Sugli extraprofitti delle banche si apre un nuovo fronte nella maggioranza

- di: Redazione
 
Il tema - quello di rastrellare soldi per alimentare i progetti del governo - non è certamente nuovo e, per inciso, anche controverso, pur nella consapevolezza che, parliamo di tassare gli extraprofitti della banche, si tratterebbe di una misura che, affliggendo gli istituti di credito, darebbe smalto all'immagine del governo, nell'eterno conflitto tra chi ha i denari e chi non li ha.
Ma è una cosa di cui, prima o poi, occorrerà parlare ed è urgente farlo perché due dei tre più importanti partiti della maggioranza sembrano entrati in rotta di collisione, essendosi manifestate posizioni solo dialetticamente divergenti, perché la sostanza nasconde ben altro.

Sugli extraprofitti delle banche si apre un nuovo fronte nella maggioranza

Sugli extraprofitti e sull'eventuale tassazione ulteriore siamo ancora a livello di ipotesi, di pensieri in libertà, ma non tanto ipotetici se Forza Italia, con i suoi massimi rappresentanti (Antonio Tajani, a livello politico; Raffaele Nevi, portavoce), ha alzato un muro ancor prima che la proposta venga formalizzata da qualcuno.
E questo ''qualcuno'' ha un nome e cognome, Giancarlo Giorgetti, e un indirizzo, Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Giorgetti al quale, come logica impone, forse una limata ai profitti che hanno macinato le banche a dispetto della gente comune andrebbe pure bene, in un periodo in cui la siccità della disponibilità economica dell'esecutivo - in vista della legge di bilancio - avrebbe bisogno di una corroborante pioggia di miliardi.

Alle perplessità (si fa per dire, visto il tono a dir poco deciso usato da Tajani) di Forza Italia, molti fautori dell'extratassazione hanno opposto un silente sconcerto, davanti ad una opposizione a qualcosa di cui si parla nei corridoi, senza che l'argomento abbia conquistato la dignità di atto concreto.
La discussione si potrebbe risolvere in un diplomatico ''ne parleremo quando verrà il momento'', ed invece non è così e, alle parole di Tajani (che si potevano anche fare cadere nel vuoto, seppure un grande sforzo di volontà e autocontrollo da parte degli alleati di governo), hanno fatto eco quelle di Ignazio La Russa che, nonostante rappresenti la seconda carica dello Stato, quando ha qualcosa da dire, la dice, senza porsi limiti o problemi.

E il suo intervento, sull'argomento, è stato di quelli pesanti, anzi è stato pesantissimo.
Perché non si è limitato a dire che ''gli extraprofitti delle banche non sono in programma'', aggiungendo che ''le banche di profitti, non voglio dire immotivati ma grandi, ne hanno avuti''.
Poteva finire lì e nessuno avrebbe sentito la necessità di replicare.
Ma La Russa ha voluto colpire, alternando il fioretto - ''Non c'è bisogno di inalberarsi prima ancora che il tema sia posto'' - alla spada, ''Forse deve far piacere a qualche banca? Non credo, ma stiamo attenti anche noi a quello che diciamo".

In un sol colpo il presidente del Senato ha messo in chiaro che, a dettare i tempi e i contenuti dell'agenda del governo, è Fratelli d'Italia. Poi, attingendo a piene mani nella retorica cara alla sua professione forense, ha negato l'esistenza di qualcosa per instillare il dubbio, che in bocca a lui forse tanto dubbio non era.
Il riferimento, indiretto sin che si vuole, ma molto chiaro, è agli interessi della famiglia Berlusconi, azionista di riferimento di Forza Italia, che da qualche mese ha manifestato un rinnovato interesse per la politica italiana.
Cosa resterà di tutto questo? Le solite scorie che potrebbero essere eliminate nel prossimo vertice, ma anche no.
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