Necessari interventi normativi contro gli ostacoli all'ingresso nel mercato dei capitali italiani

- di: Lukas Plattner (Partner NCTM Studio Legale) e Giacomo Abbadessa (NCTM Studio Legale)
 
Il dibattito sul funzionamento dei mercati dei capitali italiani non può prescindere da una considerazione preliminare.
Da diversi anni a questa parte, l’accesso al mercato non riesce più a rappresentare uno strumento per garantire una efficace allocazione delle risorse finanziarie e una più rapida ripresa dalla crisi economica (ora aggravata dall’emergenza epidemiologica da COVID-19).
Purtroppo, il mercato dei capitali italiano è ancora sottodimensionato rispetto ad altre economie avanzate, da qui l’esigenza di più interventi normativi per correggere le debolezze strutturali che caratterizzano l’ecosistema dell’accesso al capitale di rischio nel nostro Paese.
A tal riguardo, all’alba delle riforme dell’Unione Europea per la crescita dei mercati dei capitali europei di cui all’Action Plan CMU 2020, occorre sottolineare l’importanza di un approccio proattivo da parte del legislatore e delle Istituzioni coinvolte al fine di rimuovere gli inutili ostacoli che rappresentato delle barriere all’ingresso al mercato.
Anche nell’ambito della transizione green e digitale, la raccolta del capitale può e deve rappresentare una pietra angolare per garantire la crescita economica. Un migliore accesso al capitale di rischio, infatti, permette alle società di intraprendere investimenti a lungo termine e orientati allo sviluppo, rispetto alle tradizionali fonti di finanziamento tramite debito di natura prevalentemente bancaria.
Nel corso degli ultimi anni, la Borsa ha registrato un numero inferiore alla media europea di società che hanno deciso di quotarsi e la capitalizzazione di mercato dell’Italia, in percentuale del PIL, si è attestata notevolmente al di sotto di quella delle altre grandi economie europee.

A dicembre 2008 erano quotate 336 società sulla borsa di Milano, mentre a dicembre 2020 si registrano 377 società. Tuttavia, il dato deve essere analizzato considerando che, del numero di società quotate in borsa, 138 sono ammesse alle negoziazioni su AIM Italia.
Il quadro che emerge è molto chiaro. Al netto degli emittenti con strumenti finanziari ammessi su AIM Italia, la Borsa di Milano ha perso 97 imprese in poco più di dieci anni, senza che le nuove quotazioni abbiano potuto bilanciare i delisting.
Di contro, AIM Italia ha rappresentato il vero volano per la crescita del mercato italiano dei capitali. Basta osservare i numeri dello scorso esercizio: il 2020 ha fatto registrare 22 IPO sulla Borsa Italiana, (35 nel 2019 e 31 nel 2018), di cui solo una su MTA e ben 21 su AIM Italia.
Tuttavia, lo sforzo prodotto dal segmento AIM Italia, da un lato, non è in grado di compensare la perdita di terreno che l’Italia registra ogni anno rispetto alle altre borse europee (anch’esse in sofferenza se comparate ad altri mercati internazionali) e, dall’alto lato, sconta tutte le difficoltà connesse al processo di ammissione alle negoziazioni.
Le ragioni che si celano di fronte allo scenario appena descritto sono note. Costi di accesso e di permanenza troppo elevati rispetto ai benefici che discendono dallo status di emittente quotato, rischi di sanzioni di importo elevato in caso di violazione della disciplina applicabile in materia di abusi di mercato (e difficoltà interpretativa nel comprendere una normativa resa eccessivamente complessa negli anni), limitata visibilità e investimenti ridotti da parte degli investitori (anch’essi ormai distanti dal mercato) rappresentano solo alcuni degli ostacoli che impediscono l’accesso al mercato alle società italiane.

Sulla base dello scenario appena illustrato, vengono di seguito illustrate talune proposte di intervento, già individuate nell’ambito di una recente iniziativa promossa dalla Commissione Europea, che si ritiene possano contribuire a migliorare la capacità di tutte le imprese ad accedere al mercato dei capitali. In particolare, ci riferiamo al gruppo di lavoro denominato Technical Expert Stakeholders Group sulle PMI, che ha formulato dodici raccomandazioni (raccolte nel report pubblicato nel maggio 2021) per accrescere il ruolo dei mercati finanziari rispetto al finanziamento della crescita delle piccole e medie imprese.
Lontano da rappresentare una proposta solitaria, il report del TESG si inserisce nel novero di diverse iniziative promosse dalle istituzioni europee per favorire l’accesso al mercato dei capitali, con particolare riferimento alle PMI. Tutti i progetti legislativi realizzati negli ultimi anni, sul modello TESG, giungono alla medesima conclusione: l’inefficienza dell’impianto normativo europeo che regola i mercati dei capitali, che si riflette anche a livello domestico, sia sul piano primario sia sul piano regolamentare.

