Valentina Picca Bianchi (Presidente Donne Imprenditrici FIPE-Confcommercio): "Dal PNRR mi aspetto più donne incentivate ad entrare nel mondo delle imprese"

- di: Redazione
 
L’impatto della pandemia sui pubblici esercizi e quello ‘doppio’ sulle donne imprenditrici del settore, le problematiche più urgenti sul tappeto e quelle future, il gender gap nei pubblici esercizi, le richieste al Governo e molto altro ancora. Intervista a tutto campo a Valentina Picca Bianchi, Presidente Donne Imprenditrici FIPE-Confcommercio.

Intervista a Valentina Picca Bianchi, Presidente Donne Imprenditrici FIPE-Confcommercio

Dottoressa Picca Bianchi, lei ha dichiarato che ‘fare impresa da donna in Italia è un atto di amore e di coraggio’ e che ‘fare impresa non è solo un bilancio, non è solo un attivo e passivo, non è solo fatturato. Ma ha un valore inestimabile che è quello dell’umanità, della socialità e del sapere creare valore oltre quello economico’. In questo contesto, quali sono i punti di forza della leadership al femminile?
Sicuramente la capacità di ascoltare, l’empatia, l’intelligenza emotiva e sociale, la capacità di creare partecipazione e collaborazione, l’inclusività e una sensibilità percettiva delle complessità.
Questo perché storicamente e per come è stata costruita la società, le donne occupandosi maggiormente degli aspetti di cura hanno sviluppato attitudini connesse che oggi diventano soft skills di genere. Bisogna però tenere conto del fatto che spesso le donne, proprio per sopravvivere in una cultura lavorativa improntata al maschile, scelgono, al contrario, di “camuffarsi” e reprimere i tratti più “femminili” adattandosi al modello dominante.
L’importanza data alla persona, al dialogo e all’ascolto rimane ancora oggi non completamente espressa.
Oggi siamo alla svolta e si spera che questo momento di crisi culturale e sociale porti a rivedere anche i modelli di business e si possa davvero rompere la cortina della cultura dominante. La pandemia, del resto, ha mostrato come, in una situazione di crisi, alcuni elementi relazionali siano essenziali: oggi più che mai i lavoratori hanno davvero bisogno di essere considerati come persone e di essere accolti per quel qualcosa in più che possono portare, al di là della loro semplice mansione.
Insomma, servono più donne manager, più donne imprenditrici, più donne nelle posizioni apicali per permettere poi di creare le condizioni di ingresso per tutte le linee di competenza e di posizione lavorativa. In occasione dell’ultimo G20 l’appello è stato di implementare policy per aumentare la presenza femminile in ruoli di leadership. L’Italia si trova nel quarto gruppo assieme ad India, Turchia e Germania. L’obiettivo comune di questi paesi dovrebbe essere portare il numero di manager dal 23,5% al 34,1 in media.

Ha pubblicato un libro (Editore Lab DFG), dal titolo #ledonnesidannodeltu, nato dalla trasposizione di alcune conversazioni avvenute durante il periodo più nero della pandemia da Covid-19 sul gruppo WhatsApp delle Donne Imprenditrici di FIPE - Confcommercio. Un libro che non solo narra di solitudini riempite grazie alla chat, ma che è anche un manuale utile e pieno di consigli per chi oggi voglia imbarcarsi in una sfida che, come si afferma nel volume, ‘è difficile ma non impossibile’. Quali sono i messaggi più forti che il libro vuole trasmettere?
Sicuramente il valore di fare gruppo perché solo unite, creando sinergia, possiamo essere più forti e quindi la voglia e la convinzione di creare una vicinanza e una condivisione di esperienze all’interno del gruppo. Da qui l’importanza del dialogo, dello scambio di opinioni ma anche la possibilità di cercare o dare un sostegno nei momenti più difficili, come quelli della pandemia, che hanno colpito il nostro settore come pochi altri. Insomma quella che io chiamo #sorellanzadigitale.

