Medio Oriente: l'attacco di Israele all'Iran apre nuovi scenari per il futuro della regione

- di: Redazione
 
L'attacco compiuto da Israele la scorsa notte contro l'Iran è stato, per intensità e obiettivi, quel che ci si aspettava, perché Gerusalemme doveva risponde al massiccio lancio di razzi di Teheran, ma senza per questo volere imprimere alle tensioni della regione l'impronta di un definitivo allargamento del conflitto.
Sono le sfaccettature ipocrite della diplomazia armata, in cui un gesto deve essere calibrato per non fargli valicare certi confini. Che, nel caso dell'attacco della notte scorsa, è stato duro, ma recando in sé il carattere della continenza, quasi per mostrare quel che si potrebbe fare di più e peggio. Un attacco ''moderato'' per evitare di innescare una catena di risposte e repliche dall'esito devastante, non solo sullo scenario del Medio Oriente.

Medio Oriente: l'attacco di Israele all'Iran apre nuovi scenari per il futuro della regione

Israele, quando vuole, sa ben distinguere gli obiettivi. Quelli scelti per l'attacco all'Iran (ma anche a strutture di milizie sciite in Iraq ed in Siria, armate e finanziate da Teheran) sono stati essenzialmente militari, per allontanare quanto più possibile il coinvolgimento di civili e, quindi, quasi costringendo l'autocrazia a replicare.
I bersagli degli aerei israeliani sono stati, all'incirca, una ventina e l'attacco - che, in Iran, ha riguardato obiettivi a Teheran, Karay, Mashad, Isfahan e Shiraz - è stato messo a segno dapprima preparando (con la neutralizzazione dei sistemi radar) una ''corsia'' in cui i caccia-bombardieri si sono infilati, poi, con varie ondate, colpendo soprattutto stazioni di puntamento radar e lanciatori di missili.

Da quel che si è saputo, tutti gli aerei con la Stella di David sono tornati indenni alle loro basi, confermando una superiorità dei cieli che è uno dei capisaldi dalla strategia militare di Gerusalemme.
Molti più aerei, meglio equipaggiati e con piloti con un addestramento di altissimo livello (anche grazie all'aiuto americano) sono il vero spauracchio di Teheran che, come sempre, fa la voce grossa, minacciando durissime rappresaglie, ma solo per dare una risposta mediatica all'affronto subito e non invece con la precisa volontà di restituire l'offesa.

Cosa potrebbe accadere in futuro, sia quello prossimo che di medio periodo, è difficile da comprendere, perché l'attacco del 7 ottobre di Hamas e la devastante risposta di Israele, che sta coinvolgendo i civili, facendone quotidiana strage, non hanno una soluzione che non sia di compromesso. Ma, davanti al diniego di Israele e dell'arcipelago dei suoi avversari (Hezbollah, Hamas, Houti, milizie filo-iraniane in Iraq e Siria, oltre alla stessa Teheran) di accettare di fare delle concessioni, lo stato di belligeranza rischia di prolungarsi, con un bilancio definitivo di morti e distruzione sempre più incalcolabile.

Ma quali concessioni fare senza perdere la faccia?
È questo il cuore del problema. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, sta capitalizzando politicamente il conflitto che, grazie alla dura risposta di Israele, gli sta facendo recuperare consenso. Ma non al punto da eliminare le accuse che gli vengono mosse, cioè servirsi della guerra per proseguire a governare, anche a costo di cristallizzare lo sforzo per fare tornare a casa gli ostaggi israeliani. E poco valgono le critiche che gli vengono mosse proprio in queste ore, che sembrano ''prendere atto'' che l'attacco all'Iran era, in fondo, quello che il primo ministro si era prefisso sin dall'inizio, per regolare i conti con il nemico, forse il suo desiderio sin dall'inizio delle ostilità.

Teheran sembra non volere reagire, nella consapevolezza che se lo facesse correrebbe un rischio altissimo, posto che Israele ha dimostrato di colpire quando e dove vuole. Ma, allo stesso tempo, deve lanciare un segnale, probabilmente affidato alla diplomazia e non alle armi.
In questo panorama Hezbollah e Hamas sembrano essere un corollario, un fattore che, sebbene importante, è ormai passato in secondo piano, e non soltanto perché Israele, dopo lo smacco all'intelligence della sorpresa del 7 ottobre dello scorso anno, ha sterminato i vertici, ma anche i quadri di comando militare dei due gruppi.
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