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Mirafiori riapre i motori, ma la 500 ibrida non basta a rassicurare

- di: Marta Giannoni
 
Mirafiori riapre i motori, ma la 500 ibrida non basta a rassicurare

Riparte la produzione a Torino, ma i conti dell’auto restano in bilico.

(Foto: la 500 ibrida).

La linea della nuova 500 ibrida a Mirafiori è stata accesa come un segnale di svolta per Torino e per l’automotive italiano. Da novembre 2025 lo stabilimento storico di Fiat, dopo anni di cassa integrazione e numeri in caduta, torna a riempire i turni con un modello di massa, con l’obiettivo dichiarato di arrivare a circa 100.000 vetture l’anno a regime. Secondo le informazioni diffuse tra fine novembre da Stellantis, entro la fine del 2025 saranno prodotte alcune migliaia di esemplari e dal 2026 scatteranno un secondo turno e nuove assunzioni di giovani addetti sulla linea.

Il messaggio è chiaro: Mirafiori non deve essere il simbolo di un tramonto industriale, ma di una ripartenza. Sul palco dell’evento torinese, il 25 novembre 2025, l’amministratore delegato di Stellantis per l’Italia, Antonio Filosa, ha rivendicato questa scelta come atto di fiducia nel Paese. “Vogliamo dimostrare che l’Italia può ancora contare nell’industria automobilistica europea”, ha spiegato, sottolineando che il gruppo sta rispettando gli impegni del cosiddetto Piano Italia, presentato un anno fa come base per rilanciare gli impianti nazionali.

Accanto a lui il presidente John Elkann, il responsabile del marchio Fiat Olivier François, il ministro delle Imprese Adolfo Urso, il presidente della Regione Piemonte e il sindaco di Torino. Una scenografia istituzionale molto densa, che però non cancella le domande: questa 500 ibrida basta davvero a mettere in sicurezza Mirafiori e, più in generale, il ruolo dell’Italia nella mappa dell’auto europea?

Mirafiori riparte, ma il confronto con il passato è impietoso

Il rilancio della fabbrica torinese ruota attorno a numeri che suonano incoraggianti rispetto agli ultimi anni, ma modesti se paragonati alla storia del sito. Stellantis ha indicato come obiettivo un incremento della capacità produttiva di circa 100.000 unità annue, un traguardo che per Torino sarebbe un passo avanti sensibile dopo anni di utilizzo ridotto degli impianti.

Negli anni d’oro, però, Mirafiori produceva volumi molte volte superiori. Oggi il sito sopravvive in un contesto di consolidamento globale, in cui i gruppi internazionali concentrano piattaforme e modelli in pochi poli industriali. La 500 ibrida, insomma, è una boccata d’ossigeno, non un ritorno al passato.

Per rendere più visibile il segnale di ripartenza, Stellantis ha avviato anche il cantiere per la riqualificazione della storica Palazzina di Mirafiori, con riapertura prevista nel 2027 come spazio direzionale e simbolico del gruppo. Ma la domanda che aleggia tra lavoratori e sindacati è meno evocativa e più concreta: quanti anni di lavoro garantisce davvero questo modello, e con quali livelli occupazionali?

Le organizzazioni sindacali, presenti alla cerimonia, lo hanno ricordato con chiarezza: “La 500 ibrida arriva dopo mesi di mobilitazione dei lavoratori, ora servono continuità produttiva e nuovi investimenti”, hanno commentato, sottolineando che la partita non può chiudersi con un solo modello di transizione.

Una scommessa ibrida in un mercato confuso

La scelta di puntare su una 500 ibrida e non su una versione esclusivamente elettrica è figlia di un contesto di mercato tutt’altro che lineare. I dati dell’Associazione europea dei costruttori di automobili (ACEA) diffusi il 25 novembre 2025 mostrano che nei primi dieci mesi dell’anno le immatricolazioni di auto nuove nell’Unione europea sono cresciute dell’1,4% rispetto allo stesso periodo del 2024, con ottobre ancora in lieve progresso. Nello stesso arco di tempo le auto elettriche a batteria (BEV) hanno raggiunto il 16,4% di quota sul mercato UE, in aumento rispetto al 13,2% dell’anno precedente, mentre le ibride tradizionali e plug-in superano complessivamente un terzo delle vendite.

