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Made in Italy in trincea negli Usa: export in difficoltà

- di: Alberto Venturi
 
Made in Italy in trincea negli Usa: export in difficoltà

La pubblicazione dei dati sul commercio estero statunitense, arrivata con oltre un mese di ritardo a causa dello shutdown federale, offre la prima radiografia completa dell’effetto dei dazi sul made in Italy. Ad agosto — primo mese in cui l’aliquota per i prodotti europei è salita dal 10% al 15% — le importazioni americane dall’Italia hanno segnato una flessione del 17% rispetto allo stesso mese del 2024 e del 26% rispetto a luglio 2025.

Made in Italy in trincea negli Usa: export in difficoltà

Un arretramento che pesa, soprattutto perché colpisce aree storicamente solide dell’export italiano come la meccanica strumentale, i macchinari per l’industria, la filiera dell’arredo-design e la componentistica ad alta precisione. Settori dove la competitività si regge su qualità e innovazione, ma che risentono in modo immediato di un improvviso aumento dei costi di ingresso.

Un deficit americano che continua a gonfiarsi
Il quadro macroeconomico degli Stati Uniti evidenzia una contraddizione che amplifica la portata dei nuovi dazi. Nei primi otto mesi del 2025 il deficit della bilancia commerciale USA ha raggiunto i 918,5 miliardi di dollari, un incremento vicino al 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una crescita trainata dalla corsa alle scorte osservata nei mesi che hanno preceduto l’entrata in vigore dei dazi: molte aziende statunitensi, in particolare nei comparti della distribuzione, dell’elettronica e dell’industria automotive, hanno anticipato gli acquisti dall’estero per aggirare — o almeno limitare — l’impatto delle nuove tariffe. Il risultato è stato un aumento anomalo delle importazioni nella prima parte dell’anno e, di riflesso, un irrigidimento dei flussi a partire da agosto, quando il nuovo regime tariffario è divenuto effettivo su larga scala.

Agosto ribalta i flussi: dazi subito visibili
L’effetto delle tariffe si riflette anche sull’andamento mensile della bilancia commerciale statunitense. In agosto, il disavanzo americano si è ridotto del 12% rispetto all’anno precedente e del 18% rispetto a luglio, segnando una delle contrazioni più marcate dell’ultimo quinquennio. La ragione è da ricercare nella brusca frenata delle importazioni europee. La Germania, secondo fornitore europeo per gli USA dopo l’Irlanda, registra un calo del 17% su base annua e del 13% mese su mese. Sommando i soli effetti combinati della contrazione delle importazioni da Italia e Germania, si stima che siano mancati all’economia americana circa 3,5 miliardi di dollari di beni nel mese di agosto, una cifra sufficiente a modificare sensibilmente l’equilibrio dei flussi commerciali.

Settembre migliora, ma non convince

Le rilevazioni nazionali di Italia e Germania mostrano a settembre un recupero parziale, con invii più sostenuti verso il mercato statunitense. Tuttavia, il rimbalzo appare più un fenomeno di natura tattica che un reale cambio di rotta. Le imprese europee hanno infatti accelerato le spedizioni per evitare rotture nelle catene di approvvigionamento, non perché si sia attenuato l’effetto dei dazi. Nel caso tedesco, l’export verso gli Stati Uniti rimane comunque in calo a doppia cifra rispetto a settembre 2024, segno che la domanda americana per i beni industriali europei continua a essere penalizzata dalla pressione tariffaria. Anche per il made in Italy la risalita non colma il gap aperto in agosto: i volumi restano inferiori alla media del 2024 e gli ordini, secondo le prime indicazioni delle associazioni di categoria, risultano più irregolari del consueto.

Le strategie delle imprese italiane
Il nuovo assetto tariffario sta costringendo molte aziende italiane a una revisione accelerata delle strategie di penetrazione del mercato statunitense. Alcune stanno valutando investimenti diretti negli USA per aggirare i dazi, altre stanno esplorando hub logistici e produttivi in Paesi non colpiti dalle nuove tariffe, come Messico o Canada, mentre una quota crescente si sta orientando verso accordi distributivi più stabili con partner locali per garantire continuità alla presenza commerciale oltreoceano. Nel frattempo, la concorrenza asiatica — in particolare Corea del Sud, Vietnam e India — tenta di intercettare gli spazi lasciati temporaneamente aperti dai produttori europei, offrendo alternative a prezzi più bassi e senza l’impatto dei nuovi dazi.

Una fase decisiva per il nostro export
In un contesto caratterizzato da volatilità dei flussi e regole tariffarie in continua evoluzione, la capacità del tessuto produttivo italiano di mantenere presidio e competitività nel mercato statunitense rappresenta la variabile chiave dei prossimi mesi. L’effetto dei dazi è già tangibile e rilevante, ma la traiettoria di medio periodo resta incerta. La sfida sarà duplice: difendere le quote di mercato consolidate negli ultimi anni e, parallelamente, evitare che il tonfo di agosto — mitigato solo in parte dal rimbalzo di settembre — si trasformi in una tendenza strutturale destinata a pesare sulla performance del made in Italy per l’intero 2025.

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