Fini (CIA): "Bene l’approvazione del ddl Agricoltura, ma la battaglia in sede Ue deve ancora essere vinta"

- di: Redazione
 

La soddisfazione per l’approvazione del disegno di legge Agricoltura e per la sua apertura alle richieste dell’associazione agricola, i punti di forza e quelli di debolezza del settore primario italiano, le proposte per il rilancio dell’agricoltura biologica, la stagnazione dei consumi e le misure da adottare per affrontare il fenomeno, la battaglia in sede Ue, il tema del ricambio generazionale nelle imprese agricole in questa intervista a Cristiano Fini, Presidente CIA - Agricoltori italiani.

Fini (CIA): "Bene l’approvazione del ddl Agricoltura, ma la battaglia in sede Ue deve ancora essere vinta"

Presidente, il disegno di legge Agricoltura è diventato legge, finanziato dallo Stato con 500 milioni di euro. Lei ne ha dato un giudizio convintamente positivo. Cosa la convince di più e quali invece i punti che vi stavano a cuore e che non sono stati inseriti?

Accogliamo positivamente le misure del Dl Agricoltura, che rappresentano un segnale di grande attenzione del Governo al settore agricolo, con risposte a quasi tutte le emergenze sollevate dalla nostra Confederazione: dalla moratoria sui mutui agli aiuti alle filiere in sofferenza, fino al rafforzamento delle misure contro le pratiche sleali. C’è solo amarezza per lo stralcio dell’emendamento sulla proroga dell’entrata in vigore dell’obbligo assicurativo per i veicoli agricoli non circolanti su strada. La mancata proroga potrebbe, infatti, produrre effetti negativi sul conto economico aziendale di molte piccole e medie aziende italiane. Malgrado l’attuale decisione, Cia continuerà a sollecitare le istituzioni per definire nuovi e più coerenti parametri per la definizione degli obblighi assicurativi, che riguardano circa tre milioni di veicoli.

Come sta l’agricoltura italiana? Quali i punti di debolezza e quali quelli di forza? Quanto è competitiva la nostra agricoltura sul piano europeo e internazionale e quale futuro ha?

L’agricoltura italiana, colpita da una crisi che per tre anni consecutivi ne ha tagliato il valore aggiunto, mantiene comunque una propensione agli investimenti maggiore che negli altri settori produttivi, mentre l’agroalimentare continua a confermarsi elemento trainante dell’economia italiana. Sicuramente, uno dei punti deboli del settore rurale è la sua dipendenza dall’estero per prodotti energetici, materie prime e beni intermedi, che lo rendono particolarmente vulnerabile alle crisi nei mercati internazionali. Anche la frammentazione del sistema aziendale, tipica del settore primario, rappresenta un elemento di notevole criticità per molte aziende agricole. Lo strumento strategico per far sviluppare la nostra agricoltura è, dunque, il rafforzamento dell’associazionismo produttivo con cui poter restaurare una simmetria nell’organizzazione della transazione, tra una molteplicità di produttori dispersi e una distribuzione fortemente concentrata.

Anabio-CIA, il ramo della vostra organizzazione che rappresenta i produttori biologici, chiede con forza al Governo di intervenire e su fisco e burocrazia per rilanciare il settore. Quali sono, in dettaglio, le vostre proposte?

Servono procedure di certificazione più snelle, campagne informative e di comunicazione per incentivare i consumi, meno burocrazia nella fase di conversione al biologico e in quella di mantenimento, sgravi fiscali per i produttori del bio, uniformità in Europa riguardo a produzione, commercializzazione e controlli nel comparto e maggiori sostegni a ricerca, innovazione e formazione per il settore.

Sempre Anabio-CIA rileva che i consumi non brillano e chiede al Governo strumenti che agevolino l’aggregazione della domanda, anche tramite i contratti di rete, i distretti bio, le intese di filiera e le Organizzazioni interprofessionali. La stagnazione dei consumi sta colpendo solo il settore del bio o è anche un problema di tutta l’agricoltura?

La stagnazione dei consumi è un problema per tutto il mondo agricolo. È cambiata la spesa alimentare, con la metà dei consumatori che ha tagliato i beni ‘voluttuari’: il 98% degli italiani si è detto preoccupato per la crescita dei prezzi alimentari e l’84% ha modificato la spesa alimentare, con lo stop al superfluo. Accanto all’impegno di tutta le filiere per fornire un prodotto di qualità è necessario, dunque, investire sull’innovazione e instaurare un dialogo costante con una nuova figura di consumatore che è più consapevole e attento ai propri acquisti sia in termini di qualità degli alimenti, sia nella considerazione degli effetti ambientali che tali beni producono.

All’Agrifood Summit 2024, organizzato da Il Sole 24, ha detto che “dalla prossima legislatura Ue auspichiamo un approccio diverso, una politica a favore degli agricoltori e non contro”. Davvero la Ue è così matrigna nei confronti del settore primario, nonostante assorba la fetta di gran lunga più grande dei fondi comunitari?

La nostra agricoltura ha bisogno di strategie più flessibili e di una burocrazia davvero più snella. La sfida che attende ora il comparto è la costruzione di una nuova via per la sostenibilità, non ideologica né penalizzante con direttive eccessivamente vincolanti per il settore. Occorre un approccio diverso, una politica a favore degli agricoltori e non contro. Per questo chiediamo da tempo una transizione verde graduale e un’attenzione puntuale alle emergenze che investono l’agricoltura a livello globale, riconoscendo nei fatti la centralità del settore nella lotta ai cambiamenti climatici e nella competitività del Made in Italy.

Qual è, oggi, il quadro del ricambio generazionale nelle imprese agricole? È vero che c’è, rispetto al passato, un qualche ritorno di fiamma verso l’agricoltura da parte dei giovani?

Il ricambio generazionale è un tema a noi molto caro e per questo abbiamo appoggiato la recentissima legge Carloni per sostenere i giovani che vogliono creare imprese agricole, con uno stanziamento di 156 milioni di euro dal 2024 al 2029 e 27,76 milioni annui dal 2030. La senilizzazione in agricoltura è stata frutto in passato di un approccio troppo pigro. Occorre accelerare sulle sfide da cogliere, come l’opportunità di salvare le aree interne puntando sulle peculiarità territoriali del settore agricolo. Oggi più che mai è importante investire sui giovani: è questa la strada maestra per innovare, garantire sicurezza ai territori, rafforzare le comunità.

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