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Meloni: “Con Kiev ma senza soldati. Pronti al riconoscimento della Palestina, ma non con Hamas”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Meloni: “Con Kiev ma senza soldati. Pronti al riconoscimento della Palestina, ma non con Hamas”

Alla vigilia del Consiglio europeo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni definisce in Parlamento la linea italiana su Ucraina, Medio Oriente e governance Ue. “Con Kiev, ma non con l’invio di soldati”, ribadisce, segnando continuità con la posizione italiana già espressa nei vertici Nato. E sull’altro grande dossier internazionale aggiunge: “Pronti a riconoscere lo Stato di Palestina, ma senza Hamas nella futura governance”.

Meloni: “Con Kiev ma senza soldati. Pronti a riconoscere Palestina”

Nel passaggio dedicato alla guerra russo-ucraina Meloni difende l’architettura multilivello dell’assistenza a Kiev, ma frena su ipotesi di missioni militari europee: “Ognuno contribuisce secondo le proprie possibilità. L’Italia non invierà truppe”. Una puntualizzazione che arriva mentre a Bruxelles si discute del coordinamento dei nuovi aiuti e dell’utilizzo degli asset russi congelati: su questo punto Roma chiede “rispetto del diritto internazionale” e della “sostenibilità per i singoli bilanci nazionali”. Tradotto: sì al sostegno, ma senza impegnare il Tesoro italiano in garanzie illimitate.

Medio Oriente: riconoscimento condizionato

Sul fronte mediorientale la premier lega il possibile riconoscimento dello Stato di Palestina a una condizione precisa: “Nessun ruolo per Hamas”. La formula viene presentata come equilibrio tra legittimazione dell’aspirazione palestinese e una cornice di sicurezza per Israele. Nel messaggio c’è anche la regia diplomatica italiana: “La pace non nasce dai gesti unilaterali ma da un percorso credibile”. È lo stesso schema con cui l’Italia si è mossa negli ultimi mesi: aiuti umanitari, pressione sui mediatori regionali e nessuno sdoganamento politico dell’organizzazione islamista.

Clima e Green Deal: “L’Ue cambi rotta o voteremo no”

La premier porta poi il confronto sul terreno europeo: “L’Unione Europea deve cambiare approccio sul clima, altrimenti l’Italia voterà no”. Nel mirino non le finalità, ma l’impianto regolatorio, percepito come rigido e penalizzante per industria e filiere strategiche. Meloni insiste sulla “neutralità tecnologica” – più volte richiamata anche nei negoziati su auto e biocarburanti – e avverte che su dossier centrali “la scelta non può essere forzata a maggioranza: l’Europa va avanti solo all’unanimità”. È un chiaro messaggio alla proposta di riformare le regole del voto in Consiglio.

La cornice politica interna
Il passaggio più teso è quello dedicato allo scontro con le opposizioni. Meloni rivendica l’uscita dell’Italia “dalla procedura di infrazione in cui l’attuale opposizione ci ha portati durante il Covid”, accusando PD e M5S di aver “usato la flessibilità per sprechi di ogni genere”.
Poi, la polemica sul caso Ranucci: “Su Ranucci fango da Schlein e lo paga l’Italia. Sono parole gravissime, la libertà non è a rischio”. Una replica diretta alla segretaria dem, con sottotesto istituzionale e identitario.

La risposta delle opposizioni
Dal Movimento 5 Stelle la replica è frontale: “Sei la cheerleader di Trump”, dicono i pentastellati, accusando la premier di allineamento all’amministrazione americana sulla politica internazionale. Il PD sceglie toni più istituzionali ma critica la “rigidità” italiana sul dossier clima e avverte che la linea su Kiev “resta sbilanciata sui fronti militari”.

Le risoluzioni parlamentari: maggioranza compatta
Sul piano procedurale prevale l’asse di governo: passa la risoluzione di maggioranza, insieme al testo presentato da Carlo Calenda, accolto con mano tesa dal governo come segnale di convergenza trasversale sulla postura internazionale. Il centrosinistra vota invece diviso e non compatto sulle alternative.

Che cosa porta l’Italia a Bruxelles
Il risultato finale è un mandato parlamentare che blinda la linea del governo su quattro pilastri:
sostegno a Kiev senza invio di truppe;
riconoscimento di uno Stato palestinese condizionato all’esclusione di Hamas;
no al voto a maggioranza sulle riforme Ue;

revisione del Green Deal in chiave industriale.

A Bruxelles, Meloni si presenterà dunque con una posizione già politicamente “definita”: atlantica ma attenta ai vincoli domestici, pro-Israele ma aperta alla prospettiva dei due Stati, europeista ma ostile a cessioni ulteriori di sovranità decisionali. Una postura di equilibrio che, nelle sue parole, “non è neutralità, ma responsabilità”.

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