Bluefield Group - Intervista al Managing Partner, Giovanni Terranova: "Pronti alla grande sfida energetica, decisivi i prossimi 10 anni"

- di: Sonia Agresti
 
Da anni Bluefield Group è una delle realtà più importanti nel campo del solare in tutto il continente europeo.
Abbiamo intervistato il co-fondatore e Managing Partner, Giovanni Terranova.


Bluefield Group è uno dei leader nel settore solare europeo, con asset per quasi 1 miliardo di sterline e circa 500MW di impianti solari operativi in Europa (prevalentemente nel Regno Unito). Dottor Terranova, lei è uno dei tre fondatori, insieme a James Armstrong e Mike Rand. Può sintetizzare le chiavi del successo del Gruppo, che a soli 11 anni dalla sua fondazione ha già raggiunto risultati così rilevanti in ambito europeo?
Bluefield è nata nel 2009 a Londra quando ancora il settore delle rinnovabili europeo e globale era ai primi passi. Ad oggi Bluefield può vantare uno dei più lunghi track record del settore in Europa e nel 2013 siamo stati i primi a quotare un fondo solare sul London Stock Exchange. Siamo stati in grado di convertire questo vantaggio competitivo di early movers, mantenendo negli anni un chiaro focus sul settore solare, ma anche concentrandoci sulla qualita’ del servizio di gestione sia dei fondi che degli impianti e sulla qualità del team.
Credo, però, che uno dei fattori chiave sia stata la prospettiva industriale con cui abbiamo approcciato il settore. Bluefield è uno dei pochi operatori che copre quasi per intero la catena del valore dalla gestione dei fondi e dall’attività di investimento all’ingegneria ed alla gestione operativa degli impianti.

Collegandoci alla domanda precedente, può raccontarci la sua esperienza di imprenditore italiano a Londra, partito dal nulla? Ci sono, a suo parere, ‘lezioni’ britanniche che, pur nelle differenze di sistema economico e sociale, sarebbero utili come benchmark all’Italia?
Sono partito dalla provincia e dal Sud Italia. Ho completato i miei studi in ingegneria a Catania e ho seguito un MBA a Roma alla università Luiss. Nel 2009, dopo alcuni anni trascorsi nel settore finanziario (equity e debito) con focus sul settore energia, ho colto la sfida imprenditoriale e con altri due colleghi inglesi abbiamo deciso di lanciare la nostra società. All’inizio abbiamo fatto molta fatica, ma rapidamente abbiamo trovato degli investitori che ci hanno ascoltato ed hanno finanziato la nostra start up. Siamo partiti dal giardino di uno dei miei soci ed in soli 4 anni arrivare a quotare sul mercato principale del London Stock Exchange il primo fondo solare gestito da Bluefield nel 2013 con azionisti di altissimo standing è stata una impresa che probabilmente in altri paesi, non solo in Italia, sarebbe stata difficile. Non perché in Italia manchino le qualità professionali ed imprenditoriali, ma perché il tessuto finanziario in UK è molto più predisposto ad ascoltare e finanziare iniziative e team che mostrano di poter creare valore. Inoltre, indipendentemente dagli studi e dalla provenienza, il merito viene riconosciuto e, a chi mostra di avere capacità, viene data fiducia. Credo che, qualora l’Italia riuscisse ad avere un settore finanziario più ampio e meno tradizionale, le straordinarie qualità degli imprenditori italiani verrebbero fuori in maniera ancora più evidente.

Quale impatto del Covid-19 si può prevedere nel breve, medio e lungo termine sugli investimenti (equity e debito) nelle energie rinnovabili ed in genere su investimenti nel green deal?
In generale, credo che il settore abbia ottime prospettive.
A seguito della pandemia ci troviamo di fronte ad una delle più drammatiche crisi dell’ultimo secolo. A livello globale, subito dopo l’ultima crisi del 2008, le emissioni di gas serra dopo un breve ribasso sono rapidamente aumentate ed in genere l’impatto negativo sull’ambiente è rapidamente peggiorato. Questo perché i Governi, con qualche eccezione in Europa, hanno dato priorità alla ripartenza di allora ad ogni costo (anche ambientale) senza considerare la grossa opportunità che gli investimenti ambientali avrebbero potuto fornire. Adesso, i Governi dovranno mettere in campo degli sforzi enormi per fare ripartire l’economia: puntare sugli investimenti relativi al green deal è una delle poche solide vie per rilanciare l’economia. Si tratta di investimenti distribuiti sul territorio, che consentono di ammodernare le infrastrutture del Paese, ma che hanno ed avranno un impatto positivo anche sul resto dell’economia.
Se per la pandemia il sistema non ha saputo cogliere gli allarmi che da anni si sollevavano da più parti in relazione ad una quasi certa diffusione di un qualche virus pandemico e non si è fatto praticamente nulla, non credo si voglia replicare con azioni limitate ad un’altra e forse più letale crisi già annunciata quale quella ambientale e dei cambiamenti climatici.
Pertanto, penso che i Governi spingeranno l’acceleratore sul settore delle rinnovabili, ma credo altresì che la crisi porterà a riconsiderare la mobilità e a spingerla verso una elettrificazione più spinta ed anche ad una accelerazione del condizionamento e riscaldamento elettrico (sostituzione del parco alimentato a gas o combustibili fossili nelle città).

