Migranti: la sentenza di Catania aiuta Giorgia Meloni

- di: Redazione
 
Può anche apparire una forzatura, ma Giorgia Meloni dovrebbe - ovviamente in modo riservato - fare arrivare un biglietto di ringraziamento al magistrato di Catania che ha disposto la scarcerazione di tre tunisini, detenuti per ingresso irregolare in Italia, dopo precedenti provvedimenti di espulsione. con delle motivazioni che, oggettivamente, sono da elogiare per la grossa dose di fantasmagoria che ne sono alla base.
In questo momento, in cui l'Italia si sente (a torno o a ragione) sotto scacco da parte dell'Europa nella delicata gestione del dossier migranti, una sentenza come quella di Catania consente al presidente del Consiglio (per non parlare di Matteo Salvini, sempre a caccia di argomenti e pretesti per proseguire nella sua campagna elettorale perenne) è un inatteso colpo di fortuna perché, da un punto di vista strettamente analitico, serve a spostare il peso del dibattito dalle misure adottate contro il fenomeno e sulla loro efficacia ad un clima avverso che parti delle Istituzioni starebbero determinando intorno al Governo.

Migranti: la sentenza di Catania aiuta Giorgia Meloni

Per semplificare il ragionamento, la sentenza del magistrato di Catania (motivata con riferimenti che non possono afferire ad un giudice, trattandosi di argomenti di politica internazionale) fornisce al presidente del consiglio la possibilità per potere alimentare la sua tesi che il governo è sotto attacco, è al centro di un complotto che, almeno sino ad oggi, è tale solo agli occhi dell'esecutivo.
Perché se i nostri conti vanno male e la Nadef sembra essere stata concepita per esporsi alle critiche di chi l'accusa di non essere connessa alla realtà, di complotto non è che ci sia traccia. Certo è che la situazione è difficile e che le soluzioni non sembrano a portata di mano, ma forse pensare ad una Internazionale anti-Meloni non è una ipotesi fondata.

Ma tornano alla sentenza di Catania è di tutta evidenza che al fenomeno delle migrazioni irregolari il governo non ha potuto dare soluzioni efficaci. In ogni caso, quel ''nuovo modello'' promesso in campagna elettorale si è andato a sbriciolare davanti all'enormità del problema e all'egoismo d fondo degli altri partner europei, sempre pronti a darci lezioni, ma che intanto serrano le frontiere e ci rimandano quelli che, migranti, arrivano dall'Italia e non sono bene accetti.
Le parole forti che Giorgia Meloni ha usato per esprimere la sua sorpresa per la decisione del magistrato di Catania (contro cui i media di area hanno scatenato un fuoco di fila di accuse) chiariscono lo stato d'animo del presidente del consiglio e, quindi, il suo pensiero su quanto, a suo avviso, sta accadendo intorno al governo: ''Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili ('le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività') rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto''.

Se è certo che il governo tunisino è stato democraticamente eletto (sul clima delle votazioni si potrebbe eccepire qualcosina), lo è altrettanto che il magistrato ha trovato una giustificazione alla sua decisione in argomenti a dir poco singolari, che comunque non cancellano la preoccupazione per la sorte di un popolo storicamente vicino a quello italiano.
Ma se per giustificare una scarcerazione, che pare essenzialmente per motivi umanitari che non di diritto, si fa ricorso a delle considerazioni a dir poco irrituali, la rabbia manifestata da Giorgia Meloni, oltre ad essere giustificata, è anche un modo per sviare l'attenzione sulla sostanza del problema: i migranti, che sarebbero dovuti essere bloccati nei luoghi di partenza, secondo la narrazione pre-elettorale della Destra, continuano a arrivare a migliaia in casa nostra.
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