Una comunicazione di successo? Sostenibilità integrata nel business e relazioni privilegiate con gli stakeholder

- di: Redazione
 

Il nuovo ecosistema della comunicazione, le sinergie e le differenze tra il mondo della comunicazione e quella degli affari istituzionali, come si conquista e come si mantiene la reputation di un’azienda, le tematiche della sostenibilità sempre più elemento chiave della reputation, le sfide che deve affrontare chi ogni giorno si impegna per sviluppare la connettività nel nostro Paese e contribuire a ridurre il digital divide, il ruolo degli stakeholder come alleati delle aziende in tema di sostenibilità ambientale e sociale.

INWIT: intervista a Michelangelo Suigo

L’ecosistema della comunicazione sta attraversando un mutamento profondo, caratterizzato sempre più dalla digitalizzazione e dalla ‘comunicazione integrata’.  Qual è il suo concetto di ‘comunicazione integrata’? E come è cambiata e sta cambiando la professionalità richiesta a un comunicatore?

Negli ultimi anni c’è stata sicuramente una vera rivoluzione nella comunicazione: è come se si fosse passati da un sistema di trasmissione analogico ad un sistema di trasmissione digitale e anche qualcosa di più. Una rivoluzione che passa attraverso la necessità di avere sempre di più non solo una conoscenza, ma anche competenza molto ampia, in una logica di comunicazione integrata. Tutte le leve di comunicazione devono, a mio avviso, rientrare in una visione strategica, e necessariamente parlarsi tra di loro in maniera molto osmotica. Fondamentale è la coerenza dei messaggi di comunicazione che si portano all’esterno così come la trasparenza nella comunicazione, oltre alla necessità di avere grande autenticità poi nella narrazione. Comunicazione integrata, nella mia visione, vuol dire non solo integrare tutte le leve di comunicazione: le media-relations, i social media, la digital communication. Vuol dire anche integrare le varie leve relazionali, che nell’ambito di una organizzazione articolata e complessa ci possono essere. Ho la fortuna di avere nel mio perimetro di responsabilità una organizzazione molto articolata, che oltre alla comunicazione somma altre leve, che sono leve di comunicazione strategica, tra cui: le attività di public affairs lobbying e advocacy, a livello territoriale, nazionale ed europeo, le attività di brand e quelle di sustainability. Proprio la leva della sostenibilità è considerata una cartina di tornasole della coerenza di un’organizzazione, tra quanto si annuncia, si racconta e quanto effettivamente viene fatto. Sappiamo tutti quanto sia sempre più strategica, sempre più determinante. Se non c’è una capacità di integrare pienamente  tutte queste leve,  si disperde la forza nella capacità di comunicare al meglio.

Potremmo definirla con il termine, cross medialità?

Sì, certo. Forse si va anche un po’ oltre la cross medialità, perché integrando tutte le leve di comunicazione, in una logica cross mediale e aggiungendo a queste anche tutte le attività di advocacy, di lobbying e di public affairs, che sono attività che solitamente non vengono considerate nel perimetro più classico della comunicazione, si ottiene un risultato quasi perfetto, che tocca tutti i pubblici target.

Oltre che Responsabile della Comunicazione di INWIT lei è anche il Responsabile delle Relazioni esterne. Quali sinergie ma anche quali differenze ci sono tra questi due mondi, dato che il comunicatore ha una platea virtuale molto ampia mentre chi cura le relazioni esterne ha interlocutori selezionati, in un rapporto quasi personale?

È evidente che non sia semplice farlo e farlo bene. È necessaria ovviamente una fortissima focalizzazione sui messaggi, cioè i ‘key messages’ che si vogliono trasmettere, quindi la narrazione sulla quale si lavora deve essere molto chiara, molto efficace, non densa ma snella, e deve essere molto concentrata su poche indicazioni, chiare e precise, tenendo anche presente la complessità ulteriore tipica di INWIT, ossia di una tower company  con un modello di business che è B2B.