Anche alla luce di quanto emerge nel libro #ledonnesidannodeltu, qual è oggi la situazione dell’imprenditoria femminile nel settore dei pubblici esercizi? È vero, inoltre, che la pandemia ha evidenziato ancora di più le difficoltà delle donne imprenditrici, nel settore dei pubblici esercizi, rispetto a quelle degli uomini imprenditori?
Quello dei pubblici esercizi è un mondo virtuoso: un terzo delle imprese, circa 112mila, è a titolarità femminile e ogni anno genera un volume d’affari pari a 20 miliardi di euro mentre il 50,4% dei dipendenti è donna.
È normale che una donna imprenditrice, accanto alla gestione aziendale, debba affrontare e conciliare molti altri ruoli, come quello domestico e familiare, che la pandemia ha ovviamente amplificato. Quante donne, nel momento in cui i locali erano aperti magari anche solo per il delivery e le scuole erano chiuse, si sono ritrovate a dover portare i figli nel retrobottega? D’altra parte, anche uscendo dall’ambito dell’imprenditoria, i numeri mostrano che sono le state le donne a fare maggiormente le spese delle misure anti-Covid: con la crisi che ha cancellato migliaia di posti di lavoro, sono state soprattutto le donne a rimanere a casa, spesso messe alle strette dalla necessità di restare accanto ai figli che non potevano andare a scuola. La conseguenza, fra i pubblici esercizi, è che si è persa una parte importante di professionalità al femminile, aggravando ulteriormente la generale carenza di figure professionali nel settore.
Nonostante gli impegni collettivi dichiarati in seno al G20 per ridurre il gender gap nel mondo del lavoro del 25% entro il 2025, l’Italia rimane fanalino di coda in Europa, meglio solo di Grecia, Malta e Cipro.
Ritengo sia necessario lavorare per raggiungere i seguenti obiettivi: 1) Eliminazione del Pay-Gap 2) Sostegno al reddito delle lavoratrici/imprenditrici madri 3) Congedo parentale ed il congedo di paternità obbligatorio 4) Conoscenza delle misure esistenti volte ad incentivare l’assunzione di donne 5) Agevolazioni e accesso al credito per le imprese femminili 6) Misure di conciliazione vita-lavoro anche per le libere professioniste 7) Incentivi a favore delle donne nelle professioni.

Più in generale, quali sono le cicatrici lasciate finora dalla pandemia nel mondo dei servizi, delle piccole imprese e del lavoro autonomo delle donne? Nel 2020 c’è stato calo occupazionale di 44mila unità nel 2020, di cui il 70% donne…
Il settore dei pubblici esercizi è stato certamente uno dei più colpiti e segnati dalla pandemia, non solo in termini economici e sociali ma soprattutto in una prospettiva di certezza e stabilità del lavoro.
Se guardiamo all’universo femminile non può che evidenziarsi ancora di più una percezione d’incertezza che un settore come quello dei p.e. registra e cioè una condizione di specialità che presuppone una “scelta di vita”, quella della propria attività. Nel 2020 c’è stato calo a livello di occupazione dipendente femminile di 125mila unità rispetto al 2019, pari al 24,7%.

In Italia le attività produttive a conduzione femminile sono solo il 21,86% del totale delle imprese (29,4% nel settore dei pubblici esercizi). Ed è da segnalare che, con l’arrivo della pandemia, dopo anni in cui le imprese femminili segnavano crescite superiori alle imprese maschili questa maggiore velocità si è praticamente annullata. Per sostenere le attività condotte dalle donne sono stati varati aiuti e incentivi, ma lei si è dichiarata non completamente soddisfatta di quanto fatto dal Governo su questo fronte, affermando che ‘c’è bisogno d’altro’. Di cosa avreste bisogno in concreto?