Bluefield è attiva nei vari mercati europei e ha accumulato una vasta esperienza. Può farci una panoramica dei punti di forza e di debolezza dei principali Paesi del vecchio Continente?
UK è il mercato che ovviamente conosco meglio insieme all’Italia. Quando ho iniziato a lavorare in UK nel settore delle energie rinnovabili nel 2009, il paese era più indietro rispetto all’Italia. Poi, nel giro di pochi anni, in UK il settore solare e soprattutto quello dell’eolico offshore hanno avuto una crescita significativa. Ad ogni passo, Il governo ha saputo gestire la decrescita degli incentivi in modo graduale e in gran parte prevedibile. Questo ha consentito al capitale privato di investire in sicurezza nel settore.
Situazione opposta è quella della Spagna, dove con i miei soci avevamo investito prima della creazione di Bluefield. La Spagna ha implementato vari tagli retroattivi alle tariffe del settore rinnovabile e questo ha di fatto rallentato lo sviluppo del settore solare in questo paese, nonostante la ovvia grossa disponibilità di radiazione solare nel paese. Solo adesso, dopo numerosi anni la Spagna è tornata ad attrarre investitori istituzionali internazionali ad investire nelle energie rinnovabili e al momento è uno dei paesi che, dato il basso punto di partenza, mostra una delle maggiori crescite potenziali in termini di investimenti e capacità dell’intera Europa per i prossimi 10 anni. Questo avviene, non a caso, nel momento in cui gli impianti solari spagnoli non hanno più bisogno di incentivi statali per attrarre investimenti. In poche parole, gli investitori stranieri preferiscono basare i loro buisness plan e ritorni sul rischio della vendita libera di elettricità o tramite contratti di compravendita di elettricità con controparti private piuttosto che su tariffe controllate dal Governo.
In ultimo, la Germania. Conosco poco questo paese in relazione agli investimenti nel settore rinnovabile, in quanto noi come Bluefield non abbiamo mai investito li’. Quello che pero’ posso sottolineare è che la Germania è stata la prima ad introdurre incentivi e a stabilre un preciso e stabile quadro regolatorio per le rinnovabili e non è un caso che oggi sia di gran lunga il leader europeo del settore. Senza lo sforzo della Germania negli anni 2000 oggi non avremmo lo sviluppo del settore solare che abbiamo visto in tutto il mondo. I tedeschi hanno, in pratica, finanziato tramite i loro incentivi lo sviluppo industriale della filiera globale del settore solare e a seguire tutti gli altri paesi che hanno investito successivamente ne hanno beneficiato in termini di forte riduzione dei costi di installazione e maggiore affidabilità degli impianti.

Come valuta il sistema delle energie rinnovabili in Italia? Quali le sue caratteristiche, quali le sue potenzialità e i limiti?
L’Italia è stata uno dei pionieri europei ed ha fatto bene. Ha saputo cogliere tra i primi nel mondo le opportunità di lavoro, formazione professionale ed imprenditoriale che le rinnovabili potevano offrire. Oggi, girando per il mondo, si incontrano moltissimi professionisti formatisi nel settore in Italia. Esportiamo competenze, ma al di là di pochissime eccezioni, principalmente nei servizi, non abbiamo saputo creare una filiera industriale. L’improvvisa modifica delle tariffe già concesse agli impianti rinnovabili nel 2014 ha pero’ indebolito il settore e la credibilità del Paese e ci sono voluti vari anni per riportare la fiducia degli investitori stranieri verso il settore italiano.
Di conseguenza, negli ultimi anni, la spinta innovativa nel settore è venuta meno e si sono perse delle opportunità di portare il Paese nuovamente tra i leader modiali. Ad esempio, l’Italia sino ad ora ha fatto meno di altri paesi per aprire e sviluppare il mercato dello storage elettrico. In Europa, UK e Germania sono avanti, sia in termini normativi che di apertura (UK soprattutto) al capitale privato.
In UK, ad esempio, questa apertura ha favorito la nascita di vari fondi (anche quotati) dedicati ad un settore, lo storage, che è cruciale per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Se vogliamo raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Piano Energia ed Ambiente che sia il governo Gentiloni che il governo Conte hanno proposto, abbiamo bisogno di importanti investimenti negli accumuli che permetteranno al sistema elettrico di compensare la non programmabilità del vento e del sole.