I nostri clienti non sono l’opinione pubblica, i cittadini, le imprese in senso ampio, ma sono prevalentemente gli operatori di telecomunicazione, che hanno necessità  di avere le infrastrutture che realizziamo, sia per la copertura outdoor, sia per la copertura indoor, per poter fornire i loro servizi. Il nostro dialogo e la capacità di arrivare al cittadino e quindi al cliente finale del servizio, è molto complicato. Ovviamente questo non è il nostro obiettivo, ma non è semplice anche solo far capire cosa facciamo. Ciò che è ben più importante è far comprendere il valore delle infrastrutture digitali, il valore di una torre di telecomunicazioni, piuttosto che di una copertura dedicata in un ambiente indoor.

Si parla tanto di reputation aziendale: in un business come il vostro, come si costruisce e come si mantiene?

La reputazione aziendale in generale si acquisisce e si conquista quotidianamente. È un lavoro continuo, costante, molto capillare, fatto di rapporti, relazioni, di costruzione, di credibilità e, mi lasci dire, di autorevolezza su questi driver. Una comunicazione risulta efficace quando è trasparente: un linguaggio semplice chiaro che arriva al target di riferimento è fondamentale ma, al tempo stesso, è altresì fondamentale che ci sia trasparenza totale, su quello che si fa e su come lo si fa. Questo si costruisce veramente nel ‘day by day’, lavorando alla costruzione di relazioni che possono essere di diversa natura come ad esempio con le istituzioni, con i media locali   se si sta lavorando sul territorio, o con media nazionali o semplicemente con le risposte che dai a chi sui social commenta una notizia, un’informazione.  Lo costruisci quindi davvero con il confronto e l’ascolto di tutti gli stakeholders. È veramente un lavoro molto dispendioso, time consuming, certosino, però è l’unico modo per riuscire a costruire, rafforzare e mantenere la reputazione. 

Le faccio un esempio. Recentemente abbiamo fatto fare un’indagine all’Istituto Piepoli sulla nostra reputazione. Devo dire non senza un certo orgoglio che, nonostante siamo un’azienda B2B, ci sono dei risultati molto lusinghieri. Se pensiamo che un’indagine recente di State of corporate reputation attribuisce il 63% del valore di mercato di un’organizzazione alla sua reputazione, diventa tutto molto chiaro.

Un altro esempio. Il Reputation Insitute americano ha fatto una stima e ha valutato che una variazione di un punto dell’indice reputazionale di una organizzazione vale il 2,6% del valore di mercato della stessa organizzazione, la avete scritto voi di ‘Italia Informa’ proprio qualche giorno fa; credo che siano elementi oggettivi e chiari del fatto che, appunto, la reputazione si costruisce e si conquista con il lavoro e con le modalità di cui abbiamo parlato.

Restando in tema di ‘reputation’, le tematiche della Sostenibilità e dei criteri Esg (environment, social, governance) stanno diventando cruciali nella comunicazione corporate, fattori potenti per il brand. Qual è il suo pensiero e qual è lo stato dell’arte di Inwit su questa tematica?

