Confagricoltura, l'associazione riesce ad aprire i primi corridoi verdi. Il Presidente Giansanti: “Un grande risultato”

 
Oltre 57 miliardi di valore della produzione nel 2019 (terza posizione nell’Unione europea dopo Francia e Germania), primo posto in termini di valore aggiunto nell’Unione europea, primo posto per le attività connesse, terzo per la produzione vegetale, quinto per la produzione animale.
Cifre e confronti che rendono bene l’idea del valore e della forza del settore agricolo italiano, anch'esso alle prese con i pesanti effetti dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Su cosa fare per difendere l’agricoltura italiana e le sue attività connesse abbiamo intervistato Massimiliano Giansanti, Presidente nazionale di Confagricoltura.

La necessità di un Piano europeo per la filiera agricola e agroalimentare, come stanno facendo altri Paesi a cominciare dagli Usa, è stata avanzata con forza da Confagricoltura alla luce degli effetti economici della pandemia. Quali risposte sono arrivate finora da Bruxelles e cosa invece chiedete in particolare? Quale a suo parere la dotazione finanziaria necessaria? Lei, tra l’altro, ha affermato che il pacchetto di misure varate dalla Commissione Ue per limitare le conseguenze della pandemia Covid-19, per quanto riguarda il settore agricolo sono sbilanciate a favore del Nord Europa.
"Stiamo vivendo un momento di emergenza generale che fino a due mesi fa credevamo fosse un problema solo italiano, con eventuali conseguenze solo per noi. Il contesto, ora, è ovviamente cambiato: la diffusione del Coronavirus ha colpito tutto il mondo, con conseguenti misure restrittive in tutti gli Stati, un fatto storico senza precedenti nell’epoca moderna che verrà studiato sui libri di storia dai nostri figli e nipoti.
Davanti ad un’emergenza di tale portata stiamo vivendo una crisi che riguarda tutti i settori, molto più profonda rispetto a quella del 2008 in quanto non si tratta esclusivamente di una crisi finanziaria (la quale si muove secondo delle leve economiche), ma di una crisi dell’economia reale.
Come Confagricoltura crediamo che questo fatto storico così drammaticamente importante debba portare alla necessità assoluta di una attività di coordinamento delle politiche dei singoli Stati membri che compongono l’Unione europea. In una fase di una profonda difficoltà che riguarda l’intero circuito economico europeo e mondiale, infatti, abbiamo bisogno di una risposta coesa e di una unità di proposte. Appare evidente che i Paesi dell’Asia si stanno riprendendo prima di noi quanto a produzioni e alla capacità di esportare a livello globale, per non parlare poi dell’Amministrazione americana che ha visto Trump mettere subito sul tavolo 19 miliardi di dollari di aiuti speciali per sostenere la crisi dell’agroalimentare. Al contrario, in Europa abbiamo una risposta totalmente insufficiente, al di sotto di 80 milioni di euro.
A fronte poi di questi soldi, ci sono degli interventi a favore degli agricoltori definiti dai singoli Stati membri che nascono da un contesto economico generale del singolo Stato. È evidente come noi stiamo ancora scontando scelte ed errori avvenuti in passato, ma in una fase come quella attuale non possiamo di certo pagare per scelte sbagliate avvenute tempo fa.
L’Unione europea dovrebbe dotarsi quanto prima di strumenti paragonabili a quelli americani e di misure shock con un plafond pari almeno a quello stanziato dall’Amministrazione Usa (15/19 miliardi di euro). Queste misure andrebbero a sostenere un settore fondamentale come l’agricoltura, che è stato ultimamente riscoperto da tutti e che è diventato un tema di rilevanza nazionale se pensiamo, ad esempio, all’estensione della ‘Golden Power’ anche al settore dell’agroalimentare.
Il tema dell’approvvigionamento alimentare è fondamentale, basta vedere ciò che è accaduto con il blocco delle esportazioni di cereali dalla Federazione Russa o quanto è successo riguardo al mercato del riso in Asia. Stiamo andando incontro, oggi, a dover rivedere totalmente quelle che sono le politiche di approvvigionamento di ogni singolo Stato. Chiediamo, come Confagricoltura, un atto di attenzione e, soprattutto, una capacità di visione per cercare di puntare sull’autoapprovvigionamento alimentare, in modo da soddisfare totalmente le richieste dei cittadini italiani".