Ciò nonostante, i progetti che si sono susseguiti condividono anche il medesimo destino: sono tutti rimasti pressoché interamente inascoltati. Gli ambiziosi programmi che erano stati sviluppati nell’ambito del progetto della Capital Markets Union non hanno portato ancora i risultati attesi. In questo contesto, si ritiene che, anche a livello domestico, dare tempestiva attuazione alle proposte formulate, da ultimo, dal TESG debba rappresentare un impegno non più procrastinabile per salvaguardare e promuovere lo sviluppo del mercato domestico.
Gli interventi normativi individuati, laddove implementati, garantirebbero una nuova, importante, ripresa del mercato dei capitali domestico, con un effetto positivo in termini di produttività, competitività e crescita per le imprese italiane.
In primo luogo, dalle analisi condotte dal TESG, sulla scorta dei più recenti studi presentati sul tema, emerge un dato allarmante: i Prospetti Informativi approvati in Italia sono i più lunghi d’Europa, arrivando a contare fino a tre volte le pagine di alcuni dei Prospetti approvati in altri Paesi Membri, il che determina un incremento dei costi per gli emittenti, senza alcun vantaggio per gli investitori.
In questo contesto, si evidenzia la necessità che CONSOB adotti, senza indugio e nelle more di un intervento legislativo europeo in tal senso, linee guida ovvero raccomandazioni che impongano il contenimento del numero delle pagine del Prospetto Informativo, nella misura individuata dal TESG, ovvero di massime n. 300 pagine, per tutte le PMI italiane.

Rispetto al regime linguistico di redazione del Prospetto Informativo, il report TESG pone l’attenzione, già ribadita a più riprese dagli operatori del mercato italiano, sulla necessità di estendere la possibilità di utilizzare la lingua inglese, quale lingua “comunemente utilizzata nel mondo della finanza internazionale”, per tutte le tipologie di Prospetto Informativo.
L’aumento della fruibilità di lettura del Prospetto Informativo, il conseguimento di una progressiva apertura al mercato dei capitali da parte delle imprese italiane, la comparabilità del contenuto del Prospetto rispetto alle best practices di mercato sono solo alcune delle motivazioni, illustrate nel report del TESG, che impongono l’adozione di un intervento in tal senso.
Sotto altro profilo, è opportuno notare che l’aumento del numero di società ammesse alle negoziazioni su AIM Italia negli ultimi anni si è tradotto anche in un maggior numero di società che si spostano sul MTA: dalla creazione dell’AIM, già 16 società sono passate a MTA.

Poiché AIM Italia mira a fornire alle PMI italiane un’opportunità di raccogliere capitali per investimenti a lungo termine, è importante che le imprese realizzino un percorso di crescita sostenibile anche dopo l’ammissione alle negoziazioni su AIM Italia. Una tappa naturale di tale percorso di crescita sarebbe rappresentata dal passaggio della società da AIM Italia al mercato regolamentato.
Secondo questa prospettiva, AIM Italia dovrebbe essere visto, per le imprese a maggiori tassi di crescita, non come forma di quotazione a sé stante, bensì come una fase intermedia nella crescita verso il listino primario.
Anche il report TESG ha correttamente rappresentato l’esigenza di promuovere iniziative legislative ambiziose volte, in primo luogo, a ridurre in misura sostanziale i costi e gli adempimenti connessi al processo di quotazione e, in secondo luogo, a facilitare il passaggio dai sistemi multilaterali di negoziazione (con particolare riferimento agli SME Growth Markets) ai mercati regolamentati.
In attesa che il legislatore europeo recepisca le numerose raccomandazioni formulate dal TESG, si ritiene che Borsa Italiana possa avere un ruolo decisivo in tal senso, rivedendo le proprie regole di accesso a MTA per gli emittenti ammessi alle negoziazioni su AIM Italia.

