Medio Oriente, l'ora più buia di Netanyahu: contro di lui il suo Paese e Biden

- di: Redazione
 
Benjamin Netanyahu, stretto tra le proteste popolari in patria che ne chiedono le dimissioni e le durissime parole che gli ha rivolto Joe Biden, che lo ha accusato di avere fatto poco per fermare il conflitto, sta vivendo l'ora più buia, stretto tra la linea dura che ha scelto e la consapevolezza che, per gran parte del Paese, è giunto il momento di un compromesso con Hamas. Che anche ieri ha alimentato l'odio verso di sé, pubblicando un video con le immagini dei sei ostaggi, i cui cadaveri sono stati scoperti dall'IDF, poco prima di essere giustiziati, dopo quasi un anno di prigionia.
Netanyahu è solo e sotto le pressioni internazionali, anche perché quelli che ritiene essere i suoi irrinunciabili alleati nel governo (quelli dell'estrema destra religiosa) gli stanno causando ulteriori problemi, spingendo verso l'inasprimento del confronto con i palestinesi.

Medio Oriente, l'ora più buia di Netanyahu: contro di lui il suo Paese e Biden

Il conflitto continua ad aggiornare i suoi numeri, anche se quelli forniti dal ministero della Sanità del governo di Hamas non possono avere verifiche. Secondo il movimento islamista, la guerra a Gaza ha provocato almeno 40.786 morti nei territori palestinesi, 48 delle quali solo nelle ultime 24 ore. Più certe le perdite di Israele: 1.205 persone e tra esse 33 erano ostaggi rapiti il 7 ottobre.
Ieri, con un intervento meno inatteso di quel che si possa pensare, il presidente statunitense Joe Biden ha attaccato frontalmente Netanyahu dicendo, seppure in risposta alla domanda di un giornalista, che il premier israeliano non sta facendo abbastanza per raggiungere un accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas. Per Biden comunque i negoziatori (con gli Stati Uniti nella mediazione sono impegnati anche Qatar ed Egitto) sono ''molto vicini'' a poter annunciare un accordo entro la settimana.

Parole che non sembrano avere scalfito le certezze del primo ministro israeliano che, anche ieri sera, ha dichiarato che Gerusalemme dovrebbe mantenere il controllo del corridoio al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto.
''Il raggiungimento degli obiettivi della guerra passa attraverso il Corridoio Philadelphia'', tra il piccolo territorio palestinese e l'Egitto. Per Netanyahu il controllo del corridoio ''garantisce che gli ostaggi non vengano fatti uscire di nascosto da Gaza, Non cederò alle pressioni''.
Ieri ci sono state in Israele molte manifestazioni per aumentare la pressione sul governo per ottenere il rilascio degli ostaggi, anche se lo sciopero generale indetto dal potente sindacato Histadrut non ha avuto il successo che speravano i suoi vertici, dopo che il tribunale del lavoro di Tel Aviv, ai quale si era rivolto Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze ed esponente dell'estrema destra, ha ordinato la fine immediata dello sciopero. Una decisione alla quale Histadrut ha aderito, chiedendo ai suoi iscritti di fermare la mobilitazione.

Ieri sera, comunque, Netanyahu, rivolgendosi con un discorso televisivo alle famiglie degli ostaggi, ha chiesto perdono ''per non averli riportati indietro vivi. Eravamo vicini ma non ci siamo riusciti. Questi assassini hanno giustiziato sei dei nostri ostaggi sparandogli alla testa''. Tesi che Hamas respinge attribuendo la morte degli ostaggi alle conseguenze di un bombardamento israeliano. Lunedì sera Hamas ha ripetuto le sue minacce, dicendo, per bocca del portavoce del suo braccio armato, le brigate Ezzedine al-Qassam, che gli ostaggi sarebbero tornati in Israele "nelle bare" se lo Stato ebraico avesse continuato la sua pressione militare nella Striscia di Gaza.
Intanto il il Regno Unito ha annunciato la sospensione di circa trenta licenze di esportazione di armi verso Israele su un totale di 350, citando il ''rischio'' che queste armi vengano utilizzate in violazione del diritto internazionale. Una decisione simbolica, poiché il volume dell'export di armi britannico verso Israele copre appena l'1% del totale.
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