche: cosa può muovere i listini

La settimana che si apre non riguarda solo chi fa trading in intraday. Per il sistema finanziario europeo, la nuova Financial Stability Review Bce e i dati macro in arrivo saranno una cartina di tornasole per tre fronti delicati:

  • la tenuta del sistema bancario di fronte a tassi ancora elevati, margini di interesse in calo e crediti deteriorati in alcune aree sensibili;
  • la dinamica dei debiti sovrani, con gli investitori pronti a misurare se il rientro dell’inflazione riduce davvero il premio di rischio richiesto per i Paesi più indebitati;
  • l’impatto delle tensioni geopolitiche e commerciali sugli scambi e sulla redditività delle imprese più esposte ai mercati esteri.

Un quadro macro coerente con uno scenario di disinflazione ordinata potrebbe favorire una risalita selettiva delle banche e una compressione degli spread, soprattutto se dai verbali di ottobre emergesse un board Bce meno diviso del previsto sulla prospettiva di allentare la stretta nel corso del 2026. Al contrario, segnali di inflazione ostinata o di crescita che si affloscia riaprirebbero il dibattito sulla sostenibilità dei debiti pubblici e della stessa narrativa dell’“atterraggio morbido”.

Come leggere la settimana: tre chiavi per investitori e risparmiatori

Per chi segue mercati e portafogli, il calendario dei prossimi giorni può essere sintetizzato in tre domande:

  1. L’Europa sta davvero uscendo dall’emergenza inflazione? Se le letture di novembre confermeranno prezzi in rallentamento verso il 2% senza precipitare la crescita, la Bce avrà più spazio per preparare un ciclo di tagli graduale, e i titoli obbligazionari potrebbero beneficiarne.
  2. Il consumatore americano regge o alza bandiera bianca? Fiducia, vendite al dettaglio e numeri del Black Friday diranno se l’economia Usa può continuare a trainare la domanda globale, nonostante una politica economica sempre più aggressiva e imprevedibile.
  3. La finanza resta un pilastro di stabilità o torna l’ansia? Il giudizio della Bce sulla stabilità finanziaria, incrociato con i dati su Pil e inflazione, mostrerà se il sistema bancario ed i mercati del debito sono pronti a reggere un lungo periodo di tassi “alti più a lungo” o se si stanno accumulando tensioni sotto la superficie.

Non basterà un singolo numero per ridisegnare gli scenari. Ma la combinazione di Pil, inflazione, fiducia e consumi in una settimana compressa tra verbali Bce, report di stabilità, Ringraziamento e Black Friday offre ai mercati una quantità di informazioni rara, proprio nel momento in cui la politica monetaria promette di muoversi meno ma restare più a lungo in tensione. Per chi investe, il messaggio è chiaro: non è tempo di distrarsi, perché saranno ancora una volta i dati – non gli slogan – a decidere se la tregua sui tassi potrà trasformarsi nel preludio di un ciclo più favorevole per economia reale e finanza.

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