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Francia, voglia di partire: nel 2025 l’esodo “mentale” diventa massa

- di: Vittorio Massi
 
Francia, voglia di partire: nel 2025 l’esodo “mentale” diventa massa
Francia, voglia di partire nel 2025: fiducia a picco ed espatrio
Fiducia a picco, politica in apnea, soldi che non bastano: la fotografia del 2025 racconta un Paese in cui l’idea di cambiare vita oltreconfine non è più un pensiero da bar, ma un’opzione concreta per una fetta enorme di popolazione.

Il numero che buca lo schermo: 27% vuole trasferirsi all’estero

Nel 2025 la quota di francesi che vorrebbe trasferirsi all’estero in modo permanente arriva al 27%. Un salto gigantesco rispetto all’11% dell’anno precedente. Il dato non è solo alto: è l’andatura, l’impennata improvvisa, a indicare che sotto la superficie è cambiato qualcosa.

Non è (solo) la classica voglia di altrove. È un indicatore di stress collettivo: quando la fiducia si rompe, la valigia diventa un’idea razionale.

La frattura di fondo: fiducia nelle istituzioni in caduta libera

La stessa misurazione che registra la “voglia di espatrio” fotografa un collasso di fiducia: nel 2025 la fiducia nel governo nazionale scende al 29%. Anche la fiducia nel sistema giudiziario (50%) e nelle istituzioni finanziarie (42%) arretra in modo netto.

Tradotto: non è solo “non mi piace questo governo”. È non mi fido del meccanismo.

Politica: dal colpo di scena del 2024 alla paralisi

Il detonatore è stato lo scioglimento a sorpresa dell’Assemblea nazionale (giugno 2024). Da lì, il quadro si è frammentato e governare è diventato un percorso a ostacoli: maggioranze ballerine, mozioni di censura ricorrenti, bilanci trasformati in campo di battaglia permanente.

Il risultato percepito dai cittadini è semplice: instabilità = impotenza. E quando l’orizzonte sembra bloccato, cresce la tentazione di cercare aria altrove.

Macron e il termometro dell’umore: gradimento al minimo

Nel 2025 l’indice di gradimento di Emmanuel Macron scende fino a livelli record nelle rilevazioni internazionali che misurano l’approvazione personale del capo dello Stato. Il dato, più che un giudizio su un uomo, funziona da spia: segnala quanto il Paese si senta rappresentato (o meno) nel pieno della turbolenza.

Con una scadenza già scritta in calendario (fine mandato nel 2027), la politica francese entra in una fase in cui ogni scelta viene letta come pre-campagna elettorale, e questo non aiuta a ricostruire stabilità.

Economia: non sempre peggio nei numeri, spesso peggio nella testa

Qui la storia è più sottile. Le previsioni macro non descrivono necessariamente un crollo immediato: diverse istituzioni stimano una crescita modesta e un’inflazione relativamente contenuta. Ma il punto è un altro: la sensazione diffusa è di carrello più leggero e futuro più caro.

Se consumi e investimenti rallentano “per prudenza”, la prudenza diventa un freno collettivo. E si entra in un circolo vizioso: incertezza politica → fiducia bassa → economia percepita come fragile → ancora meno fiducia.

Le tre scintille quotidiane: tasse, casa, clima sociale

Tasse e lavoro: “si fatica a respirare”

Molti aspiranti espatriati raccontano la sensazione di essere schiacciati tra pressione fiscale, burocrazia e margini che si assottigliano. La Francia resta un Paese ad alta tassazione nel confronto OCSE: per una parte della classe media e di chi fa impresa, questa realtà viene vissuta come un tetto troppo basso sulla possibilità di crescere.

Casa: Parigi come città “a invito”

Il tema immobiliare è una lama: anche con buoni stipendi, l’accesso alla proprietà nelle grandi città appare, per molti, vincolato a eredità o aiuti familiari. È qui che nasce una frustrazione potentissima: lavorare bene e comunque non riuscire a costruire una base materiale.

Clima sociale: polarizzazione, stanchezza, paura

Accanto alle ragioni economiche cresce la componente emotiva: percezione di ostilità tra gruppi, discussioni sempre più aggressive, una vita pubblica che molti descrivono come “tossica”. E, per alcune minoranze, pesa anche la paura di sentirsi meno protetti nei momenti di tensione e ordine pubblico.

Le destinazioni-simbolo: Canada in testa, poi Svizzera e Spagna

Quando la voglia di partire si fa concreta, emerge anche una geografia dei desideri. Tra le mete più citate compaiono il Canada, poi Svizzera e Spagna. Scelte diverse, ma con un filo comune: ricerca di opportunità, stabilità percepita e qualità della vita.

Non è detto che si parta davvero. Ma quando un Paese inizia a sognare in massa un altro indirizzo, quel sogno diventa un fatto politico.

Chi parte, chi resta, chi torna: il romanzo delle traiettorie

Dentro i numeri ci sono storie che vanno in direzioni opposte:

  • Chi se ne va perché non si riconosce più nell’atmosfera del Paese e cerca un reset altrove, anche in città meno “ovvie”.
  • Chi vorrebbe partire ma resta in sospensione: ama la Francia, però non vede uno sbocco chiaro tra costi, case e tensione sociale.
  • Chi torna dopo esperienze all’estero e ridimensiona il mito dell’Eldorado: tasse e costo della vita possono mordere anche fuori, mentre in Francia alcuni diritti e tutele (ferie, welfare) restano un punto di forza.

In controluce appare una verità scomoda: la Francia non è “finita”, ma è stremata. E lo sfinimento produce scelte radicali, anche solo immaginate.

Il legame chiave: meno fiducia, più voglia di fuga

Il punto più politico di tutti è la correlazione: quando la fiducia nelle istituzioni è bassa, la voglia di emigrare cresce in modo esplosivo. In altre parole, l’espatrio non è solo un fatto economico: è una risposta alla domanda “questo sistema funziona ancora per me?”.

Verso il 2027: la sfida è ricucire, non solo governare

Con la fine del mandato presidenziale all’orizzonte, il compito più difficile per chi guiderà il Paese dopo il 2027 sarà ricostruire fiducia: nella politica, nelle regole, nella possibilità di migliorare la propria vita senza dover cambiare bandiera.

Se non succede, la “voglia di partire” rischia di trasformarsi in un fenomeno strutturale: una Francia che perde pezzi non tanto per miseria, quanto per disillusione.

Le domande che contano

Quanti francesi vogliono davvero trasferirsi all’estero nel 2025?

Nel 2025 la quota arriva al 27% degli adulti, più del doppio rispetto all’anno precedente.

È solo una questione economica?

No: contano anche instabilità politica, fiducia nelle istituzioni, clima sociale e accesso alla casa, soprattutto nelle aree urbane.

Quali mete sono più desiderate?

Tra le destinazioni più citate compaiono Canada, Svizzera e Spagna.

 
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