Brera questa mattina sembra avere quel silenzio sospeso delle partenze importanti. Le strade che Ornella Vanoni ha attraversato per decenni, con i suoi occhiali scuri, il passo elegante e un po’ rallentato, sono piene di un’aria diversa. Alle 15, nella chiesa di San Marco, andranno in scena i suoi funerali. E non sarà un rito austero: sarà un saluto in musica, un congedo jazz, come lei aveva chiesto. A suonare ci sarà Paolo Fresu, che accompagnerà il suo ultimo palcoscenico. Un saluto vivo, non triste, degno di una donna che ha fatto della voce e del ritmo una seconda pelle.
A Fresu il jazz dell’ultimo saluto a Ornella: Milano si ferma per una voce che non si spegne
Milano ha proclamato il lutto cittadino, e non per dovere istituzionale. Lo ha fatto perché Ornella era una parte della città: una di quelle figure che si incontrano per caso in piazza della Scala, che sorseggiano un caffè in via Fiori Chiari, che diventano un riferimento anche quando non si esibiscono più. Una milanese autentica, iconica, moderna prima della modernità.
Il Piccolo, la sua casa emozionale
La camera ardente, riaperta oggi al Piccolo Teatro, è un pellegrinaggio gentile. Non c’è il clamore, ma una lunga fila di vite diverse: amici, fan, passanti, generazioni intere che hanno fili legati alle sue canzoni. Ieri sono arrivati in tanti: Liliana Segre, Gabbani, Parietti, Ventura, Salvatores. Ognuno con un ricordo che si può solo sussurrare.
Il Piccolo non è un luogo a caso. È lì che Ornella ha cominciato davvero a essere Ornella. In quelle tavole consumate, con Strehler a guardarla come uno che sapeva già tutto del suo futuro, lei ha scoperto che la voce può essere teatro, confessione, verità. E oggi quel luogo la restituisce alla città con la stessa cura con cui l’aveva accolta.
Sabato, una piazza intera che l’ha gridata forte
E mentre Milano preparava l’ultimo saluto, sabato a Roma è accaduto qualcosa che lei avrebbe amato: durante il corteo nazionale di Non Una Di Meno, nel pieno di una manifestazione rumorosa e combattiva, a un certo punto le migliaia di donne si sono fermate. Un silenzio improvviso, una pausa teatrale. Poi, qualcuno ha fatto partire “La voglia, la pazzia”. E allora è successo: il corteo è diventato ballo, canto, liberazione.
Una piazza femminista, giovane, arrabbiata, entusiasta, che canta Ornella come un’insegna di libertà. È la prova che certe donne non passano: restano a far parte del linguaggio delle altre. Restano come complicità, come sorellanza, come un modo di essere che non si piega. La voce di Ornella, lì, è diventata una bandiera: una dichiarazione di autonomia, di ironia, di vita senza permessi.
La storia di una donna libera anche prima che fosse di moda
Nata nel 1934, famiglia borghese, studi all’estero, poi la fuga verso il teatro. È lì, tra prove e serate che finiscono troppo tardi, che scopre il dono che cambierà la sua traiettoria. Non una voce perfetta, ma una voce unica. Una voce capace di raccontare l’amore senza censure, di mettere ironia dove gli altri mettevano tragedia, di sussurrare mentre tutti urlavano. Più di 55 milioni di dischi venduti, fra bossa nova, pop, jazz e quella sua capacità di trasformare ogni frase in un vestito su misura.
Ornella ha attraversato l’Italia sentimentale dagli anni Sessanta a oggi con una coerenza rara: mai finta, mai accomodante, sempre esposta. Con un coraggio che a volte sembrava leggerezza ma che, in realtà, era una forma sofisticata di autodifesa.
Perché le donne l’hanno scelta
Il femminismo non l’ha mai teorizzato, Ornella, ma lo ha praticato con il corpo, con la voce, con la libertà di scegliere e riscegliere se stessa. È stata una delle prime a parlare del desiderio femminile senza pudori vittoriani. Ha incarnato una femminilità non docile, non accomodante, eppure affettuosa, ironica, intelligente. Una donna che non chiedeva permesso, non arretrava, non restava in silenzio.
È per questo che sabato, tra i cartelli e le parole d’ordine, quelle ragazze e quelle donne l’hanno cantata. Perché Ornella è stata, per molte, un’educazione sentimentale: quella che ti insegna che puoi sbagliare, tornare, riprovarci, e restare te stessa. Sempre.
L’ultimo palco, la città che la saluta
Quando questo pomeriggio Fresu lascerà salire le note nella chiesa di San Marco, ci sarà un’emozione collettiva che raramente Milano concede. Ma Ornella era una di quelle che conquistano il diritto a farsi sentire anche quando partono.
Sarà un addio melodico, elegante, pieno di sorrisi trattenuti. Perché lei ci lascia così: con la sensazione che qualcosa manchi, ma anche con la certezza che nulla si è davvero spezzato. La sua voce continuerà ad abitare le case, i viaggi, le solitudini, le feste, le cucine di notte, i ritorni improvvisi.
E allora, come nella canzone che sabato ha attraversato Roma come una carezza ribelle: "L’incoscienza e la pazzia… ciao Ornella".