Confalone (Novartis Italia): "Il farmaceutico è una voce chiave dell'export"

- di: Redazione
 
Valentino Confalone premiato per aver gestito in maniera efficace e tempestiva le problematiche post-Covid che si sono presentate nel settore farmaceutico, per aver spinto con decisione sull’export ottenendo importanti successi, soprattutto in Cina, per aver aumentato i volumi di investimenti in Italia, sia sul fronte della produzione che su quello in ricerca e sviluppo, rafforzando l’impegno nell’innovazione scientifica continua e nella tecnologia come elementi chiave della competitività.

Confalone (Novartis Italia): "Il farmaceutico è una voce chiave dell'export"

Quali sono, nel breve e nel medio periodo, le prospettive del settore farmaceutico in Italia e quali misure si potrebbero mettere in campo per aumentarne l’attrattività, anche alla luce della crescente espansione della life science, destinata a diventare il nuovo motore dell’economia a livello mondiale?
Innanzitutto mi piace ricordare che il settore farmaceutico è il primo settore per export in Italia. Spesso questo Paese è ricordato per settori tradizionali, come food o fashion, ma in realtà il primo settore esportatore è quello farmaceutico. Questo dato sottolinea l’importanza che ha l’industria farmaceutica come driver della crescita dello sviluppo economico e sociale del nostro Paese. Come Novartis, le prospettive  sono importanti perché continuiamo ad investire in Ricerca e Sviluppo di farmaci innovativi ma anche nell’ampliamento dei 4 siti produttivi che abbiamo in Italia, di cui due molto importanti, uno ad Ivrea e l’altro a Torre Annunziata, vicino Napoli. Per facilitare lo sviluppo economico del Paese, è necessario però continuare ad attrarre investimenti e semplificare le procedure di approvazioni di nuovi studi clinici. Il nuovo regolamento europeo consentirà di accelerare ulteriormente la approvazione dei nuovi studi. Dal punto di vista degli investimenti produttivi, le ricette sono quelle che valgono un po’ per tutti i settori: sburocratizzazione e accelerazione delle pratiche, mali atavici del Paese.

Qual è l’impatto dell’inflazione sul settore farmaceutico nel nostro Paese? ll fenomeno inflazionistico lo avvantaggia oppure è un danno?
L’industria farmaceutica, in particolare quella che si occupa di farmaci etici, specialistici, ha una caratteristica peculiare: i prezzi per i farmaci ospedalieri o territoriali sono negoziati con le autorità regolatorie, l’Aifa. Una volta definito il prezzo, praticamente non è più possibile aumentarlo, perciò l’inflazione dei costi comporta automaticamente una riduzione dei margini. In un periodo di inflazione elevata, il problema è tale per le  aziende che hanno un portfolio  non completamente concentrato su prodotti innovativi, quindi con margini tendenzialmente più bassi. Non è il caso di Novartis perché abbiamo prodotti solo di innovazione e  il tema è meno sentito, però indubbiamente abbiamo avuto impatti sui costi che abbiamo dovuto assorbire.

Ha spesso evidenziato il sottofinanziamento del sistema sanitario italiano, portando ad esempio il pay-back. Di cosa si tratta di preciso e quanto incide negativamente sui margini aziendali?
Il tema del sottofinanziamento risale a una decina di anni fa ed e’  diventato un problema per il  Sistema Salute,  ancor più che per l’industria farmaceutica. Dobbiamo riconoscere a questo governo uno sforzo importante, che ha saputo trarre dalla lezione del Covid lo spunto per rifinanziare significativamente il Sistema Salute. Grazie a questo impegno, stiamo riuscendo a mantenere il finanziamento complessivo della salute sopra la soglia fatidica del 6,1% - 6,2%, che è quella considerata minima per conservare l’universalità del sistema. Siamo oggi al 6,3%, per l’anno prossimo saremo a 6,4%. Il tema del payback nasce dal fatto che il sistema,  per mantenere la sua sostenibilità,  ha definito dei budget di spesa per i prodotti ospedalieri e per i prodotti da farmacia, quindi territoriali.  Il  budget  della spesa  ospedaliera, dove l’innovazione si concentra per altro, è cronicamente più basso della spesa effettiva. Questo comporta per le aziende e per le regioni l’obbligo di ripagare una parte dell’eccesso di spesa. È il famoso payback che incide sui fatturati, in media per il 15%, delle aziende che hanno un mercato soprattutto ospedaliero. Questo rappresenta un problema dato che in Italia ci sono in media prezzi più bassi rispetto ad altri Paesi: significa impattare sull’industria dal  punto di vista economico, ma soprattutto non consente  di utilizzare quei fondi per l’innovazione farmaceutica, perché vengono restituiti alle regioni e utilizzati per coprire qualunque voce di bilancio le regioni abbiamo bisogno, non necessariamente in ambito salute.  L’industria farmaceutica    chiede  una riforma del sistema del payback che consenta di garantire l’accesso e la sostenibilità in maniera più equa e meglio distribuita. 
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