Patrimoniali, per la Cgia ci costano quasi 50 miliardi l’anno

- di: Barbara Leone
 
Sebbene l’Imu sull’abitazione principale sia stata abolita nel 2013, le imposte patrimoniali che continuano a gravare sugli italiani  garantiscono alle casse dello Stato quasi 50 miliardi di euro l’anno: per la precisione 49,8. Un importo, relativo al 2022, che valeva 2,6 punti di Pil. Un’incidenza che, rispetto al 1990, è addirittura raddoppiata. Complessivamente, fa sapere l’Ufficio studi della Cgia, questa tipologia di prelievo sui beni patrimoniali (siano essi mobili, immobili o finanziari) è composta da una decina di voci. Esse sono: l’Imu/Tasi (gettito nel 2022 pari a 22,7 miliardi di euro), l’Imposta di bollo (7,7 miliardi), il bollo auto (7,2 miliardi), l’Imposta di registro e sostitutiva (6,2 miliardi), il canone Rai-Tv (1,9 miliardi), l’Imposta ipotecaria (1,8 miliardi), l’Imposta sulle successioni e donazioni (1 miliardo), i diritti catastali (727 milioni di euro), l’Imposta sulle transazioni finanziarie (461 milioni) e l’Imposta su imbarcazioni e aeromobili (1 milione). Il trend di crescita del prelievo riconducibile alle imposte patrimoniali in termini assoluti è stato spaventoso: se nel 1990 l’erario ebbe modo di incassare 9,1 miliardi di euro, nel 2000 il gettito ha raggiunto i 25,7 miliardi. Cinque anni dopo i soldi incassati sono saliti a 30,1 miliardi che nel 2015 sono arrivati a 48,4. Nell’ultimo anno in cui i dati sono disponibili, vale a dire il 2022, la riscossione ha toccato i 49,8 miliardi di euro.

Patrimoniali, per la Cgia ci costano quasi 50 miliardi l’anno

Ricordiamo che l’Imu sull’abitazione principale non è stata abolita per tutti. I proprietari degli immobili di tipo signorile (categoria catastale A1), delle ville (A8) e dei castelli/palazzi (A9) continuano a pagarla: ci riferiamo a 68.720 unità immobiliari presenti in Italia che dall’applicazione dell’imposta consentono ai Comuni dove sono ubicati di incassare 80 milioni di euro (anno 2022). Al netto degli immobili della categoria catastale A9, i proprietari delle altre abitazioni di lusso (A1 e A8) versano per ogni unità mediamente poco meno di 3 mila euro l’anno. Negli ultimi due anni l’inflazione si è abbattuta sui conti correnti degli italiani con la forza di una patrimoniale.

Al netto dei nuclei che hanno trasferito una parte dei propri risparmi nell’acquisto di titoli di Stato[3], la stragrande maggioranza ha subito gli effetti negativi della perdita di potere d’acquisto indotta dal fortissimo aumento dei prezzi registrato nel 2022 e nel 2023 (nel biennio pari a +14,2 per cento). Nell’ipotesi che le consistenze dei depositi bancari riferiti al 31 dicembre 2021 siano rimaste le stesse anche negli anni successivi, si ipotizza che le famiglie italiane abbiano subito una “decurtazione” media dei propri risparmi di 6.257 euro, con punte di 9.220 euro in Trentino Alto Adige, 7.432 euro in Lombardia e 7.121 euro in Veneto (vedi Tab. 1). A livello provinciale, invece, la perdita di potere d’acquisto più elevata si sarebbe registrata a Bolzano con un importo medio per deposito bancario pari a 10.444 euro, a Milano con 8.677 euro e a Trento con 8.048 euro.

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