La Johnson & Johnson, un nome ed un marchio che, in tutto il mondo, viene accostato soprattutto ai prodotti per il benessere dei bambini, ha deciso di ritirare dal mercato americano - ed anche canadese - uno dei suoi prodotti di punta, il talco (in vendita dal 1894).
La decisione è stata resa nota poche ore fa ed ha, essenzialmente, due motivazioni, sebbene non ufficiali.
La prima, di carattere squisitamente commerciale, è che il talco prodotto dal colosso farmaceutico, che ha la sede centrale nel New Jersey, è lentamente uscito dalle abitudini dei milioni di mamme che, da decenni, lo hanno usato nei figli in tenera età, ma anche per la loro igiene intima.
La seconda, non meno importante, è che il prodotto ormai da anni - soprattutto dopo l'avvento della frenetica circolazione di informazioni sulla Rete - è inseguito da sospetti di nocività (causata dalla sospetta presenza di amianto) tanto che in Canada è oggetto da due class action che, se dovessero ottenere ragione da parte della Corte, comporterebbero con ogni probabilità una pesantissima sanzione pecuniaria, di quelle che hanno costituito la base per alcuni film del filone legale e nei quali gli spettatori parteggiavano dichiaratamente per i querelanti.
Come ''Erin Brockovic'' che, nel 2001, ha fatto conquistare a Julia Roberts l'Oscar come migliore attrice protagonista, o quelli tratti dai libri di John Grisham (''Il socio'', del 1993, con un giovane Tom Cruise, o ''L'uomo della pioggia'', del 1993, con Matt Damon e Danny De Vito).
L'iter giudiziario è ancora lontano dal definirsi e quindi la decisione della Johnson & Johnson potrebbe essere intesa come un tentativo di disinnescare, almeno parzialmente, procedimenti che non può permettersi di perdere, almeno non nelle dimensioni che i querelanti auspicano.
Ma qual è il nodo delle cause intentate contro la Johnson & Johnson?
Migliaia di donne affermano che uno dei presunti componenti del talco, l'amianto, è stata causa dei tumori ovarici di cui soffrono o hanno sofferto dal momento che se ne sono servite per molti anni per l'igiene intima
Il primo a lanciare l'allarme è stato il dott.Daniel Cramer, professore di ostetricia, ginecologia e biologia riproduttiva al Brigham and Women Hospital di Boston, che, nel 1982, ha pubblicato uno studio su questo argomento, sostenendo un collegamento diretto tra uso del talco per l'igiene intima femminile e l'insorgere del carcinoma ovarico.
La tesi proposta nel 1982 è stata confermata da un altro studio, sempre condotto dal dott.Cramer nel 2016, nel quale si affermava che nelle donne che usano regolarmente il talco nell'area della vagina il rischio di sviluppare un tumore ovarico aumenta di un terzo.
La spiegazione clinica, che - dice lo studioso - è confermata da prove, è che la polvere di talco spruzzata nell'area genitale può raggiungere le ovaie e i linfonodi, causando delle infiammazioni che possono contribuire allo sviluppo del cancro.
Negli ultimi anni l'azienda farmaceutica e dei prodotti per l'igiene è stata raggiunta da molte denunce e per questo condannata più volte .
Una affermazione, quella relativa alla presenza o alla contaminazione da amianto, che Johnson & Johnson ha sempre respinto, sostenendo che il talco non ne contiene e, quindi, che la polvere per bambini nota in tutto il mondo non può, in nessun caso, essere responsabile dell'insorgenza di cancro.
Dalla sua Johnson & Johnson ha l'esito dei processi d'appello relativi alle denunce che, ha detto in un comunicato, in appello ha visto ribaltati gli originari verdetti di condanna.
Sulla decisione di ritirare il talco dagli scaffali di Usa e Canada sta incidendo anche l'emergenza Covid-19 che ha spostato il focus della produzione della Johnson & Johnson verso i dispositivi di protezione personale, oggi richiestissimi e che sono ritenuti fondamentali per consentire il distanziamento sociale nelle fabbriche e nei punti vendita.
La vendita di talco (e di un altro centinaio di prodotti del gruppo) è stata sospesa solo in Canada e Stati Uniti, ma non sugli altri mercati in cui Johnson & Johnson è presente da tempo e che non hanno fino ad oggi manifestato un distacco da parte dei consumatori.
Una scelta commerciale, che però lascia perplessi perché, sino a quando non si farà chiarezza sulla fondatezza delle denunce contro la Johnson & Johnson, la decisione del gruppo di continuare a vendere il talco in altri Paesi che non siano Stati Uniti e Canada certo determina molto inquietudine. Perché potrebbe ingenerare il sospetto che si è inteso tenere buoni i consumatori di due Paesi, mentre quelli del resto del mondo possono continuare ad utilizzare un prodotto in Canada e Stati Uniti bollato come cancerogeno.
Per avere una idea della posta in palio per la Johnson & Johnson sul fronte giudiziario basta solo ricordare che nel 2018 una giuria di Saint Louis, nel Missouri, ha condannato la società a pagare quasi quattro miliardi e 700 milioni di dollari, più precisamente 4,14 miliardi di sanzione e 500 milioni in favore delle 22 donne che hanno sviluppato un cancro alle ovaie e che hanno avviato l'azione penale. L'avvocato che ha assistito le querelanti, Mark Lanier, citato dal St.Louis Post-Dispatch, ha detto che si è trattato del primo processo in cui alla giuria è stata data la possibilità di conoscere il contenuto di documenti che rivelavano che il produttore era a conoscenza della presenza dell'amianto nel talco (già dagli anni '70) senza però avere avvertito i consumatori.
In ogni caso, alle tesi dei colpevolisti, la Johnson & Johnson replica - anche sulla base di studi che dicono l'esatto contrario delle tesi sostenute prima dal dott.Cramer e poi da altri studiosi - con la fermezza che sembra avere scelto per questo delicato frangente della sua storia ultracentenaria.
La nostra polvere per bambini, ha ripetuto sino a poche ore fa, non è la causa del mesotelioma o del carcinoma ovarico, come sostengono le donne che ne soffrono e che credono che sia colpa del talco.