E’ necessario un intervento che determini una reale trasparenza salariale e soprattutto contribuisca alla diffusione di una cultura diversa che veda nel lavoro femminile un’opportunità straordinaria di crescita complessiva.
E’ ora che i governi si diano una strategia adeguata non per l’inclusione delle donne, perché non sono un soggetto svantaggiato, ma per il loro empowerment.
Avremmo bisogno di:
- Educazione finanziaria: il background di chi decide di avviare il proprio business non è necessariamente economico o scientifico, dunque è fondamentale potenziare le competenze finanziarie come primo strumento di empowerment. La formazione continua è infatti fondamentale per poter fornire alle imprenditrici basi solide e sicurezza nelle proprie skills;
- Dare degli incentivi ad individui e organizzazioni che investono in aziende fondate e gestite da donne;
- Dare maggiore aiuto e supporto nel poter accedere a fondi di finanziamento e garantire prestiti ad-hoc;
- Supportare all’integrazione di Diversity & Inclusion all’interno delle strategie di business e rendere la Diversity una priorità per ogni organizzazione;
- Far conoscere storie di donne imprenditrici di successo;
- Incoraggiare la presenza di donne nelle facoltà STEM.

Collegandoci alla domanda precedente, cosa vi attendete dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), declinazione italiana del Recovery Fund dell’Ue?
Attraverso i contributi a fondo perduto ed i finanziamenti agevolati, mi aspetto che sempre più donne siano incentivate ad entrare nel mondo delle imprese, e che si dia supporto finalmente alle loro competenze e creatività per l’avvio di nuove attività imprenditoriali e la realizzazione di progetti innovativi. Il decreto del Mise di attuazione del Fondo a sostegno dell’impresa femminile, pubblicato a dicembre u.s. e finalizzato a promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile, la diffusione dei valori dell’imprenditorialità e del lavoro tra la popolazione femminile, la massimizzazione del contributo quantitativo e qualitativo delle donne allo sviluppo economico e sociale del Paese, rappresenta sicuramente un’opportunità non trascurabile per la crescita delle imprese femminili.
Il Fondo ha uno stanziamento iniziale di 40 milioni di euro ed è inserito anche tra le linee di intervento del Ministero dello sviluppo economico nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, che prevede complessivamente 400 milioni a sostegno dell’imprenditoria femminile.
Aspettiamo il provvedimento del Mise in cui saranno indicati i termini di apertura per la presentazione delle domande attraverso le quali chiedere le agevolazioni.

Quali sono, ad oggi, le prospettive di sviluppo e di rilancio delle imprese dei pubblici esercizi?
Tra gli impegni che le Organizzazioni hanno sottoscritto, particolare rilevanza sta avendo la realizzazione di obiettivi di “welfare sociale”, considerato che i pubblici esercizi possono essere un canale per sviluppare l’autoimprenditorialità e prevenire così fenomeni di violenza economica del sovraindebitamento e le situazioni di isolamento economico, riducendo i danni sociali che derivano da questo fenomeno.
È ora di programmare una graduale ripresa dell’intera catena del valore dell’accoglienza italiana. È ora di implementare gli incentivi economici allo sviluppo di imprese in un settore in grado di superare le asimmetrie generazionali, di genere, sociali, in grado di accrescere il tessuto connettivo riqualificando i servizi presenti sul territorio. È ora di pianificare riforme strutturali - da includere nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - di più ampio respiro volte a preservare le dinamiche concorrenziali del settore e a favorire processi di consolidamento patrimoniale, di sostenibilità ambientale, e di innovazione tecnologica delle imprese.