Quali sono, in particolare, i settori del comparto agricolo e agroindustriale più colpiti dagli effetti dell’emergenza sanitaria? Lei, alla luce delle previsioni elaborate dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), secondo cui è da mettere in preventivo un taglio degli scambi commerciali compreso tra il 13 e il 32% rispetto ai livelli del 2019 (riduzione che coinvolgerà anche la filiera agroindustrale), ha lanciato un appello per “salvare l’agroalimentare italiano”.
"I settori maggiormente colpiti sono quelli esposti verso l’export e verso i canali Horeca (il canale Horeca è rappresentato da chi, per professione, somministra alimenti e bevande ndr).
Noi stiamo riscontrando enormi difficoltà in un comparto fondamentale e strategico per il nostro Paese che è quello del vino, uno dei settori più colpiti. Questo settore esporta il 50% di quello che produce e per l’Italia vale in totale 13 miliardi e mezzo di euro: è un settore che va sostenuto ed è uno di quei brand che fa forte il Made in Italy nel mondo. Poi abbiamo il settore del vivaismo, che ha addirittura il 90% delle sue produzioni esportate e coinvolge realtà territoriali importantissime come le zone di Pistoia, Latina ed anche alcune in Puglia.
Inoltre, anche l’agriturismo è completamente fermo: la chiusura ed il blocco di ogni forma di turismo ha messo in crisi un settore che riuscirebbe, in realtà, ad offrire delle ampie norme di sicurezza per i turisti, grazie alle strutture che operano all’area aperta e hanno un numero limitato di posti letto, garantendo in questo modo le distanze sociali.
Questi sono i settori che stanno soffrendo maggiormente, oltre al comparto suinicolo, con il calo delle vendite di prosciutti, e il lattiero caseario. In più la chiusura dei canali Horeca, e la minor disponibilità nell’andar a fare la spesa giornalmente, ha messo in crisi anche i prodotti del fresco e quelli a scadenza inferiore, ossia dalla durata temporale più limitata rispetto ad altri".

Emergenza lavoratori agricoli, stagionali e non. Confagricoltura a marzo aveva chiesto al Governo l’attivazione dei corridoi verdi per permettere il rientro degli operai extracomunitari che da anni hanno un contratto di lavoro con le aziende italiane, in modo da far fronte alle esigenze di raccolta nei campi. Si tratta di lavoratori che erano rientrati nei mesi invernali nei rispettivi Paesi di origine, per riprendere a marzo la nuova stagione agricola. Ma l’emergenza Coronavirus li aveva fermati. Confagricoltura è riuscita comunque ad attivare i primi corridoi verdi. Un bel successo.
"Sì, un grande risultato. Siamo già riusciti, con cinque voli charter appositamente organizzati, a far arrivare in Italia centinaia di lavoratori stranieri specializzati. È il frutto del lavoro diplomatico di Confagricoltura, in particolare con l’Ambasciata in Marocco. Ma per permettere a gruppi di operatori stranieri di rientrare in Italia per la stagione lavorativa abbiamo dialogato anche con la Romania e l’India, insieme alla Farnesina e l’Ice. Si tratta di istituzioni con le quali abbiamo relazioni consolidate nel corso degli anni. In due mesi di intenso lavoro di relazioni istituzionali, con la collaborazione indispensabile delle nostre imprese (che hanno pagato il volo per i loro dipendenti) siamo arrivati a questi risultati che ci permettono di far fronte, in parte, all’emergenza manodopera. Inoltre ci fa piacere evidenziare che moltissimi italiani hanno risposto alla richiesta delle aziende agricole e hanno trovato un’occupazione, sebbene temporanea, grazie alla piattaforma AgriJob. Questo ci deve far riflettere comunque sulla necessità di impegnarci per la formazione di nuove professionalità, a partire proprio da chi si avvicina con interesse, per la prima volta, all’agricoltura.
Noi siamo l’Associazione maggiormente rappresentativa nel mondo dell’impresa e sentiamo su di noi la responsabilità di dare risposte concrete alle imprese italiane. L’obiettivo deve essere quello di mettere in condizione i nostri imprenditori e i nostri operai di trovare sufficienti domande ed offerte e poter offrire la possibilità alle imprese di generare lavoro e ai lavoratori, di conseguenza, di trovare lavoro. Per facilitare questo processo abbiamo appunto sviluppato ‘Agrijob’, una piattaforma che consente alle aziende e ai lavoratori di scambiarsi le informazioni sulle domande e sulle offerte di lavoro".

Qual è la sua valutazione circa i provvedimenti adottati dal Governo, sia in termini di aiuti diretti al settore che quelli che coinvolgono il settore primario, come ad esempio il ‘decreto liquidità’? Quali sono i provvedimenti che sarebbe opportuno adottare o migliorare che Confagricoltura chiede per sostenere i redditi agricoli?
Il Governo, fino ad ora, si è mosso all’interno di misure emergenziali. Ovviamente il comparto dell’agricoltura non poteva chiudere, ci hanno chiesto di produrre ancora e siamo molto orgogliosi di quello che siamo riusciti a fare, nonostante l’emergenza. Rimane il fatto che siamo imprenditori e anche noi abbiamo delle aziende che si reggono sui principi fondamentali e basilari dei costi e ricavi e non possiamo in alcun modo permettere che i costi superino i ricavi. Ci aspettiamo, quindi, mezzi e strumenti a sufficienza, come hanno ricevuto giustamente altri comparti dell’economia nazionale, per poter riattivare tutta quella liquidità necessaria e, inoltre, strumenti a fondo perduto (come è avvenuto in altri Paesi in Europa) per far ripartire la produttività e la competitività del settore e non essere in ritardo rispetto alla concorrenza degli altri Stati nella fase di ripresa.