Quale è il quadro attuale e quello futuro prevedibile della transizione energetica, quindi degli investimenti nelle tecnologie di maggiore interesse? In tale quadro quali di questi investimenti, o mix di investimenti, a suo parere sono più promettenti?
Come già discusso in precedenza, il ruolo dello storage elettrico sarà cruciale per la transizione energetica nel settore elettrico. Credo pero’ che la transizione vedrà anche numerosi investimenti nell’ infrastruttura per la ricarica delle macchine elettriche ed in un non lontano futuro vedremo una forte digitalizzazione che consentirà ad esempio ai proprietari di piccoli impianti domestici o di una macchina elettrica di vendere ed acquistare l’elettricità prodotta e/o accumulata.
Anche noi in Bluefield stiamo sempre più guardando a queste tecnologie per offrire un prodotto di investimento sempre più in linea con le esigenze e le opportunità che provengono dalla transizione energetica.

Il vostro ‘Bluefield solar income Fund’ macina riconoscimenti, come quello di essere il ‘Best performing public renewable energy fund’ nel Regno Unito per due anni di seguito. Il ‘segreto’ di un successo nel business non si dice mai, ma quali sono i criteri di base attraverso cui il Fondo effettua i suoi investimenti?
Ad oggi, ci sono numerosi fondi rinnovabili quotati sul London Stock Exchange ed il settore vale più di £7bn. Sin dal primo momento pero’ Bluefield Solar Income Fund, il fondo di cui Bluefield Partners è investment adviser, si è distinto per un approccio diverso al settore fondato su tre punti cruciali:
1) Approccio industriale dove Bluefield non solo è adviser del fondo ma anche gestore ed operatore degli impianti;
2) Capacità di investire al momento della costruzione degli impianti. Questo ci ha consentito di assicurarci la pipeline a prezzi competitivi, di controllare la qualità ed i costi degli impianti.
3) Disciplina di pricing negli investimenti: abbiamo fatto prevalere la qualità sulla quantità. Negli ultimi anni abbiamo ridotto gli investimenti in quanto i prezzi di mercato erano a nostro avviso troppo inflazionati.
Non a caso, implementando questa strategia, BSIF è il fondo su LSE che ha distribuito negli anni in maniera consistente dividendi superiori a tutti gli altri competitor.

Non si è ancora giunti ad un’intesa tra Regno Unito e Ue, ma in generale quali problemi e quali opportunità potrebbe determinare Brexit per Bluefield Group sul piano europeo? A suo parere il vostro modello di business dovrà essere modificato o potrà continuare a funzionare bene nella nuova situazione?
Ovviamente abbiamo guardato all’evolversi della situazione Brexit e sfortunatamente ancora non abbiamo sufficiente chiarezza su come le cose evolveranno. Nel frattempo abbiamo iniziato a guardare alla possibilità di costituire una base alternativa in Lussemburgo, che per i fondi ha una infrastruttura molto evoluta in termini di servizi e sistema regolatorio avanzato.
Non credo che il modello di business di Bluefield subirà delle modifiche sostanziali per via di Brexit. Londra rimarrà la nostra casa principale dove credo la finanza mondiale continuerà a guardare.

Ingegner Terranova, facciamo un balzo in avanti di dieci anni. Come sarà nel 2030 l’assetto energetico mondiale, e in particolare europeo? Sarà un mondo molto diverso da quello di oggi?
Credo che in 10 anni l’assetto energetico mondiale vedrà alcune importanti trasformazioni che porteranno alcuni degli operatori tradizionali a ripensare interamente la maniera in cui hanno fatto business negli ultimi decenni. Allo stesso tempo, nuovi operatori sfideranno le utilities nella gestione delle piattaforme digitali per lo scambio dell’elettricità (una sorta di Amazon dell’elettrone).
La generazione elettrica sarà sicuramente e definitivamente trasformata nella direzione delle rinnovabili e penso che in Europa non ci sara più nessun impianto a carbone, pochi impianti a gas e molte più batterie.
Insomma, un sistema elettrico molto diverso da quello attuale ma più efficiente ed a basso impatto ambientale.
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