• Tutto con Bancomat. Scambi denaro, giochi ti premi.
  • Esprinet molto più di un distributore di tecnologia
  • Fai un Preventivo

Vendere l’ex Ilva è quasi impossibile, tra disastro ambientale e voragine economica

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Vendere l’ex Ilva è quasi impossibile, tra disastro ambientale e voragine economica

L’operazione di vendita dell’ex Ilva di Taranto si rivela, ancora una volta, un’impresa pressoché irrealizzabile. A dieci anni dal sequestro degli impianti dell’area a caldo per danno ambientale e dopo una lunga sequenza di gestioni fallimentari, lo stabilimento siderurgico più grande d’Italia è diventato un fardello troppo pesante per chiunque voglia o possa acquisirlo.

Vendere l’ex Ilva è quasi impossibile, tra disastro ambientale e voragine economica

I governi che si sono succeduti hanno tentato in vari modi di restituire un futuro al polo industriale, ma il tempo e la giustizia hanno eroso qualsiasi prospettiva di rilancio. Anche chi, sulla carta, potrebbe avere le risorse per rilevarlo, si trova davanti a un’eredità tossica che va ben oltre l’aspetto economico.

L’impronta della magistratura e la paralisi industriale

Fin dal 2012 la magistratura ha imposto il sequestro degli impianti più critici dell’acciaieria, evidenziando un nesso diretto tra le attività industriali e il disastro ambientale che ha colpito Taranto e le sue periferie. Le indagini, le condanne e le misure cautelari non si sono mai interrotte del tutto, segnando profondamente la vita produttiva dell’impianto. I vincoli imposti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale rendono obbligatorie costose opere di risanamento, il cui iter è lungo, complicato e sottoposto a verifiche continue. Senza contare che molti degli interventi promessi non sono mai stati completati. Gli impianti funzionano oggi a capacità ridotta, mentre le perdite annue – stimate tra 500 e 800 milioni di euro – disegnano un quadro fallimentare e scoraggiante per qualsiasi potenziale acquirente.

La ferita ecologica e il rischio sanitario
L’ex Ilva non è soltanto un caso industriale, ma una questione ambientale e sanitaria aperta. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto l’Italia colpevole di non aver protetto la popolazione di Taranto dagli effetti nocivi delle emissioni dell’impianto. Il quartiere Tamburi continua a vivere sotto una cappa di polveri sottili e sostanze cancerogene, con un’incidenza anomala di malattie respiratorie e oncologiche. Le bonifiche non sono mai state realmente avviate su larga scala e la cittadinanza guarda con diffidenza ogni nuovo annuncio di rilancio. Chi compra la fabbrica si troverebbe immediatamente al centro di un contenzioso morale e civile, prima ancora che economico.

Gli interessi in campo e il vuoto strategico
Nessun soggetto industriale ha finora avanzato un’offerta concreta. Il governo, pur dichiarandosi pronto a valutare proposte, non ha individuato una strategia chiara per rendere appetibile il complesso. I commissari straordinari continuano a gestire un impianto in perdita, senza una vera prospettiva di investimento. I sindacati temono la perdita definitiva dei posti di lavoro e chiedono soluzioni urgenti, mentre le associazioni ambientaliste invocano la chiusura totale delle aree più inquinanti. Il rischio è che, in assenza di una volontà politica netta, l’ex Ilva continui a trascinarsi tra cassa integrazione e inattività, senza uscire mai dal limbo.

Il paradosso dell’acciaio e l’assenza di volontà
In un momento in cui l’acciaio resta un asset strategico a livello europeo, l’Italia si trova con un impianto potenzialmente decisivo che però nessuno vuole o può utilizzare. Il paradosso è evidente: mentre altrove si investe nella riconversione green delle industrie pesanti, a Taranto si fatica persino a tenere accesi i forni. La transizione ecologica, in questo contesto, resta un’ipotesi lontana, frenata da un debito ambientale che si somma al debito finanziario. Nessun imprenditore appare disposto a rilevare uno stabilimento da risanare completamente, a proprie spese, in un territorio segnato da vent’anni di sfiducia, rabbia e promesse mancate. Anche per questo, vendere l’ex Ilva non è solo un problema industriale, ma un dramma nazionale irrisolto.

Notizie dello stesso argomento
Trovati 26 record
Pagina
1
05/12/2025
Putin rilancia: Donbass o lo prendiamo con la forza
Putin ribadisce che il Donbass dovrà diventare russo, Trump allenta le sanzioni su Lukoil....
05/12/2025
Pace disarmata e disarmante, l’azzardo morale della Cei
Con una Nota Pastorale diffusa oggi, Conferenza episcopale italiana invita a “educare a un...
05/12/2025
Giovani in fuga dall’Italia: 630mila via in 13 anni
Dal 2011 al 2024 oltre 630mila giovani italiani hanno lasciato il Paese. Rapporto CNEL 202...
04/12/2025
Natale e Capodanno spingono il turismo: 4 milioni di arrivi dall’estero
Ministero del Turismo ed ENIT: impatto economico di 3,5 miliardi tra dicembre e gennaio
04/12/2025
Rimborsi pedaggio 2026: come cambia l’autostrada
Dal 2026 scattano i rimborsi pedaggio autostradale per cantieri e blocchi traffico. Regole...
Trovati 26 record
Pagina
1
  • Con Bancomat, scambi denaro, giochi e ti premi.
  • Punto di contatto tra produttori, rivenditori & fruitori di tecnologia
  • POSTE25 sett 720