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Dopo il temporale, la tempesta: apertura da tsunami per le borse asiatiche. Panico mondiale

- di: Bruno Coletta
 
Dopo il temporale, la tempesta: apertura da tsunami per le borse asiatiche. Panico mondiale

Hong Kong -9,28%, Singapore -8,58%, Tokyo -7,6%. Travolti titoli di banche, tecnologia e grandi esportatori. E Trump rilancia: “È solo l’inizio”.

Tsunami sui mercati asiatici
Le Borse asiatiche hanno aperto la settimana con una caduta verticale, scatenata dall'annuncio di nuovi dazi commerciali da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il panico si è diffuso in pochi minuti sui listini del continente, con vendite a pioggia che hanno travolto banche, tecnologia e grandi esportatori. Una tempesta perfetta che, secondo gli analisti, potrebbe essere solo il preludio a un’ondata di instabilità finanziaria globale.
A guidare il tonfo è stata Hong Kong: l'indice Hang Seng ha aperto con un crollo del 9,28%, bruciando oltre 2.100 punti e trascinando al ribasso i titoli più esposti al commercio internazionale. HSBC ha perso il 15,85%, Alibaba il 9,72% e Tencent il 7,43%. A Singapore, l'indice Straits Times ha perso in avvio l'8,58%, mentre in Cina Shanghai ha aperto a -4,46% e Shenzhen a -6,04%.

Il Giappone affonda
La reazione più violenta è arrivata dal Giappone, dove l’indice Nikkei 225 è sceso fino al 7,6% nella prima ora di contrattazioni, toccando i minimi da ottobre 2023. Il comparto bancario è stato il più colpito: l’indice del settore ha registrato una perdita intraday del 17,3%, prima di ridurre lievemente il passivo al 9,8%.
Tra i titoli più affondati: Resona Holdings (-12,2%), Mizuho Financial Group (-11,3%), Nomura Holdings (-10,9%). Anche i colossi della microelettronica hanno sofferto: Renesas Electronics ha perso il 14,8%, Sumco il 14,4%.

Trump: “La medicina è amara ma necessaria”
Donald Trump ha rivendicato la strategia dei dazi come “necessaria per correggere decenni di squilibri” e ha avvertito che ulteriori misure potrebbero arrivare nei prossimi giorni. È solo l’inizio. L’America non può più tollerare accordi che danneggiano i nostri lavoratori e arricchiscono altri Paesi”, ha dichiarato il presidente a bordo dell’Air Force One, parlando con i cronisti al seguito durante il rientro da un comizio in Texas.
Secondo la Casa Bianca, i nuovi dazi colpiranno in particolare prodotti tecnologici provenienti dalla Cina, componenti per l’automotive e acciaio sudcoreano. Misure che, nel loro insieme, potrebbero valere fino a 120 miliardi di dollari.

La Cina: “Pronti a reagire”
Da Pechino la risposta non si è fatta attendere. In una nota diffusa dal ministero del Commercio, il governo cinese ha definito le mosse americane “un’aggressione economica in piena regola” e ha annunciato “contro-misure proporzionate”, senza tuttavia specificare i dettagli. Una fonte interna al governo, citata dal quotidiano South China Morning Post, ha parlato di possibili restrizioni all’export di terre rare e componenti strategici per l’elettronica.

Mercati globali in allerta
Gli effetti del terremoto asiatico si sono rapidamente propagati anche in Europa e negli Stati Uniti, con i future su Wall Street in netto ribasso. “Siamo entrati in una fase di guerra commerciale totale”, ha commentato a Bloomberg l’economista capo di JP Morgan Asia, Rajiv Biswas. “Se la Cina risponde duramente, la catena di approvvigionamento globale ne uscirà devastata. E gli effetti si faranno sentire anche sui prezzi al consumo in Occidente”.

Tecnologia e banche nel mirino
Tra i settori più esposti ci sono quelli ad alta intensità di esportazione e le grandi multinazionali della tecnologia. La Apple, per esempio, ha subito un taglio di rating da parte di Credit Suisse che teme un contraccolpo sulla produzione asiatica. Idem per Samsung e Sony, i cui impianti in Cina rischiano di finire nel mirino delle rappresaglie.
Le banche, dal canto loro, scontano il rischio sistemico: se i flussi di capitale tra USA e Asia si contraggono, a farne le spese saranno anche gli istituti di credito più esposti alle valute emergenti e agli asset legati al commercio estero.
Allarme tra le imprese europee
 se i flussi di capitale tra USA e Asia si contraggono, a farne le spese saranno anche gli istituti di credito più esposti alle valute emergenti e agli asset legati al commercio estero.

Allarme tra le imprese europee
Anche le imprese europee iniziano a fare i conti con le ricadute. “Siamo molto preoccupati”, ha detto Markus J. Beyrer, direttore generale di BusinessEurope, l’associazione che rappresenta l’industria continentale.Le tensioni commerciali rischiano di compromettere la ripresa post-pandemia, e servono misure urgenti per difendere la competitività dell’Europa”.
Secondo voci raccolte a Bruxelles, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen avrebbe convocato un vertice straordinario con i ministri del Commercio per valutare possibili azioni comuni in risposta all’escalation voluta da Trump.

La posta in gioco è globale
L’apertura della settimana lascia presagire uno scenario inquietante: gli Stati Uniti appaiono intenzionati a ridefinire gli equilibri economici mondiali secondo una logica unilaterale, mentre i principali attori asiatici sono pronti a reagire. In mezzo, l’Europa osserva con crescente apprensione, consapevole che la nuova guerra commerciale potrebbe travolgere anche i suoi interessi.
Per ora, i mercati non vedono via d’uscita. E se Trump non arretra, il mondo della finanza dovrà prepararsi a una lunga stagione di turbolenze.


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