L'Italia seduta sul vulcano, in attesa del disastro

- di: Redazione
 
Grande popolo, quello italiano, perché, a dispetto della vulgata globale che ci descrive come passionali, incapaci di gestire le nostre pulsioni, sempre in attesa di esplodere per affidare alle grida la nostra rabbia, oggi è in rassegnata attesa che il vulcano, sulla cui sommità si è seduto, travolga tutto e tutti eruttando.
Grande popolo, il nostro, che aspetta con assuefazione che l'effetto della guerra in Ucraina (ma anche delle scelte fatte in passato in materia energetica che, giuste o sbagliate che fossero, condizionano il nostro presente) si abbatta sull'economia delle famiglie, che sarà devastata da aumenti delle bollette che calcoli prudenti fanno letteralmente schizzare.
Eppure rimaniamo tranquilli, perché sino a quando non vedremo con i nostri occhi i numeretti sulla bolletta ci abbandoniamo all'illusione che, alla fine, tutto si accomoderà, tutto tornerà al giusto posto e noi continueremo ad avere in tasca gli stessi euro di prima.

L'Italia vive la crisi con troppa superficialità

Un ragionamento che, più che ottimistico, è semplicistico perché non tiene conto del fatto che ormai, come Paese, possiamo prendere iniziative che hanno come confini lo stato della nostra economia, i conti pubblici e, infine, ma solo in ordine di elencazione, il nostro peso politico. Spieghiamo meglio.
Se l'Italia avesse fatto (magari ne avessimo la possibilità, nel quadro generale della nostra economia) quanto deciso dal governo tedesco state certi che tutti i partner europei avrebbero avuto a che ridire. Perché, fare quanto ha fatto la Germania (lanciare un fondo di aiuti di 200 miliardi di euro per alleviare i cittadini e le imprese dall'aumento dei costi energetici) ci avrebbe messo automaticamente all'indice dei nostri ''cari'' partner europei.
Quindi, uscendo dalle astrusità dei linguaggi della politica, il piano di Berlino (sostenuto dal cancelliere Olaf Scholz, dal ministro dell'Economia Robert Habeck e da quello delle Finanze Christian Lindner) - sintetizzato in un documento dall'ampolloso titolo di "Difesa economica contro le conseguenze della guerra di aggressione russa" - si traduce in uno strumento mirato a contenere i prezzi, aiutando le categorie economicamente di più fragili ed esposte (pensionati e famiglie), ma anche quelle produttive (imprese artigiane e industria).
A fare effetto, quindi, non sono le finalità dell'iniziativa del governo tedesco, quanto la forza economica che mette in movimento, perché 200 miliardi di euro sono un mare di soldi. E, a leggere quel numero, forse molti hanno pensato: se li avessimo anche noi, faremmo lo stesso. Invece non lo possiamo fare, perché i nostri conti sono drammatici, così come non aiutano le polemiche sullo scostamento di bilancio scoppiate in seno alla coalizione che ha vinto le elezioni e si prepara a governare. Che non è una misura inutile, dando al governo maggiore libertà di movimento in materia di misure per alleviare il disagio delle famiglie, ma è sicuramento un fardello che graverà sulle spalle di chi domani vivrà nel Paese.

Oggi la protesta per le bollette è affidata quasi esclusivamente alle categorie commerciali che pagano già molto di più che in passato i loro consumi energetici. Ma, confessiamolo, alla gente comune che protestino proprietari di bar o ristoranti importa poco o nulla, considerando da sempre la categoria mercantile come ammantata dal sospetto di lucrare sui mille rivoli del nostro sistema fiscale.
Ma quando le bollette finiranno nelle buche delle lettere delle famiglie sarà la fiammella che accende la miccia, sperando che sia a lenta combustione e non inneschi subito l'esplosione. In altri Paesi, già afflitti da pesanti situazioni economiche e che sanno di dovere affrontare un inverno durissimo, i rispettivi governi hanno pensato a giocare d'anticipo, adottando misure di ristoro immediato, ma cercando contestualmente di apportare modifiche al regime fiscale per alleviare il peso di un costo della vita sempre più elevato.

Quindi non come la Germania, che ha deciso di ''attingere'' alla propria solidità economica e industriale, ma come la Spagna che ha varato una riforma fiscale che tende una mano alle fasce intermedie dei contribuenti, posto che quelle più fragili sono già aiutate.
L'Italia invece sembra galleggiare in un limbo di incertezza, quando invece sarebbe il momento di decisioni coraggiose, che razionalmente non potrebbero essere rinviate, come ha deciso di fare Mario Draghi, a quando il nuovo governo sarà nella pienezza dei suoi poteri. Una posizione che rispetta il primato della politica, ma che forse, in questi tempi turbolenti, poteva anche essere diversa, tenuto conto che ogni giorno trascorso non decidendo è un giorno regalato alla speculazione e, purtroppo, alla povertà.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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