Il 9 luglio finisce la tregua tariffaria Usa, mentre l’Opec+ decide un aumento di produzione oltre le attese. I mercati aspettano la Fed, ma i segnali sono già chiari.
Si apre una settimana decisiva per gli equilibri economici internazionali
Da una parte, la scadenza della tregua tariffaria di 90 giorni decisa da Donald Trump lo scorso 9 aprile. Dall’altra, la decisione dell’Opec+ – ufficializzata il 6 luglio – di incrementare la produzione di petrolio più del previsto. Due eventi scollegati, ma che sommandosi spingono i mercati in un territorio d’incertezza: l’unico antidoto sarà la capacità delle banche centrali di dosare parole e aspettative.
Dazi, conto alla rovescia: cosa succede il 9 luglio
Il 9 luglio termina ufficialmente la tregua commerciale lanciata dagli Stati Uniti tre mesi fa, un cessate il fuoco che aveva congelato per 90 giorni l’introduzione di nuove tariffe sulle importazioni da partner strategici. Finora, Washington ha firmato solo due accordi bilaterali – con Regno Unito e Vietnam – e non è chiaro se riuscirà a concludere intese più ampie con Unione Europea, Corea del Sud e India.
All’interno dell’amministrazione Usa si discute l’ipotesi di una proroga tecnica. Ma la Casa Bianca – ora orientata a usare i dazi come leva permanente di pressione – potrebbe limitarsi a un accordo quadro generico, utile più a rinviare le decisioni che a risolvere le frizioni.
Un ritorno all’inasprimento tariffario, però, avrebbe effetti immediati sulle catene globali: l’Europa teme un colpo secco ai settori auto, chimica e agroalimentare, già in rallentamento. L’indice Sentix sulla fiducia degli investitori, che sarà pubblicato lunedì 7, darà il polso dell’attesa.
Petrolio: l’Opec+ alza la produzione di 548mila barili al giorno
La sorpresa è arrivata domenica 6 luglio, al termine della riunione dell’Opec+ a Vienna: l’alleanza guidata da Arabia Saudita e Russia ha deciso di aumentare la produzione di greggio per il mese di agosto di 548mila barili al giorno, superando le stime iniziali di 411mila. La decisione segna un’accelerazione del processo di riassorbimento dei tagli straordinari decisi durante la pandemia.
Il messaggio politico è chiaro: “l’Arabia Saudita non intende più sostenere da sola il taglio dell’offerta”, e spinge per un riequilibrio tra membri, soprattutto dopo le pressioni di Mosca per recuperare quote di mercato.
Finora il prezzo del Brent è rimasto stabile (attorno ai 72-74 dollari al barile), ma gli analisti ritengono che l’aumento dell’offerta potrebbe tradursi in un eccesso di greggio già entro settembre. “Se la domanda non tiene, il rischio è di tornare a livelli pre-2021”, ha commentato l’economista energetico Amrita Sen.
Attesa per la Fed e gli altri indicatori chiave
La settimana è densa anche sul fronte monetario. Martedì 8 luglio esce l’indice Nfib sulla fiducia delle piccole imprese americane, dato sempre molto osservato per intuire lo stato reale del ciclo. Ma l’appuntamento centrale resta quello di mercoledì 9, quando la Federal Reserve pubblicherà i verbali della riunione di giugno: il mercato cercherà segnali su eventuali cambi di passo, in caso di rallentamento o nuova volatilità.
A livello europeo, la Banca centrale europea sarà attiva con numerosi interventi: tra lunedì e giovedì sono attesi discorsi di Joachim Nagel e Robert Holzmann, seguiti da Cipollone e Villeroy de Galhau. Tutti chiamati a rispondere a un quadro globale che si complica, in presenza di tensioni commerciali e segnali misti sull’inflazione.
Nel frattempo, giovedì 10 luglio l’Italia pubblicherà il dato sulla produzione industriale di maggio: un test importante per capire se il secondo trimestre può chiudersi con una mini-ripresa, dopo un primo trimestre piatto.
Venerdì e sabato: il Regno Unito pubblica il Pil, la Cina i dati sul commercio
La settimana si chiuderà con due dati strategici. Venerdì 11 luglio sarà pubblicato il Pil britannico di maggio, che offrirà una prima lettura sulla capacità dell’economia inglese di reggere dopo la stretta monetaria della Bank of England.
Sabato 12, invece, tocca alla Cina: Pechino pubblicherà i dati sulle esportazioni, importazioni e sul saldo della bilancia commerciale. L’andamento del commercio estero cinese è osservato con attenzione dopo i segnali contrastanti di aprile e maggio, e potrebbe anticipare un eventuale cambio di rotta nella politica industriale di Xi Jinping.
Tensioni incrociate, serve una rotta
Il paradosso è che i due eventi più rilevanti – dazi e petrolio – potrebbero annullarsi a vicenda. Se i dazi tornano, i prezzi dei beni importati salgono. Se l’offerta di greggio aumenta, invece, le pressioni inflazionistiche si attenuano. Ma per i mercati, il vero nodo è l’incertezza.
Una Fed più attendista potrebbe offrire margine. Ma senza una risposta chiara su commercio e energia, le prossime settimane rischiano di essere dominate da reazioni nervose e improvvise. L’estate, per ora, è solo nel calendario: sui mercati, il clima è tutto da decifrare.