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Estremadura, scossa a Sánchez: Vox vola e la destra avanza

- di: Marta Giannoni
 
Estremadura, scossa a Sánchez: Vox vola e la destra avanza
Estremadura, la scossa a Sánchez: Vox vola e la destra detta il passo

Il PP arriva primo ma non basta: l’ago della bilancia diventa l’ultradestra. Il premier prova a cambiare ritmo tra nuove nomine, “energia rinnovata” e un pacchetto sociale che divide gli alleati.

In Spagna è bastata una regione, l’Estremadura, per accendere una luce rossa sul cruscotto della politica nazionale. Il messaggio delle urne è doppio e scomodo: i socialisti arretrano in una terra che per decenni era stata “casa”, mentre Vox non solo resiste: raddoppia e si prende il ruolo più ambito, quello di decisore.

Numeri che fanno rumore

Il quadro, in soldoni: il Partito Popolare guidato dalla presidente uscente María Guardiola vince ma resta sotto la soglia di sicurezza. I popolari ottengono 29 seggi su 65, la maggioranza è a 33. Il PSOE cade a 18 seggi (era a 28), mentre Vox sale a 11 (da 5). La somma PP+Vox supera il 60% dei voti: un dato che, da solo, spiega perché Madrid stia leggendo il risultato come molto più di un fatto locale.

Perché si è votato: la miccia del bilancio

Il voto arriva dopo uno strappo politico: Guardiola aveva convocato elezioni anticipate in seguito al blocco del bilancio regionale, arenato quando Vox ha negato il proprio sostegno. Tradotto: la governabilità era già appesa a un filo, e le urne hanno trasformato quel filo in una corda con un nodo grande quanto l’ultradestra.

La partita (scomoda) di Guardiola

Da oggi la presidente popolare ha davanti un bivio che assomiglia a una trappola: se cerca un’intesa con Vox rischia di legarsi a un partner che può alzare il prezzo a ogni passaggio; se prova a evitarlo, deve inventarsi un’architettura alternativa in un Parlamento regionale dove i numeri, per ora, non fanno sconti.

Il contraccolpo su Sánchez: “energia rinnovata”, ma con le spine

A Madrid Pedro Sánchez reagisce su più piani. Il primo è simbolico e immediato: un mini-rimpasto mirato. Dal 22 dicembre, Elma Saiz (Inclusione e Previdenza sociale) assume la portavocía del governo, mentre Milagros Tolón diventa ministra di Istruzione, Formazione professionale e Sport dopo l’uscita di Pilar Alegría, candidata alle regionali in Aragona previste per l’8 febbraio 2026.

Nella dichiarazione dalla Moncloa, Sánchez ha rivendicato che l’esecutivo entra nella seconda parte della legislatura “con energie rinnovate” e con la volontà di “dialogo” e “umiltà”. Parole pensate per trasmettere stabilità, proprio mentre il terreno sotto i piedi sembra muoversi.

Lo scudo sociale fino al 2026: cosa c’è (e cosa manca)

Il secondo piano è sostanziale: la maggioranza progressista prova a ricompattarsi intorno allo “scudo sociale”. Secondo quanto comunicato da EH Bildu e ripreso da media spagnoli, il Consiglio dei ministri del 23 dicembre dovrebbe varare un decreto con misure che includono: stop agli sfratti per famiglie vulnerabili senza alternativa abitativa, divieto di taglio delle forniture essenziali (luce, acqua, gas) e proroga del bonus sociale elettrico.

Ma il pacchetto non chiude tutte le fratture. Da un lato, l’area di Sumar saluta l’estensione delle misure; dall’altro, chiede anche un intervento più aggressivo sui canoni: congelare per il 2026 i prezzi degli affitti e gestire l’onda dei contratti in scadenza. Un punto che, al momento, risulta politicamente più scivoloso e non scontato.

Le accuse incrociate a sinistra: Sumar e Podemos alzano il tono

La sconfitta in Estremadura arriva mentre il PSOE è sotto pressione per una serie di controversie e scandali che, secondo diverse ricostruzioni giornalistiche, stanno erodendo fiducia e disciplina interna. La risposta degli alleati non è stata carezzevole: Sumar contesta la lettura “autoassolutoria” e Podemos insiste su un refrain micidiale: l’attuale strategia starebbe spianando la strada all’estrema destra.

Il “fattore scandali” e la percezione del voto punitivo

Molti osservatori interpretano l’Estremadura come un voto di punizione. Reuters segnala che la traiettoria discendente del PSOE è legata anche alle ricadute politiche di casi che hanno indebolito l’immagine del governo, compresa la gestione di denunce di molestie che ha costretto il partito a scuse pubbliche nei giorni precedenti al voto. The Guardian, inoltre, descrive un contesto in cui accuse e inchieste hanno alimentato disillusione nell’elettorato progressista, spingendo una parte dei consensi verso Vox e verso una formazione di sinistra regionale collegata all’area Sumar.

Il calendario che incombe: Estremadura come antipasto del 2026

Il punto politico è che questo risultato non resta chiuso dentro i confini regionali. Nel 2026 sono previste altre regionali importanti, tra cui Aragona, Castiglia e León e Andalusia. L’opposizione popolare di Alberto Núñez Feijóo punta a trasformare la sequenza di appuntamenti in un test ripetuto sulla tenuta dell’esecutivo, con l’obiettivo di consolidare l’idea di un cambio di ciclo.

Che cosa succede adesso

Nel breve periodo, la domanda è una: chi governa l’Estremadura e a quali condizioni? Se Guardiola torna a sedersi con Vox, l’ultradestra può rivendicare posti e agenda; se prova un’altra via, servirà un’operazione politica ad alta difficoltà, con tempi stretti e margini ridotti.

Nel medio periodo, la questione diventa nazionale: Sánchez tenta di blindare la legislatura (la scadenza naturale è nel 2027), mentre l’opposizione lavora per far diventare ogni regionale un mini-plebiscito. In mezzo, un elettorato che sembra premiare chi urla più forte e punire chi appare impantanato tra scandali, compromessi e una maggioranza parlamentare sempre più complicata da tenere insieme. 

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