Nell'analisi Istat conferme sulla ripresa, ma anche qualche allarme

- di: Redazione
 
È un quadro tendenzialmente positivo quello che l'Istat dà del Paese, nell'analisi che ha fatto del terzo trimestre dell'anno, in cui il Prodotto interno lordo ha fatto registrare un deciso aumento (+2,6% la variazione congiunturale), di fatto confermando il trend del primo e del secondo trimestre, cioè proseguendo la fase di ''veloce ripresa dei ritmi produttivi''. Cosa che sta, poi, consentendo una ulteriore riduzione del gap rispetto ai livelli pre-crisi.

Istat dipinge un quadro positivo dell'economia italiana ma con qualche criticità

Insomma continua la corsa del Paese per recuperare le posizioni economiche che c'erano prima dell'esplodere della pandemia e del susseguente crollo di consumi e produzione.
A dare una spinta al raggiungimento dell'attuale posizione hanno contribuito la domanda nazionale (al netto delle scorte) e la componente estera netta, rispettivamente con 2,0 e 0,5 punti percentuali. Il miglioramento dell’economia ha riguardato tutti i settori, con un forte traino da parte dei servizi (+3,4% la variazione congiunturale) - segnatamente per i comparti del commercio, trasporto, alloggio e ristorazione - rispetto all’industria in senso stretto (+0,8%) e alle costruzioni (+0,6%).

A confortare la speranza di sempre migliori condizioni dell'economia ci sono anche i segnali provenienti dal clima di fiducia di famiglie e imprese, rimasta tra ottobre e novembre ai livelli massimi del periodo.
Un altro importante puntello allo sforzo per recuperare all'economia il ruolo che aveva prima della pandemia è rappresentato dalla ripresa degli investimenti.
Tutto bene? No, perché dall'analisi dell'Istat si rilevano, oltre ai positivi segnali sulla strada della ripresa, anche difficoltà strutturali che caratterizzano il sistema economico italiano.
''L’attuale composizione degli investimenti e del livello di istruzione degli occupati - si legge nel rapporto - presentano ancora ampie differenze rispetto a quelle dei principali Paesi europei e potrebbero rappresentare nel medio periodo un ostacolo alla crescita''. Quindi l'ennesima conferma che il gap di istruzione rispetto agli altri Paesi europei è ancora presente e condizionante e non mostra segnali sulla possibilità di colmare le differenze.

Importante l'incremento, nell'anno, della quota sul Pil del totale degli investimenti, che nel terzo trimestre ha raggiunto il 19,3%, un livello superiore di 1,4 punti percentuali rispetto alla media del 2019.
Questa quota però rimane inferiore rispetto a quella dei principali Paesi europei, in particolare per la componente degli investimenti in proprietà intellettuale, che comprendono la ricerca e sviluppo e il software.
Il quadro che resoconta il rapporto tra lavoratori e rispettivo titolo di studio evidenzia, ancora una volta, le sostanziali differenze in questo campo tra l'Italia e i principali Paesi europei.
Nel secondo trimestre del 2021, in Italia la quota di occupati tra i 25 e i 64 anni con titolo di istruzione terziaria (pari al 24,6%), è stata decisamente inferiore a quella di Spagna (46,5%), Francia (46,2%) e Germania (32,1%), anche se ha mostrato una crescita rispetto alla media del 2019 (23,4%).

In questo scenario, c'è una forte aspettativa riguardo al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza chiamato ''a fornire un significativo contributo sia con l’incremento della quota di investimenti, sia col favorire una ricomposizione a favore degli asset intangibili''.
Il quadro attuale di previsioni si basa comunque, su quella che viene definita ''una politica monetaria ancora accomodante'' e su una situazione sanitaria che non imponga l'adozione di misure quali il lockdown.
legate all’evoluzione della pandemia.

Se il 2021 confermasse tutte le premesse, il Pil - secondo l'Istat - segnerebbe un deciso rialzo rispetto al 2020 (+6,3%), grazie alla forte ripresa della domanda interna che, contribuirebbe positivamente per 6,0 punti percentuali e in misura più contenuta, dalla domanda estera netta (+0,3 punti percentuali).
Nel trimestre, i consumi delle famiglie in Italia hanno seguito un andamento simile a quello degli altri principali Paesi dell’area euro. La spesa delle famiglie ha segnato un forte aumento congiunturale nel terzo trimestre (+4,9%) di simile entità rispetto a quello dei tre mesi precedenti (+5,2%) sostenuto dalla ripresa degli acquisti di servizi (+8%) e beni semidurevoli (+4,7%). Le previsioni per il 2022 sono quelle di un ulteriore incremento dei consumi (+4,8%).

Grande attenzione viene riservata, nell'analisi dell'Istat, alle dinamiche dei prezzi e, quindi, dei processi inflattivi.
La variazione tendenziale dei prezzi al consumo si è attestata al 2,2% nel periodo luglio-settembre (+0,6% nel primo trimestre) per poi evidenziare un’ulteriore accelerazione nel bimestre ottobre-novembre (+3,4%), sostenuta anche dai rincari delle tariffe di luce e gas e dei prezzi dei trasporti.
Secondo l'Istat, ''le diffuse pressioni inflative dovrebbero proseguire nei prossimi mesi, prima di una loro attenuazione prevista nella seconda parte del 2022. Nella media del 2021, il deflatore della spesa per consumi finali delle famiglie è previsto in crescita dell’1,8% mentre il deflatore del Pil dovrebbe crescere dell’1,2%, in quanto il rialzo dei prezzi delle importazioni si trasferirebbe solo parzialmente sui prezzi dell’offerta interna''.
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