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Musk contro tutti: “Bannon tornerà in galera, Trump è finito”

- di: Bruno Legni
 
Musk contro tutti: “Bannon tornerà in galera, Trump è finito”
Il nuovo “America Party” scatena la furia di Bannon e Trump. Musk attacca: “Grasso ubriacone”. L’ex stratega: “Va deportato”. E Trump lo scarica: “È fuori controllo”.

La battaglia dei titani reazionari è cominciata

L’America più incendiaria ha trovato il suo palcoscenico perfetto nel ring fra Elon Musk, Steve Bannon e Donald Trump. In un clima politico sempre più teso e personalistico, il lancio dell’“America Party” da parte del miliardario sudafricano ha scatenato uno scontro frontale, fatto di insulti, rancori e calcoli elettorali.

Tutto nasce da un sondaggio lanciato da Musk il 6 luglio su X – la piattaforma che controlla – in cui chiede agli utenti se vorrebbero “un terzo partito veramente americano”. La mossa, dietro la maschera della provocazione, è politica fino in fondo: sfidare il duopolio Usa e scardinare il controllo di Trump sul GOP. E il fronte reazionario si spacca subito.

Bannon: “Musk va deportato. Non è americano”

A incendiare la miccia è Steve Bannon, l’ex stratega di Trump e ideologo del populismo più radicale. Sul suo podcast, Bannon attacca senza freni: “Solo uno straniero poteva farlo. Musk non è americano, viene dal Sudafrica. Vuole distruggere il nostro sistema dall’interno”. Il tono è feroce, il bersaglio personale. Poi l’affondo: “Dovrebbe essere deportato. È ora che il Congresso e il Dipartimento di Giustizia indaghino seriamente su di lui”.

È la replica a una vecchia ferita: Musk ha sempre ostentato disprezzo per l’alt-right trumpiana di cui Bannon è simbolo.

Musk: “Bannon è un grassone ubriaco. Tornerà in carcere”

La risposta del fondatore di Tesla è immediata e spietata. In un post pubblicato sempre il 6 luglio su X, Musk scrive: “Un grasso ubriaco fradicio come Bannon tornerà in prigione. E questa volta per molto, molto tempo”.

Non è la prima volta che Musk lo accusa pubblicamente di essere un criminale recidivo. In effetti, Bannon è stato condannato per oltraggio al Congresso e ha ricominciato a scontare la pena nel carcere federale di Danbury, Connecticut. “Ha una vita di crimini da pagare”, ha rincarato Musk.

Trump si inserisce: “Musk è un disastro”

Nel mezzo irrompe Donald Trump. Non con un tentativo di mediazione, ma con un attacco diretto. Su Truth Social, Trump scrive: “Mi rattrista vedere Elon perdere completamente il controllo. È diventato un disastro in cinque settimane”.

L’affondo è anche politico: “Il suo tentativo di creare un terzo partito è ridicolo. Il nostro sistema non lo prevede e nessuno ci è mai riuscito”. Poi il colpo basso: “Abbiamo appena approvato il ‘big beautiful bill’, una legge straordinaria. Peccato che elimina i sussidi alle auto elettriche. Elon era d’accordo. Quando mi ha sostenuto sapeva che li avremmo tolti”.

Il retroscena sulla Nasa: “Voleva piazzare un suo amico”

Trump rivela anche un episodio finora sconosciuto: “Elon mi chiese di nominare un suo amico a capo della Nasa. Era competente, ma un democratico che non aveva mai sostenuto i repubblicani. Forse lo era anche Musk. Mi sembrò inopportuno”.

È un modo per mettere in dubbio la lealtà politica del tycoon e, insieme, per chiudere la porta a ogni futura alleanza.

Musk rilancia: “Il Doge vuole aumentare il debito. Noi no”

Ma Elon non arretra. Anzi, rilancia. In una serie di risposte pubblicate tra il 6 e il 7 luglio su X, afferma che l’“America Party” non si candida (per ora) alla presidenza, ma si concentrerà sulle elezioni per Camera e Senato del novembre 2026.

“Il secondo emendamento è sacro”, ha detto in risposta a chi chiedeva la sua posizione sulle armi. Ma soprattutto, ha colpito Trump là dove fa più male: il debito. “Che senso ha il Doge se vuole aumentare il debito di 5.000 miliardi di dollari?”, scrive Musk. È un attacco diretto al “big beautiful bill”, la legge economica firmata da Trump che, secondo l’Ufficio bilancio del Congresso, genererebbe un’esplosione del disavanzo federale.

Dietro lo show, una guerra per il potere nella destra americana

Al netto degli insulti, la frattura è sostanziale. L’asse Bannon-Trump ha sempre puntato su uno stato forte, un partito unico (il GOP sotto il controllo di Trump) e una base ultra-identitaria. Musk, al contrario, propone una destra libertaria, anti-sussidi, pro-armi ma anche tecnologicamente radicale, aperta a esperimenti politici fuori dal sistema bipartitico.

L’America Party – di cui per ora non esiste nemmeno una struttura formale – potrebbe essere un’arma di pressione più che un progetto elettorale. Ma l’obiettivo è chiaro: spezzare il monopolio trumpiano del consenso conservatore. E se davvero Musk deciderà di candidare suoi uomini nelle primarie repubblicane per il Congresso, lo scontro sarà totale.

Un conflitto che può ridisegnare la destra americana

Il dibattito che si sta aprendo è più profondo di quanto sembri. La vera domanda è se negli Stati Uniti post-Trump ci sia spazio per una destra che non sia quella dell’establishment repubblicano né quella suprematista e paranoide di Bannon.

Musk tenta di occupare questo spazio con un mix di populismo hi-tech, provocazione social e disprezzo per le élite tradizionali.

Resta da vedere se riuscirà a costruire un consenso oltre il proprio pubblico digitale. Ma una cosa è certa: lo scontro personale con Trump e Bannon ha trasformato il “terzo partito” da utopia a detonatore. E il 2026 potrebbe diventare l’anno della resa dei conti tra un miliardario che vuole rifondare la politica americana a colpi di tweet e un ex presidente deciso a tornare con pieni poteri.

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