È sicuramente una tematica centrale e le faccio qualche esempio per argomentarlo. A luglio di quest’anno abbiamo avuto la bella soddisfazione di essere rientrati tra le tre top aziende italiane per comunicazione ‘social’ sulle tematiche ESG. È un dato oggettivo, quindi vuol dire che interpretiamo la sostenibilità molto sul serio, non solo a parole. È chiaro che l’approccio sostenibile negli ultimi anni è stato un ‘must have’ per certi versi, all’inizio anche un po’ una moda. Oggi, invece, non si possono commettere errori. La sostenibilità e le tematiche ESG vanno usate con cura e con grande consapevolezza della loro rilevanza. Noi, da azienda quotata nel Ftse Mib, riceviamo frequentemente delle sollecitazioni da parte dei nostri azionisti che si trovano nelle parti più disparate del pianeta.  Ci sollecitano su alcune sfide, indicando target su tematiche ESG ed è, secondo me, una bella soddisfazione poter constatare che a queste sollecitazioni e a queste sfide possiamo rispondere in maniera molto serena, perché sono attività che abbiamo già pianificato, sulle quali abbiamo già dei risultati e che sono assolutamente tracciate, quindi non ci colgono impreparati. Avere tra le leve di comunicazione del team che coordino anche le attività di sostenibilità, rafforza tantissimo la strategia di comunicazione, aiuta molto a dare grande concretezza a quanto comunichiamo. Ci sono degli esempi di progetti concreti che abbiamo realizzato e che stiamo svolgendo in queste settimane, che nascono da input di azionisti e assesment durante i quali ci hanno chiesto quale fosse, ad esempio, il nostro impegno sulla tutela della biodiversità.

Abbiamo iniziato facendo un assessment su quale fosse l’impatto delle infrastrutture di INWIT sulla biodiversità e l’ente terzo che ci ha fatto questa analisi ha riscontrato che l’impatto è assolutamente trascurabile. Non ci siamo tuttavia accontentati e ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare per la tutela della biodiversità nel nostro paese. Abbiamo intrapreso due collaborazioni con due realtà ambientaliste molto importanti: una con il WWF per far sì che installando videocamere smart e gateway per il trasferimento dei dati sulle nostre torri in tre loro oasi boschive, si potesse effettuare un monitoraggio degli incendi boschivi in quelle aree. Un secondo progetto, invece, è con Legambiente. In questo secondo caso abbiamo installato sensori IoT e gateway su sei nostre torri che ricadono nel parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, nel parco della Maiella e in tre riserve naturali dell’Appennino centrale, con l’obiettivo di monitorare tutti i parametri dell’inquinamento atmosferico in quei parchi. La torre, da hub di telecomunicazioni diventa così un hub di monitoraggio del territorio, monitoraggio ambientale e di supporto alla tutela della biodiversità. Questa è la declinazione operativa concreta di un qualcosa che è nato da un assessment  sulle nostre attività ESG e che poi ha prodotto invece un’attività molto concreta. Poter inserire nella narrazione dell’azienda progetti di questa natura, progetti che peraltro diventano “core” anche per il business perché hanno una valenza e una utilità sociale e ambientale, moltiplicano la forza del messaggio all’ennesima potenza. Ecco, dunque come la sostenibilità è totalmente pienamente integrata con il business.

Progetti del genere hanno sicuramente una valenza forte sul territorio e sulle comunità locali. Partendo da qui e più in generale ragionando di relazioni con gli stakeholders soprattutto con le comunità locali. Quanto aiutano attività del genere?

Aiutano molto perché consentono di far comprendere molto di più e in maniera molto più concreta e molto più efficace il valore dell’infrastruttura digitale. L’infrastruttura digitale, la torre di comunicazione, nell’accezione più classica in parte dell’opinione pubblica, anche a causa della scarsa informazione, o, alcune volte addirittura di fake news, passa per essere un’infrastruttura che desta preoccupazioni in parte del grande pubblico. Comprendere invece il valore dell’infrastruttura come abilitatore della digitalizzazione dei territori e delle comunità, in grado di portare quindi 4G, 5G, altre tecnologie in quei territori che magari sono addirittura in situazioni di digital divide, è fondamentale.

L’inclusione sociale passa, infatti, anche attraverso la digitalizzazione.  Se riusciamo a far comprendere che oltre alla riduzione del digital divide, alla digitalizzazione, alla connettività, le torri sono anche un elemento per poter monitorare inquinamento atmosferico, incendi boschivi, il territorio, l’ambiente, riusciamo a far capire maggiormente quanto le infrastrutture siano vicine ai bisogni e alle esigenze dei territori e delle comunità, e siano alleate di esse ed assolutamente indispensabili.

