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Mps al 27% di Mediobanca, tutti gli occhi su Caltagirone

- di: Vittorio Massi
 
Mps al 27% di Mediobanca, tutti gli occhi su Caltagirone
Mps al 27% di Mediobanca: occhi su Caltagirone, soglia 35%
Il pacchetto che spinge l’offerta potrebbe arrivare dal gruppo romano: Siena valuta un rilancio cash, mentre Unicredit rafforza la sua offensiva in Germania.

(Foto: Francesco Gaetano Caltagirone al centro del risiko bancario italiano).

L’aria a Milano è elettrica. Le adesioni all’offerta pubblica di scambio lanciata da Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca hanno fatto un balzo inatteso: dal 19,4% del 26 agosto al 27% del capitale due giorni dopo. Un’accelerazione che ha sorpreso gli osservatori e che rimette al centro del risiko bancario il nome di Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore edile e finanziere romano con una partecipazione prossima al 10% in Piazzetta Cuccia.

Nessuna conferma ufficiale è arrivata, ma gli indizi puntano proprio verso il gruppo Caltagirone. L’unico commento intercettato dai cronisti è stato un laconico “no comment”, sufficiente però ad alimentare il sospetto che dietro il pacchetto da oltre 63 milioni di azioni consegnate all’offerta ci sia il suo zampino. “Non ci sono dubbi che un singolo socio con il 10% sia in grado di imprimere una svolta di questa portata”, spiegano fonti finanziarie milanesi.

Delfin e Caltagirone, l’asse che sfida Nagel

Se Caltagirone si muove, non è certo da solo. Già Delfin, la holding lussemburghese della famiglia Del Vecchio, aveva portato in adesione circa il 19% del capitale di Mediobanca. Insieme i due soci rappresentano il fronte più solido a sostegno del progetto di Mps guidato da Luigi Lovaglio, che punta a conquistare la banca d’affari simbolo della finanza italiana.

La loro strategia non è una novità. Da mesi Delfin e Caltagirone hanno espresso sostegno alla linea di Siena, contrastando apertamente la mossa difensiva dell’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, che aveva tentato di rafforzarsi con Banca Generali. Operazione stoppata dai grandi soci e circondata da accuse di conflitto di interessi. Il risultato è che ora, con un quarto del capitale già portato in adesione, l’offerta del Monte appare molto più concreta.

La soglia del 35% e il possibile rilancio in contanti

L’ops prevede una soglia minima del 35% perché diventi efficace. Un traguardo che, dopo l’impennata di agosto, sembra a portata di mano. Ma la vera partita si gioca oltre: un eventuale rilancio con una componente cash potrebbe spingere l’adesione oltre il 50%, garantendo a Siena il controllo pieno di Mediobanca.

Secondo stime raccolte da analisti di mercato, il gap da colmare tra il valore dell’offerta e le quotazioni di Mediobanca è di circa 525 milioni di euro. Non un ostacolo insormontabile per il Monte, che potrebbe mettere sul tavolo le risorse necessarie già al prossimo consiglio di amministrazione, atteso a inizio settembre.

Per Lovaglio la ricompensa sarebbe enorme: governance solida, la possibilità di scaricare su Mediobanca i crediti d’imposta maturati da Siena e l’avvio accelerato di sinergie industriali e finanziarie. Non a caso, gli operatori si attendono colpi di scena già nei prossimi giorni.

Le voci di mercato e l’assenza dei fondi istituzionali

Chi ha portato in adesione il pacchetto decisivo? Gli indizi portano a Caltagirone, ma restano escluse per ora mosse da parte di fondi pensione, casse di previdenza (circa il 5% del capitale) o dai Benetton (2%). Anche i grandi fondi internazionali, da Amundi ad Anima, appaiono in attesa.

Questo rafforza l’ipotesi che siano stati proprio i grandi soci italiani a far decollare l’ops. Una lettura che spiegherebbe anche il nervosismo registrato nell’entourage di Nagel, dove si teme che l’asse Delfin-Caltagirone stia diventando troppo forte per essere contrastato.

Mediobanca tra orgoglio e incertezza

Dentro Piazzetta Cuccia il clima è di resistenza. Mediobanca resta una cassaforte storica, simbolo di un potere finanziario che ha segnato l’Italia del dopoguerra. Vederne il controllo contendibile da parte di Mps è per molti quasi un trauma culturale.

Nagel ha ribadito la volontà di difendere l’indipendenza dell’istituto, ma la forza dei numeri lo mette all’angolo. Se la soglia del 35% sarà superata e arriverà un rilancio, lo scenario cambierà radicalmente: non più difesa, ma resa dei conti.

Unicredit, la contro-offensiva in Germania

Mentre Siena e Mediobanca monopolizzano l’attenzione a Milano, un’altra partita si gioca oltre le Alpi. Unicredit ha portato al 26% la propria quota in Commerzbank, con l’obiettivo dichiarato di arrivare a circa il 29% dei diritti di voto. Una mossa che non piace affatto a Berlino, dove il governo detiene ancora il 12% del capitale e ha ribadito il suo “no” a qualsiasi acquisizione ostile.

Il vice-ceo di Commerzbank, Michael Kotzbauer, ha parlato chiaro il 26 agosto: “La situazione non è ideale. Unicredit ha un interesse intrinseco a mantenere basso il nostro prezzo per scalarci senza pagare troppo, con grave danno per gli altri soci”. Aggiungendo che la banca italiana è “un diretto concorrente” e quindi soggetta a evidenti conflitti di interesse.

Le parole riflettono l’irritazione tedesca, già espressa dal cancelliere Friedrich Merz in una lettera di maggio, definendo l’approccio di Andrea Orcel “inaccettabile”. Ma nonostante i malumori politici, i numeri di Commerzbank restano solidi: utile netto trimestrale a 462 milioni, in calo ma sopra le attese, e buy-back fino a un miliardo.

La Grecia applaude Orcel

Se la Germania storce il naso, la Grecia sorride. In parallelo all’operazione tedesca, Unicredit ha consolidato la sua presenza in Alpha Bank, dove ora controlla il 26% del capitale, includendo anche derivati che saranno convertiti una volta ottenute le autorizzazioni regolamentari. “Un’area chiave per la crescita della nostra attività, con risultati oltre le aspettative”, ha dichiarato Andrea Orcel, ringraziando il governo greco “per l’accoglienza e il dialogo costruttivo”.

Un risiko che ridisegna la finanza europea

Il quadro che emerge è quello di una finanza italiana che si muove con aggressività in due direzioni. Da un lato Siena, sostenuta da Delfin e forse dall’ombra di Caltagirone, prova a mettere le mani su Mediobanca e a riscrivere gli equilibri di potere a Milano. Dall’altro Unicredit, con Orcel in cabina di regia, prova a diventare player paneuropeo sfidando apertamente Berlino e consolidando il fronte greco.

Sono partite diverse, ma unite da una stessa logica: non più difesa ma attacco. La stagione dei piccoli passi sembra chiusa; ora dominano i colpi di scena, i rilanci, le mosse rapide che cambiano le carte in tavola. In questo scenario, la prossima settimana potrebbe segnare un passaggio decisivo: dal cda di Mps alle reazioni tedesche su Commerzbank, passando per le manovre di Caltagirone.

Il risiko bancario è tornato protagonista, e questa volta l’Italia non si limita a osservare: è al centro della partita.

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