Il quadro sembrerebbe positivo, ma il rovescio della medaglia è che i volumi complessivi restano inferiori ai livelli pre-pandemia e la spinta all’elettrico non procede ovunque alla stessa velocità. In un’analisi pubblicata a fine novembre 2025, diversi osservatori di settore ricordano che, nonostante il boom di alcuni marchi e di alcuni Paesi, la domanda reale di elettriche resta fragile e spesso sostenuta da incentivi o da immatricolazioni “interne” delle case per centrare gli obiettivi di CO₂.

In Italia il ritardo è evidente. Secondo i dati resi noti il 10 novembre 2025 dal gruppo di analisi Autovista, le immatricolazioni di auto elettriche pure a ottobre sono aumentate del 24,9% rispetto all’anno precedente, ma la quota di mercato si è fermata al 5% del totale, la più bassa tra le principali alimentazioni. Un rapporto di inizio novembre sul mercato europeo delle auto conferma che, nei primi tre trimestri del 2025, la quota BEV in Italia non supera il 5,2%, a fronte di percentuali ben più elevate in Germania, Regno Unito e Francia.

In questo scenario la 500 ibrida è la risposta “di mezzo” di Stellantis: un’auto che promette consumi contenuti e minori emissioni rispetto a un benzina tradizionale, ma senza i costi di acquisto e le incertezze infrastrutturali legate all’elettrico puro. È una scelta tattica, più che strategica: intercettare oggi la domanda reale del mercato italiano, restando però agganciati alla narrativa della transizione green.

L’Europa corre (a metà) sull’elettrico, l’Italia arranca

I numeri diffusi da ACEA e dalle principali società di ricerca dimostrano che il cuore della transizione elettrica batte altrove. Nel 2025 la quota BEV ha superato il 18% in Germania e Francia, ed è arrivata oltre il 22% nel Regno Unito, mentre l’Italia rimane in coda. Le differenze non riguardano solo le politiche di incentivo, ma soprattutto redditi, infrastrutture di ricarica e fiducia dei consumatori.

Una parte del settore automobilistico europeo, specie in Germania, ha iniziato a parlare apertamente di “domanda artificiale”, spinta più dalla necessità di rispettare target ambientali che da una reale adesione dei clienti alla mobilità elettrica. A fine novembre 2025, l’associazione dei concessionari tedeschi ha segnalato che una quota rilevante delle nuove elettriche è immatricolata dalle stesse case e dalle reti di vendita, per poi finire sul mercato dell’usato quasi subito.

Se i grandi gruppi spingono su elettrico e ibride per motivi regolatori e di immagine, molti automobilisti restano prudenti. Qui si inserisce la 500 ibrida di Mirafiori: auto da città, marchio popolare, prezzo più accessibile rispetto a molte BEV e nessun vincolo di colonnine. È la declinazione industriale di un compromesso: si riducono consumi ed emissioni rispetto a una vettura solo benzina, ma senza rompere con il motore termico.

La domanda è se questo compromesso basterà a dare stabilità a lungo termine allo stabilimento torinese e all’intera filiera italiana. La risposta, guardando ai trend europei, è tutt’altro che scontata.

Le pressioni su Bruxelles e il nodo delle regole

Sul palco di Mirafiori, accanto all’orgoglio per il nuovo modello, non è mancata la polemica sulle regole europee. John Elkann ha ribadito la necessità di «un’altra strada» rispetto a una transizione tutta centrata sulle scadenze del 2035 per lo stop ai motori endotermici. In sostanza, Stellantis chiede un’applicazione meno rigida delle norme, che tenga conto del passo reale dei consumatori e della competitività con Cina e Stati Uniti.

Il ministro Urso, dal canto suo, ha rivendicato il ruolo dell’Italia nel cercare di modificare le politiche comunitarie sulla mobilità. “Non possiamo permetterci che l’industria automobilistica italiana venga smantellata pezzo per pezzo”, ha ammonito, indicando il 10 dicembre come data cruciale per i nuovi confronti in sede europea.

Dietro le parole, però, c’è un problema più ampio: l’Europa appare divisa tra chi spinge per un’accelerazione sull’elettrico, chi chiede di rallentare e chi, come l’Italia, rischia di arrivare fuori tempo massimo su entrambe le frontiere: quella della decarbonizzazione e quella della competitività industriale. Il caso Mirafiori finisce così per diventare un piccolo laboratorio: un modello ibrido che prova a tenere insieme obiettivi ambientali, richiesta reale e difesa dell’occupazione.