Sul punto, il report del TESG evidenza chiaramente come gli emittenti che desiderano effettuare il passaggio siano società ampiamente conosciute dal mercato, rispetto alle quali trovano già applicazione numerosi presidi informativi, che discendono dalla disciplina prevista in materia di abusi di mercato, dall’obbligo di certificare il bilancio e di pubblicare la semestrale.
In particolare, la revisione delle disposizioni previste da Borsa Italiana dovrebbe essere finalizzata a un abbattimento dei costi legati all’attività di due diligence da parte della società di gestione del mercato e una piena valorizzazione del ruolo del Nominated Adviser.
Ancora, il report TESG ha correttamente rappresentato l’esigenza di rinnovare, sotto diversi profili, la disciplina prevista in tema di abusi di mercato.
Sul punto, si ritiene che CONSOB dovrebbe intervenire, a livello regolamentare, al fine di escludere, tra i soggetti che debbono effettuare le comunicazioni internal dealing, i componenti del collegio sindacale, che nella MAR non sono contemplati, nonché per fornire chiare linee guida in materia, senza però entrare nell’organizzazione dei processi organizzativi degli emittenti. Contestualmente, CONSOB potrebbe adottare ulteriori nuove linee guida con riferimento alle PMI che presentano esclusivamente titoli obbligazionari quotati, al fine di adattare l’applicazione in materia di abusi di mercato alla natura di tali emissioni. Infine, si ricorda che il prossimo settembre saranno decorsi 2 anni dalla conclusione della consultazione pubblica sullo svolgimento dell’operatività su azioni proprie, rispetto alla quale si rinnova la richiesta di un intervento tempestivo da parte dell’Autorità.

Si ritiene che uno dei passaggi di maggior pregio del report TESG sia rappresentato dall’analisi della disciplina in tema di voto maggiorato applicabile nei diversi Stati Membri. Ciò che emerge dall’analisi effettuata è che il timore di perdere il controllo sulla propria impresa costituisca uno dei principali deterrenti all’accesso al mercato di capitale.
La soluzione a tale criticità è rappresentata da meccanismi di azioni a voto multiplo, i quali facilitano la transizione delle imprese dai mercati privati a quelli pubblici. Sul punto, la letteratura giuridica ha avuto modo di evidenziare come gli azionisti di controllo delle società appena quotate non traggano necessariamente benefici privati dal loro controllo; piuttosto, tramite meccanismi di azioni a voto multiplo riescono a perseguire strategie che altrimenti non permetterebbe loro di realizzare, pena la perdita del controllo dell’emittente.

In tale contesto, un primo intervento normativo potrebbe essere concedere il voto maggiorato alle società ammesse alle negoziazioni su AIM Italia e di incrementarne i voti sino a un massimo di dieci.
Sotto diverso profilo, giova evidenziare che gli incentivi fiscali, nella forma di crediti d’imposta e di agevolazioni per gli emittenti, sono spesso utilizzati, anche nell’esperienza europea, per promuovere l’accesso al mercato dei capitali e incoraggiare la partecipazione degli investitori nelle strategie di crescita delle imprese italiane.
Sul punto, si ritiene che un primo, decisivo, intervento debba riguardare il c.d. bonus IPO per gli emittenti, il quale dovrebbe diventare una misura strutturale e che forse andrebbe anche estesa ai costi per il passaggio al mercato regolamentato e per gli aumenti di capitale.

In tal senso, andrebbero altresì previsti degli incentivi a beneficio degli emittenti per far fronte ai costi delle equity research o legati alla non financial disclosure o al rating ESG o ancora al rating del proprio debito. Inoltre, strumenti quali PIR e PIR alternativi dovrebbero essere ulteriormente potenziati e affiancati da misure disegnate sulla scorta degli ISA svedesi.
Una revisione della normativa fiscale non potrebbe essere ritenuta soddisfacente senza l’abolizione della Tobin Tax (FTT) e l’estensione ai soci delle società ammesse alle negoziazioni su AIM Italia delle norme in tema di rivalutazione delle partecipazioni, a oggi erroneamente negata dall’Agenzia delle Entrate.
Sempre nell’ambito delle misure fiscali che potrebbero essere adottate per promuovere una ripresa dei mercati dei capitali italiani rientrano altresì forme di finanziamento a fondo perduto a favore delle PMI, che le Regioni, sulla scia di quanto fatto in Spagna, potrebbero implementare per alleviarne i costi di quotazione.
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