Rimanendo sul tema della sostenibilità, che valore assume tutto questo lavoro nelle politiche di coesione interna, di team building? In che modo il popolo di Inwit vive e viene a conoscenza dei tanti sforzi e dei tanti bei progetti che la sua organizzazione porta avanti?

Devo dire che tengo moltissimo a questo aspetto perché chiaramente vuol dire consapevolezza, vuol dire engagement, ma vuol dire anche cambio di paradigma. Quando, tre anni fa, abbiamo iniziato  a lavorare sulla sostenibilità in Inwit, abbiamo lavorato proprio sulla cultura della sostenibilità all’interno dell’azienda. Abbiamo fatto un’attività di ‘induction’ per consentire un cambio di visione che integrava la sostenibilità nel business.  Il business deve essere, ed è attualmente così nella nostra azienda, un business sostenibile.  Tutti i dipartimenti e tutte le strutture aziendali sono coinvolti nella costruzione del piano di sostenibilità e nella sua realizzazione, hanno quindi una ‘ownership’ diretta e sono responsabili del raggiungimento di determinati target del nostro piano di sostenibilità. Un altro passo fondamentale in questa direzione è stato il contributo da parte di tutte le direzioni aziendali alla realizzazione del nostro report integrato di sostenibilità. Un bel successo e siamo già alla terza edizione. Quindi la collaborazione da parte di tutte le strutture alla concretizzazione e al raggiungimento del target del piano di sostenibilità e poi alla misurazione e alla rendicontazione nel report integrato chiaramente genera coinvolgimento, engagement e accountability da parte di tutti.

Avete politiche di incentivazione legate alla sostenibilità?

Al raggiungimento gli obiettivi del nostro piano di sostenibilità è collegata una parte della remunerazione variabile di tutti i manager incentivati. Inoltre, a partire da quest’anno, abbiamo esteso tale incentivo, legato a due specifici target del nostro piano, a tutte le persone di INWIT. Una leva importante per accrescere la consapevolezza e la cultura interna su questi temi, con l’obiettivo di mostrare il contributo di tutti nella creazione di un modello di business sostenibile.

Parliamo un po’ di lei, dottor Suigo. Ha una responsabilità aziendale molto estesa, ma sappiamo che è impegnato anche a livello di docenze universitarie, oltre ad essere membro di una serie di organizzazioni. Insomma, come dire, non si fa mancare nulla. Rimane tempo da dedicare a lei, alla famiglia?  Come fa a conciliare tutto? A cosa lo dedica il suo tempo libero?

Sul lavoro è necessario essere molto concentrati e molto seri quindi mi piace prendermi un po’ meno sul serio fuori dall’ambiente aziendale. Non mancano risate e divertimenti. Mi piace fare sport, mi piace stare con i miei figli, con la famiglia. Mi piace tantissimo leggere, anche se il tempo è veramente poco. Tendo un po’ di più a leggere qualcosa che sia comunque abbastanza vicino o limitrofo alle attività che svolgo.

Mi piace sciare, mi piace allenarmi, mi piacerebbe ritornare a giocare a tennis, anche se un po’ di acciacchi in questo momento mi tengono lontano dai campi. Però ecco, quello che cerco di fare nel tempo libero è dedicare un po’ di tempo a me stesso, alle persone che mi sono più care. Poi certo non riesco mai a staccare la spina completamente perché c’è sempre la rassegna stampa la mattina che va controllata, le telefonate di lavoro anche nel week end, però devo dire che non mi pesa, fa parte del mestiere che svolgo con grande passione e grande dedizione e che mi diverte. Poi sono coadiuvato da una squadra affiatata, proattiva, sempre disponibile e questo aiuta sicuramente tanto. È chiaro che, come ogni professionista, pur essendo per natura ottimista, cerco sempre la perfezione, il miglioramento e questo è un aspetto che appesantisce, ma del quale vado comunque orgoglioso.

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