Mense scolastiche, Cittadinanzattiva: Basilicata la più cara, Sardegna la più economica

- di: Barbara Leone
 

84 e 85 euro al mese: è quanto una famiglia ha speso in media nell’anno scolastico in corso per la mensa di un figlio iscritto rispettivamente alla scuola dell’infanzia e alla primaria. Si tratta di 4,20 e 4,26 euro a pasto. La regione mediamente più costosa è la Basilicata (109€ mensili) mentre quella più economica è la Sardegna (61€ nell’infanzia e 65€ per la primaria). L’incremento rispetto alla precedente indagine, riferita al 2022/23, è stato di oltre il 3%, ma le variazioni sono molto differenti a livello regionale: in Calabria si registra un aumento di oltre il 26%, mentre in Umbria la riduzione più evidente di circa il 9%.  A livello di singoli capoluoghi di provincia, sono le famiglie di Barletta a spendere di meno per il singolo pasto (2€ sia per l’infanzia che per la primaria) mentre per l’infanzia si spende di più a Torino (6,60€ a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40€).  Fra le città metropolitane, soltanto Roma rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,32€ in entrambe le tipologie di scuola.

Mense scolastiche, Cittadinanzattiva: Basilicata la più cara, Sardegna la più economica

Questi i dati che emergono dalla VII Indagine sulle mense scolastiche con la quale Cittadinanzattiva - organizzazione fondata nel 1978 che promuove l’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni, il sostegno alle persone in condizioni di debolezza - ha preso in esame le tariffe di tutti i 110 capoluoghi di provincia sia per la scuola dell’infanzia che per la primaria. È inoltre presente una disamina dei fondi messi a disposizione con il PNRR nei vari territori. I materiali sono disponibili sul nostro sito web. “Da anni chiediamo che la ristorazione scolastica diventi un servizio pubblico essenziale, e fra le raccomandazioni previste anche dal ‘Piano di Azione nazionale per l’attuazione della garanzia infanzia’ vi è quella di rendere il pasto scolastico gradualmente gratuito per tutti, partendo dai bambini e dalle bambine che vivono in famiglie in povertà assoluta. Una condizione che purtroppo accomuna sempre più minori: il 4,9% dei minori di 16 anni è in condizione di deprivazione alimentare e il 2,5% non può permettersi un pasto proteico al giorno”, dichiara Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva. “Nel frattempo riteniamo prioritario che la Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, insieme a tutti gli stakeholder interessati compresi gli utenti, avvii una indagine conoscitiva per individuare un piano di interventi su aspetti quali: qualità e costo delle derrate alimentari, filiera di approvvigionamento, rispetto dei menù, ruolo delle Commissioni Mensa, fasce di agevolazione nelle tariffe, sistema degli appalti, condizioni lavorative del personale addetto, rispetto dei CAM, monitoraggio dei programmi pubblici mense bio e frutta e verdura a scuola, progetti di educazione all’alimentazione corretta”.

Secondo l’Anagrafe nazionale, un terzo degli edifici scolastici, ossia 13.533 su 40160, sono dotati di locale mensa. La distribuzione però non è omogenea, in quanto nelle Regioni del Sud poco più di un edificio su cinque dispone di una mensa scolastica (al Centro è il 41% e al Nord il 43%) e la quota scende al 15,6% in Campania e al 13,7% in Sicilia. La regione con un numero maggiore di scuole dotate di mensa è la Valle d’Aosta (72%), seguita da Piemonte, Toscana e Liguria dove è presente in 6 edifici su 10. In Puglia, Abruzzo e Lazio sono presenti in un edificio su quattro. Il PNRR non viene incontro alle esigenze delle scuole del Sud, almeno non nella misura sperata. Su 1052 interventi previsti e 600 milioni di fondi stanziati, il Sud riceve – da graduatorie di giugno 2023, le ultime disponibili – la metà delle risorse, contro il 58% previsto da piano originario.  Inoltre, sul totale degli interventi previsti a livello nazionale, poco più della metà (541 su 1052) prevede la costruzione di nuovi locali mensa; per il 21% si tratta di interventi di demolizione, ricostruzione ed ampliamento e per il 28% di riqualificazione, riconversione e messa in sicurezza di spazi e mense preesistenti.

Il Ministero dell’Agricoltura fin dal 2017 ha istituito un fondo destinato a ridurre i costi a carico dei beneficiari del servizio di mensa scolastica biologica e a realizzare iniziative di informazione e promozione nelle scuole e di accompagnamento al servizio di refezione. Dai 4 milioni erogati alle Regioni/Province autonome nel 2017, si è passati nel 2018 e 2019 a ben 10 mln, per poi scendere nel 2020/2023 a 5mln per ogni anno. A fronte del calo delle risorse, è aumentato il numero di pasti erogati - dai 30.617.849 del 2022 ai 37.973.727 del 2023: ciò vuol dire che la percentuale di contributo per pasto è sensibilmente diminuita, passando da €0,16 del 2022 a €0,13 nel 2023, rendendo di fatto non più sostenibile il pasto biologico, soprattutto in alcune realtà.

Oltre alla richiesta di una Indagine conoscitiva a cura della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, l’organizzazione propone innanzitutto di riconoscere le mense scolastiche come servizio pubblico essenziale e nel frattempo: impedire qualsiasi forma di esclusione dai bambini le cui famiglie siano in condizioni di povertà; contrastare i casi di morosità ingiustificata; uniformare le tariffe minime e massime, almeno per aree territoriali del Paese (Nord, Centro e Sud). Ed ancora: predisporre un piano quinquennale, successivo al PNRR per costruire nuove mense e arrivare a garantire il tempo pieno, a partire dalla scuola primaria e soprattutto nelle aree del Sud, in quelle interne e ultra-periferiche del Paese.  Favorire, inoltre, la diffusione delle Commissioni Mensa con la presenza al loro interno di almeno un genitore di bambini che utilizzano le diete speciali. Occorre individuare procedure e strumenti specifici ma comuni a tutti i territori, per poter avviare una valutazione del servizio su tutto il territorio nazionale con indicatori di rilevazione comuni e valorizzare le buone pratiche esistenti. Rendere poi gli studenti protagonisti dell’educazione alimentare e dei corretti stili di vita, mettendoli al centro dei percorsi formativi in ambito scolastico affinché diventino essi stessi informatori di salute presso i loro coetanei e le proprie famiglie. E infine, eliminare dai distributori automatici delle scuole il cibo spazzatura, ed inserire solo prodotti freschi e naturali, possibilmente locali.

La famiglia di riferimento per l’indagine targata Cittadinanzattiva è composta da tre persone (due genitori e un figlio minore), ha un reddito lordo annuo di € 44.200, con corrispondente ISEE di € 19.900. Nel calcolo della quota annuale del servizio di ristorazione scolastica si è ipotizzata una frequenza di 20 giorni mensili per un totale di 9 mesi escludendo eventuali quote extra annuali e/o mensili. Il Trentino Alto Adige non è presente nell'indagine, poiché le due province autonome calcolano le tariffe su indicatori diversi dall’Isee e non comparabili con le altre regioni.

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