Occupazione, giovani e incognite sulla durata del rilancio

Uno dei passaggi più sottolineati da Stellantis riguarda l’occupazione. Dal febbraio 2026 è previsto l’ingresso di circa 400 giovani in fabbrica e, da marzo, l’avvio di un secondo turno. In una città che ha vissuto decenni di ridimensionamento industriale, la notizia ha un peso simbolico notevole.

Ma le organizzazioni dei lavoratori invitano alla prudenza. La memoria delle ristrutturazioni degli ultimi anni, con lunghi periodi di cassa integrazione e l’incubo delle delocalizzazioni, non si cancella con un singolo annuncio. “Il rilancio di Mirafiori è positivo, ma non può reggersi su un solo modello. Servono una strategia chiara e garanzie di lungo periodo”, è la sintesi di molte sigle sindacali presenti all’iniziativa torinese.

Anche sul fronte degli indotti e della filiera componentistica le domande aperte sono numerose. La transizione verso motorizzazioni ibride ed elettriche modifica profondamente il tipo di fornitori coinvolti e il valore aggiunto prodotto sul territorio. Senza politiche industriali più esplicite — su ricerca, batterie, software, servizi connessi — il rischio è che Mirafiori si limiti a montare vetture progettate altrove, con una ricaduta limitata sull’economia locale.

La partita industriale di Stellantis in Europa

Il contesto generale del gruppo è, per ora, favorevole. Secondo dati diffusi da ANSA e da diverse agenzie finanziarie il 25 novembre 2025, Stellantis ha aumentato le vendite in Europa a ottobre di circa il 4,6%, mantenendo una quota di mercato intorno al 14-15% e confermandosi tra i primi due costruttori del continente. Nelle presentazioni agli investitori il gruppo ha più volte rivendicato la leadership nel segmento ibrido in vari mercati europei.

Questi risultati, però, convivono con un quadro competitivo in rapida evoluzione: l’ingresso massiccio dei costruttori cinesi a basso costo, il rallentamento di alcuni campioni dell’elettrico e il rischio di nuove tensioni commerciali tra Europa, Stati Uniti e Cina. In questo puzzle, la carta italiana è importante ma non decisiva: se Mirafiori funziona, sarà un tassello utile del portafoglio europeo di Stellantis; se dovesse rallentare, la tentazione di spostare volumi su altri impianti non scomparirà.

Per questo, al di là della legittima soddisfazione per le nuove linee, guardare a Mirafiori con occhi solo entusiasti sarebbe ingenuo. L’apertura della 500 ibrida è una prova di fiducia, ma anche un test severo sulla capacità dell’Italia di restare dentro il perimetro delle grandi produzioni automotive.

Rinascita o ultimo giro di giostra?

La ripartenza di Mirafiori con la 500 ibrida non è uno spot, ma non è nemmeno una garanzia. È un passaggio intermedio di una trasformazione più ampia, in cui il baricentro tecnologico, regolatorio e industriale dell’auto si sposta rapidamente.

Da un lato, Torino riacquista centralità, almeno nel racconto: nuovi turni, assunzioni, riapertura della Palazzina storica, un modello iconico che torna a essere prodotto in casa. Dall’altro, il mercato europeo resta sotto i livelli pre-Covid, la transizione elettrica procede a velocità diverse e l’Italia continua a inseguire, con una quota di elettriche che fatica a superare il 5%.

La 500 ibrida può essere interpretata come un ponte: concede tempo all’industria e ai consumatori italiani, riequilibra l’utilizzo di uno stabilimento simbolo, manda un segnale politico a Bruxelles. Ma un ponte, per definizione, serve a raggiungere un’altra sponda. Senza una strategia chiara su elettrico, infrastrutture, ricerca e filiere, rischia di restare sospeso a metà.

Per ora Mirafiori riaccende le luci. Toccherà ai prossimi anni stabilire se questa è l’anticipazione di una nuova stagione dell’auto italiana o semplicemente l’ultimo giro di giostra di una storia gloriosa che non ha ancora trovato il suo vero capitolo successivo.

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