Harakiri del Pd in Liguria: Ermini presidente dell'holding di Spinelli
- di: Redazione
L'uragano che si è abbattuto (si ''sarebbe'', secondo la difesa di Giovanni Toti) sulla Liguria registra in queste ore due momenti che battagliano per importanza. Il primo è giudiziario (la richiesta di rito immediato), il secondo politico, con quest'ultimo che rischia di colpire al cuore le ambizioni del Partito democratico di mettersi alla guida della ''rinascita'' della Liguria dopo l'inchiesta su presunte corruzioni.
La richiesta di rito immediato, formulata dai pubblici ministeri della Procura di Genova, fa pensare che il processo potrebbe essere celebrato all'inizio dell'autunno a carico di una trentina di persone, tre delle quali in veste di imputati principali: con il presidente dimissionario della Regione Liguria, anche l'imprenditore Aldo Spinelli e l'ex presidente dell'Autorità portuale di Genova, Paolo Emilio Signorini.
Harakiri del Pd in Liguria: Ermini presidente dell'holding di Spinelli
In attesa che oggi si decida sulla richiesta di revoca della detenzione domiciliare di Toti, si cominciano a delineare le strategie di accusa e difesa, convinte entrambe di potere vincere in un processo che sarà complesso dal punto non della sussistenza delle circostanze, ma della qualificazione giuridica di atti che, per i pm, configurano corruzione, mentre per l'ex presidente della Regione sono normali rapporti con imprenditori.
Ma, quale che sia alla fine il profilo privilegiato dal tribunale, oggi a tenere banco non sono le pur corpose novità sul fronte giudiziario, ma quelle che arrivano dalla politica.
Segnatamente da casa del Pd, dove la nomina di David Ermini a presidente dell'holding che fa capo alla famiglia di Aldo Spinelli è arrivata come il classico fulmine a ciel sereno e che tutti - ad eccezione forse del solo diretto interessato - vedono come un harakiri del partito in vista delle elezioni di novembre del successore di Toti.
Perché Ermini, che è avvocato, quindi un professionista, ha accettato un incarico che per lui è squisitamente professionale, ma che non può certo cancellare il suo passato, ma anche presente politico essendo ancora componente la segreteria nazionale del Partito, dopo esserne stato, in suo nome, parlamentare.
Ma è anche stato vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, grazie ad una nomina che, senza considerare il suo riconosciuto profilo professionale, è stata conseguenza della sua militanza politica.
Fermo restando che nessuno può entrare nel merito delle scelte personali di Ermini, resta invece parecchio da dire su quel concetto che, sebbene viva di astrattezza, è fondamentale in politica.
Parliamo dell'opportunità, che si potrebbe declinare in due modi: professionale e politica. Se la prima è facile da definire, la seconda ha contorni più sfumati, che comunque si possono ridurre ad una sola domanda: le mie scelte possono danneggiare la mia parte politica?
Il sì di Verdini alla richiesta dell'holding della famiglia Spinelli di accettare la carica di presidente (l'offerta viene vista come un tentativo di allontanare l'oggi ingombrante ombra del fondatore, Aldo Spinelli, per i pm il grande corruttore) , si dica quel che si vuole, va ad incastrarsi come un cuneo in una situazione politica complessa perché in queste ore si sta discutendo chi sarà il candidato della sinistra/campo largo.
Candidato che, probabilmente, sarà Andrea Orlando, esponente, guarda caso, del Pd che sulla vicenda della Regione Liguria ha usato toni durissimi contro il ''cerchio magico'' (sempre che esista) di Toti.
Ora se a sedere sulla poltrona più importante del gruppo Spinelli è stato chiamato un esponente ancora di primo piano del Pd è scontato che il partito presti il fianco ad attacchi dalla destra che proprio non vedeva l'ora di allentare l'assedio delle accuse alla giunta regionale trovando qualcuno contro cui scagliarsi.
La notizia della nomina di Ermini ha messo in ambasce Orlando che, dopo avere incassato un appoggio di massima dagli alleati, pensava di doversi mettere subito al lavoro per tessere la rete di alleanze. Ed invece la scelta dell'ex vicepresidente del Csm ha mandato a monte i suoi programmi. Per questo Orlando ha telefonato a Ermini per chiedergli, sia pure informalmente, un passo indietro (anche se le fonti che hanno riferito il colloquio non hanno spiegato, in una scala da uno a dieci, quanto il candidato in pectore alla Regione fosse imbestialito).
Richiesta che sarebbe stata rimandata al mittente.
Ermini, dicono più fonti concordanti, ha ribadito che la nomina al vertice di Spininvest sia stata dettata da motivazioni professionali e che ''si chiarirà con azioni concrete nelle prossime ore la natura della sua funzione, che non vuole incidere nella vicenda processuale''.
Fermo restando che Ermini avrà tempo e modo di spiegare la sua scelta e i motivi per i quali, almeno oggi, intende confermarla, è chiaro che la sua nomina ha scatenato reazioni ovunque: in casa Pd (i segretari delle federazioni regionale d di Genova hanno detto di essere ''stupiti e perplessi'' per una nomina che appare ''inopportuna nel contesto in cui si colloca''), ma soprattutto negli avversarsi politici, che stanno gongolando per l'assist ricevuto.
Ermini, sotto la ridda di commenti al vetriolo cui è stato fatto oggetto, ha deciso di affidare la sua risposta ad una dichiarazione in cui afferma di avere accettato di diventare presidente del Cda di Spininvest ''perché mi è stato proposto di prestare la mia opera professionale per accompagnare un nuovo percorso in grado di garantire continuità al gruppo industriale, nel segno della trasparenza e della legalità e anche a tutela e garanzia delle centinaia di lavoratori e del loro posto di lavoro. Se non fosse stato così non credo che la proposta sarebbe stata rivolta a me''.
''Il mio percorso istituzionale parla da solo - ha aggiunto - . Ho svolto i miei incarichi con disciplina e onore e così sarà anche adesso. Le vicende processuali non entrano in alcun modo nella mia scelta. I processi faranno il loro corso e sono noti l’equilibrio e la competenza dei magistrati genovesi a cui va il mio profondo rispetto. Non c’entrano nemmeno vicende politiche. Ho le mie idee, come tutti sanno ma mai mi hanno impedito, in tutti i ruoli ricoperti, di tenere un comportamento equilibrato e rispettoso delle istituzioni e del lavoro professionale che da un anno e mezzo ho ripreso a svolgere con passione''.
Parole chiare, ma Ermini, che giustifica la sua scelta alla luce della professione e del rispetto per le istituzioni, nella sua risposta non sembra fare cenno al Pd, al quale, forse, doveva riservare una attenzione maggiore, considerato il momento politico generale e quello ligure in particolare.
Opportunità, appunto.