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Orcel nel mirino: scontro con Berlino, in bilico l’Ops su Bpm

- di: Jole Rosati
 
Orcel nel mirino: scontro con Berlino, in bilico l’Ops su Bpm
Il cancelliere Merz (foto) accusa Unicredit di ostilità e minaccia di sistema. In Italia l’Ops su Banco Bpm è a un passo dallo stallo. Bruxelles e Consob si muovono.

Unicredit si muove come un gigante in cerca di spazio, ma il terreno sotto i piedi di Andrea Orcel si fa sempre più scivoloso. Dopo l’assalto al 20% di Commerzbank, che l’ha portata al ruolo di primo azionista della banca tedesca, il gruppo guidato dall’ex banchiere d’affari è finito sotto attacco a Berlino e stretto tra i vincoli della Consob e i veti del golden power in Italia. Il doppio fronte – Commerzbank da una parte, Banco Bpm dall’altra – rischia di trasformarsi in un campo minato, proprio mentre si avvicina la scadenza decisiva per l’Ops su Piazza Meda.

Germania: Merz accusa Unicredit di “ostilità” e “rischio sistemico”

Il colpo più duro arriva dal cuore dell’Europa. Durante la conferenza estiva del governo tedesco del 18 luglio, il cancelliere Friedrich Merz ha lanciato un’accusa diretta contro l’operato di Unicredit: “Le modalità seguite sono ostili e noi non le accettiamo”, ha dichiarato, riferendosi alla recente decisione del gruppo italiano di convertire parte della propria posizione derivata in azioni Commerzbank, senza preavviso né accordo con il management della banca né con le autorità federali tedesche.

Merz non si è fermato alle parole di censura formale. Ha aggiunto che “l’istituto che nascerebbe da un’eventuale integrazione potrebbe rappresentare un consistente rischio per il mercato finanziario europeo, anche a causa della sua struttura di bilancio”. Fino a quando questi timori non verranno chiariti in modo “esaustivo”, ha detto il cancelliere, “non potrò cambiare opinione”.

La mossa di Unicredit, che ha portato la sua partecipazione al 20%, apre la possibilità tecnica di arrivare al 29,9% del capitale di Commerzbank, soglia che attiverebbe l’obbligo di Opa secondo la normativa tedesca. Un’ipotesi che inquieta Berlino, dove già i sindacati del settore finanziario hanno espresso le loro riserve, portando la questione fino a Bruxelles. Una delegazione dei dipendenti Commerzbank si è infatti presentata al Parlamento europeo per denunciare la “mancanza di trasparenza” e il rischio occupazionale legato a un’operazione non concertata.

Ops su Banco Bpm in bilico: lo spettro della scadenza e i dubbi giuridici

Se in Germania il fronte è politico e simbolico, in Italia la partita è più tecnica, ma non meno pericolosa. L’Offerta pubblica di scambio su Banco Bpm, lanciata da Unicredit con l’obiettivo di creare il secondo polo bancario nazionale, ha come data di scadenza il 23 luglio. E al momento, l’adesione sembra incerta. Le condizioni dell’offerta sono ancora oggetto di verifica da parte della Consob, il cui presidente Paolo Savona ha ammesso – durante un’audizione al Senato – che l’Autorità “sta valutando se ha ancora i poteri per autorizzare un eventuale rinvio della scadenza”, ma che al momento “la prima risposta è che non li abbiamo”.

In parallelo, si intreccia il nodo del golden power. Il Tar del Lazio ha ridimensionato alcune condizioni imposte dal governo Draghi, aprendo uno spiraglio sulla legittimità della manovra di Unicredit. Ma la Commissione europea ha già avvertito Roma: limitazioni arbitrarie agli investimenti bancari potrebbero violare i principi comunitari sulla libera circolazione dei capitali. È una pressione indiretta ma concreta, che mette il governo italiano sotto osservazione in piena estate.

Le manovre di Unicredit: attesa per il Cda del 22 luglio

Il Consiglio di amministrazione di Unicredit, convocato per il 22 luglio, sarà cruciale. Oltre all’approvazione dei conti semestrali, sul tavolo c’è l’ipotesi – sempre più concreta – che l’Ops su Banco Bpm venga ritirata oppure lasciata scadere senza raggiungere l’obiettivo prefissato. Una possibilità prevista nel prospetto stesso dell’offerta, che consentirebbe a Unicredit di rilanciare l’operazione in autunno, con condizioni eventualmente riviste alla luce delle nuove dinamiche regolatorie.

Secondo gli analisti di Mediobanca Research, Unicredit avrebbe bisogno “di almeno due mesi” per chiudere i fronti giuridici ancora aperti – dal ricorso al Tar alla valutazione della Commissione Ue – e per ridurre il margine a disposizione del concorrente più temuto: Crédit Agricole. La banca francese, già presente in Banco Bpm con una quota rilevante, potrebbe approfittare dell’incertezza per rafforzare la propria posizione, magari avvicinandosi alla soglia del 20%, in modo da ostacolare una futura fusione guidata da Orcel.

Il bivio strategico: Unicredit sfida Berlino e Roma, ma rischia l’isolamento

La strategia di Andrea Orcel, tutta fondata su acquisizioni veloci e scalate dirette, ha mostrato finora una notevole determinazione. Ma i segnali che arrivano da Berlino e da Roma raccontano un rischio di isolamento crescente. In Germania, la reazione del cancelliere Merz – accompagnata da quella dei sindacati e da una parte del Bundestag – fa capire che un’operazione ostile non troverà mai accoglienza politica. In Italia, il gioco si complica per via dei meccanismi giuridici e dell’ambiguità del governo sulla tutela degli asset strategici.

Anche Bruxelles osserva con attenzione: la Commissione europea, da un lato, è contraria a interferenze statali che ostacolino il consolidamento bancario continentale; dall’altro, vuole evitare che grandi gruppi si espandano in modo aggressivo senza garanzie di stabilità sistemica. E proprio il caso Commerzbank – come sottolineato dallo stesso Merz – solleva il tema della tenuta patrimoniale dell’eventuale nuovo gruppo.

Il risiko bancario europeo entra nella fase decisiva

In pochi mesi, Unicredit si è mossa come un giocatore globale deciso a ridefinire gli equilibri bancari europei. Ma ora rischia di pagare il prezzo della velocità. L’irrigidimento della Germania, le incertezze giuridiche in Italia e la vigilanza europea rendono il quadro estremamente fluido. Il Cda del 22 luglio sarà un passaggio cruciale. Se da lì non uscirà una decisione definitiva, la partita sull’Ops rischia di finire congelata fino all’autunno, mentre la tensione con Berlino potrebbe diventare strutturale.

Con due fronti aperti e una leadership sotto i riflettori, Orcel si gioca molto più di una fusione: si gioca la credibilità del suo disegno strategico e la capacità di Unicredit di restare un player protagonista in una finanza europea sempre più frammentata e politicizzata.

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