Oltre agli effetti della pandemia, quali sono le sfide più importanti che il mondo dell’imprenditoria femminile si trova a dover affrontare oggi e nel prossimo futuro? Lei ha affermato che ‘la parola chiave del presente e del futuro non è né ripartenza né ‘resilienza, ma anti-fragilità’…
Una sfida “alla base” che interessa le donne è quella di farsi strada nel mondo dell’imprenditoria, dato che ogni giorno vanno incontro a discriminazioni di genere, pregiudizi, stigma sociale, pregiudizi legati all’età o alla provenienza.
Inoltre, le donne devono ancora lasciare la paura di un possibile conflitto tra l’imprenditorialità e la famiglia, poiché temono che diventare un’imprenditrice possa togliere tempo alla famiglia e, allo stesso tempo, ledere la stabilità finanziaria di quest’ultima.
Ma una delle sfide principali che le donne devono combattere è quella della mancata accettazione della leadership femminile: quando una donna dimostra capacità di leadership viene infatti percepita come prepotente o arrogante, poiché ancora oggi la società si aspetta che le donne rientrino in determinati comportamenti e modelli stereotipati: obbedienti, educate, gentili, aggraziate. Qualsiasi comportamento che devia da tale modello non viene pienamente accettato e purtroppo una donna con grandi capacità di leadership si trova ad essere sminuita in numerosi contesti sociali.
Le donne sono resilienti grazie alla loro flessibilità e capacità di amare. Sarà perché hanno insito in loro l’istinto di conservazione della specie. Oppure perché sono state protagoniste di pagine fra le più difficili nella storia dell’umanità. Forse, più semplicemente, sarà perché le donne sono consapevoli di rivestire, in questo Nuovo Millennio, un ruolo diverso, speciale, determinante. Sta di fatto che l’attitudine alla resilienza, che sempre più donne contemporanee dimostrano di possedere nell’affrontare la vita, sembra il risultato di un’anima d’acciaio – forgiato dal tempo – di cui oggi più che mai ci si ritrova tutte preziosamente equipaggiate. Un’anima che esorta a reagire positivamente di fronte alle difficoltà e agli eventi traumatici, che incita a non lasciarsi sopraffare, a non “spezzarsi”, ma ad affrontare la sofferenza facendo leva sul sorriso e sulla creatività, tirando fuori il meglio di sé e migliorandosi. Ecco che a questo punto la resilienza diventa anti-fragilità. È così: le donne contemporanee si dimostrano “campionesse di anti-fragilità” perché sanno e vogliono guardare al futuro sempre e comunque con positività. Hanno la capacità, tutta femminile, di saper conciliare emozione e ragione e la flessibilità, con cui sono in grado di reimpostare le loro vite di fronte agli eventi, rappresenta un tratto decisivo verso una svolta socioculturale essenziale.

Qual è l’impatto nei pubblici esercizi della vertiginosa crescita dei prezzi delle materie prime? Come sta reagendo il settore?
Oltre 9 imprenditori su dieci lamentano un incremento dei prezzi delle materie prime, in particolare su prodotti ittici, frutta, carni e ortaggi. L’aumento medio dei soli prodotti alimentari è del 10% ma, secondo una indagine del Centro Studi Fipe, il 36,4% degli intervistati registra incrementi persino superiori.
Sul probabile aumento dei listini che potrebbe verificarsi già nei primi mesi del 2022 incide, oltre all’inflazione acquisita dalla filiera e l’impennata dei costi dell’energia, anche il fatto che il 43% delle imprese non ritocca i prezzi da oltre di un anno.

Una domanda personale. Oltre che Presidente delle Donne Imprenditrici di FIPE-Confcommercio, è un’imprenditrice di successo con una sua società di catering, la Whitericevimenti’, creata 11 anni fa e diventata uno dei brand più rappresentativi a livello nazionale e internazionale, leader nel settore del Business Food. Quanto è stato duro raggiungere questo successo e quanto pensa sarebbe stato meno duro se fosse stata un uomo?
Fare impresa, come già detto all’inizio, è un atto di amore e di coraggio unitamente alle competenze e alle attitudini, che tu sia donna o uomo. Fare impresa è complessità pura che tu sia donna o uomo.

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