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“Ci stanno rubando il futuro”: i giovani e il grande rifiuto del lavoro

- di: Bruno Coletta
 
“Ci stanno rubando il futuro”: i giovani e il grande rifiuto del lavoro
Tra stage non pagati, precarietà e fuga all’estero, cresce una generazione che non crede più nelle promesse del sistema. E ora alza la voce.
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Una generazione in allarme: “non ci avete lasciato nulla”
“Ci avete detto di studiare, di impegnarci, di essere flessibili. Ma in cambio cosa abbiamo ricevuto?”. È il grido che rimbalza da TikTok a Reddit, da Bologna a Palermo. Ed è un grido trasversale: lo urlano studenti, neolaureati, freelance, rider e lavoratori intermittenti. La generazione under 35 non si fida più. E non è solo una sensazione.
Secondo l’Istat, il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è salito al 19% a marzo 2025, rispetto al 17,3% di febbraio. Una delle peggiori performance d’Europa, seconda solo alla Spagna. E se si considerano anche gli inattivi — chi non cerca più lavoro perché scoraggiato — la percentuale è ancora più allarmante.
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Lavoro? Solo all’ottavo posto nelle priorità dei giovani
Secondo il recente rapporto dell’Istituto Toniolo pubblicato il 2 maggio 2025, il lavoro è scivolato all’ottavo posto nella scala dei valori giovanili. Conta di più essere rispettati (50%), onesti (44%), liberi (42%), capaci di mantenere relazioni autentiche. Il posto fisso, l’azienda, la carriera: sono concetti che non seducono più.
È una forma di autodifesa — spiega la sociologa Elisabetta Ruspini di fronte a un mercato che non offre certezze, i giovani scelgono di non identificarsi nel lavoro. O di considerarlo una necessità, non un’identità”.
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La giungla degli stage: il lavoro che non paga
Il tirocinio post-laurea è ormai un rito di passaggio obbligato. Ma spesso non è retribuito, o lo è in modo simbolico: 300 euro al mese, senza contributi né diritti. A Roma, Francesca, 26 anni, laureata in Scienze della Comunicazione, ha fatto due stage “curriculari” e uno extracurriculare. “In tutto ho guadagnato meno di quanto spendevo in biglietti dell’autobus. Ma se non accetti, non entri mai nel giro”.
Il risultato? Secondo Unioncamere e Anpal, solo il 29% degli stage si trasforma in contratto entro un anno. E quando accade, spesso si tratta di co.co.co o part-time a tempo determinato.
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Naspi e lavoretti: il nuovo ciclo infinito
Un’indagine della piattaforma BonusX rivela che oltre il 5% dei giovani tra i 18 e i 35 anni ha richiesto la Naspi due o più volte nello stesso anno. È il segnale di un sistema che produce lavoro instabile, interrotto, ricorsivo. L’illusione di un’occupazione che in realtà è solo una successione di periodi intermittenti, intervallati da disoccupazione e lavoretti.
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550.000 giovani emigrati in 13 anni: la generazione dell’esodo
Secondo i dati ISTAT, tra il 2011 e il 2023 oltre 550.000 giovani italiani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese. Di questi, la metà è laureata. Lavorano ora a Berlino, Londra, Amsterdam, ma anche in Canada, Australia e negli Emirati. Perché? “Perché qui ci sentivamo di troppo”, racconta Gabriele, 30 anni, ingegnere aerospaziale, ora assunto a tempo indeterminato a Tolosa. “In Italia avevo solo contratti di 6 mesi. Là, dopo due colloqui, mi hanno preso”.
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I giovani si organizzano: dalla protesta alla proposta

In tutto il Paese stanno nascendo collettivi, assemblee e movimenti che mettono al centro il tema del lavoro e della dignità. Il 1° maggio 2025, a Milano, migliaia di ragazzi hanno sfilato con lo slogan “Non siamo numeri, siamo futuro”, chiedendo un salario minimo, un tetto agli stage gratuiti, il rilancio di politiche pubbliche giovanili.
A Napoli il collettivo “Reddito per Vivere” ha lanciato una campagna per introdurre un reddito di transizione dedicato ai giovani disoccupati tra i 20 e i 29 anni, finanziato con parte del gettito delle multinazionali tech. In poche settimane, la petizione ha superato le 150.000 firme.
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Quando il lavoro non basta: povertà e working poor
Secondo il report ISTAT “Condizioni economiche delle famiglie” oltre il 12% dei giovani occupati è in condizione di povertà relativa. Hanno un lavoro, ma non basta per vivere da soli. Il paradosso dei working poor si fa realtà: affitti insostenibili, bollette, spese sanitarie non coperte, nessun margine per errori.
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Una sfiducia che chiede risposte, non paternalismo
“Dovete solo avere pazienza”, “Ai nostri tempi era peggio”, “Siete troppo choosy”. Frasi che la nuova generazione rifiuta con forza. Perché se è vero che ogni epoca ha le sue difficoltà, oggi il patto sociale è rotto. Non basta più promettere. Servono risposte strutturali.
Serve una legge nazionale sugli stage con compensi minimi obbligatori, serve un salario minimo legale, serve una fiscalità che favorisca l’assunzione stabile dei giovani, serve una nuova cultura del lavoro che non sia sfruttamento, ma crescita.
Come scriveva Hannah Arendt:Il lavoro è ciò che ci rende umani”. Ma per i giovani italiani del 2025, il lavoro così com’è non è più umano. E per questo, lo stanno rifiutando.

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