Ricollegandoci alla domanda precedente, qual è la valutazione di Confagricoltura sul grado di interlocuzione tra Governo ed Associazioni agricole nella definizione e predisposizione dei provvedimenti?
“Noi con il Governo parliamo, anche se è mancato totalmente il dialogo sul protocollo della sicurezza sui luoghi di lavoro e non capisco per quale motivo le parti agricole non siano state minimamente coinvolte. Di certo, questo non fa piacere perché l’agricoltura rappresenta il primo comparto dell’economia nazionale e ritengo che saremmo stati in grado di portare un contributo adeguato per stilare un protocollo anche per il settore primario che, ad oggi, non è regolamentato".

Quali ferite lascerà comunque l’emergenza sanitaria nell’attività del settore primario almeno per il 2020? Da questa esperienza possono nascere nuovi interventi (nelle forme e nelle metodologie) a favore dell’agricoltura italiana, anche in termini di sburocratizzazione delle procedure e di un utilizzo più efficiente dei fondi comunitari? Crede che la pandemia cambierà gli orientamenti dell’Unione europea relativi alla Politica agricola comune?
"Mi auguro che la politica agricola comunitaria tenga conto di quello che è accaduto. Il Coronavirus non è un qualcosa che svanirà fra qualche mese, ma dovremo conviverci per un bel po’ di tempo. È evidente che la socialità e la società stiano cambiando. Stanno cambiando i consumi, stanno cambiando i modi di acquistare i prodotti da parte dei cittadini, sta cambiando anche il modo di acquistare in azienda agricola. Registriamo, infatti, un forte ritorno all’acquisto direttamente all’interno delle aziende agricole, con le consegne dirette a casa. Dovremmo necessariamente tenere conto di tutti questi mutamenti. Ci vogliono scelte importanti e coraggiose e ci deve essere la voglia di fare queste scelte. Ci troviamo davanti ad un cambio epocale e questo cambio dovrà essere necessariamente accompagnato".

Tra gli effetti della pandemia ci sarà sicuramente un rincaro dei prodotti agricoli allo scaffale. Qual è la sua opinione?
"Per quanto ci riguarda non è assolutamente così. Ci sono stati degli aumenti, questo è innegabile, ma in alcun modo sono dovuti al settore dell’agricoltura. Attorno alle commodity in generale (basti pensare per esempio a quello che è accaduto con il petrolio) c’è una grandissima speculazione e credo che tutto ciò debba offrirci anche degli spunti di riflessione: non è possibile che la finanza anteponga i propri interessi rispetto a quelli dell’economia reale".

Ismea ha deciso di rilanciare la cambiale agraria e della pesca, con uno stanziamento di 30 milioni di euro che consentirà di erogare prestiti alle imprese agricole di importo fino a 30mila euro a tasso zero, con una durata di cinque anni, di cui i primi due anni di preammortamento. Che valutazione dà di questa decisione? L’estensione del raggio di azione della cambiale agraria può essere uno degli strumenti importanti con il quale affrontare gli effetti economici della pandemia e porre le basi di un rilancio del settore agricolo?
"La cambiale agraria è un grande strumento purtroppo abbandonato dal sistema bancario. Sono cresciuto in un’epoca nella quale la cambiale agraria rappresentava uno strumento che consentiva di offrire la possibilità all’imprenditore, all’inizio dell’anno, di avviare la propria campagna di raccolta. Immaginare oggi un percorso non più a breve termine, bensì a medio-lungo periodo, con una cambiale agraria con determinate caratteristiche credo sia l’auspicio più significativo".

Il settore agricolo in senso stretto si è andato sempre più integrando anche con quello turistico, con uno sviluppo molto interessante dell’agro-turismo. Il turismo, almeno per il 2020 ma probabilmente anche per gli anni successivi, è uno dei settori che certamente sarà più in difficoltà. Ritiene siano necessari provvedimenti per l’agro-turismo, così da dare un sostegno anche ai redditi del settore agricolo?
"Questi provvedimenti sono fondamentali in quanto l’agriturismo, non essendo catalogato con un codice Ateco, rischia di essere totalmente dimenticato dalle istituzioni".
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