Verso le europee - Pd: ma le candidature non avrebbero dovuto unire la base?
- di: Redazione
Chi ha sempre pensato che, nel momento in cui mettono a punto la composizione delle liste dei candidati, i vertici di un partito abbiano realmente a cuore le sorti della propria formazione politica oggi forse dovrebbe fare ammenda, vedendo quanto sta accadendo e che pare confermi che la distanza tra chi sta in cima e la base si sia, irrimediabilmente, allargata.
Di prove evidenti ce se sono tante e non è che ci sia un partito immune dalla fregola dei vertici di volere riaffermare il loro ruolo quando si siedono intorno ad un tavolo per decidere chi fare entrare in lista e, soprattutto, in quale posizione (che è poi l'elemento dirimente, seppure in una votazione proporzionale, come quella europea). Ma, nella scelta di chi candidare, sembrano prevalere criteri che ben poco hanno a che spartire con l'ideologia, la tradizione, il patrimonio culturale dei singoli partiti.
Non vogliamo sparare sulla Croce rossa, ma il processo decisionale che si è concluso con la composizione delle liste del Partito democratico tutto sembra fuorché meditato e, soprattutto, rispettoso di chi, sul territorio, quotidianamente si sobbarca a sfide durissime, contro avversari che non fanno sconti, soprattutto ora che un po' ovunque l'onda della Destra corre senza freni.
Verso le europee - Pd: ma le candidature non avrebbero dovuto unire la base?
Il segretario dem, Elly Schlein, convinta che il suo incarico le consenta di fare ingoiare tutto al partito, ha imposto dei candidati, andando contro la storia soprattutto recente del partito. Come nel caso di Marco Tarquinio, candidato probabilmente con la speranza di drenare voti nel bacino ''pacifista'' che, formalmente, si dovrebbe riconoscere nei Cinque Stelle e nel loro furbo comandante.
Chi ha candidato Tarquinio, lo diamo per scontato, doveva in qualche modo conoscere le sue idee e il modo di pensare e agire, che ha sempre peraltro mostrato quando era direttore de L'Avvenire, da lui portato su posizioni che oggi sembrano lontane da quelle ufficiali del Pd.
Eppure oggi è in lista, nella quasi certezza che andrà in Europa.
Ma per fare cosa? Per dire, come come ha fatto, che ''l'aborto non è un diritto'', frase che da solo dovrebbe farne il simbolo dei movimenti ''pro vita'', schierati decisamente a destra?
Oppure, storia di ieri, di chiedere a gran voce che si sciolga la Nato, con frasi inequivocabili su quelle che, domani, da europarlamentare, potrebbero essere le sue battaglie, che non sono solo di principio?
Per lui, ''bisogna sciogliere la Nato e fare finalmente un'alleanza tra pari Europa-America''. Parole che sembrano ignorare quel che accade in Ucraina, ma, soprattutto, la pluridecennale linea atlantista del Partito democratico. Il quale, con il responsabile Esteri, Peppe Provenzano, ribadisce due concetti: la linea di politica estera la detta il partito; Tarquinio è un candidato indipendente.
Una precisazione che la dice lunga sul disagio che le uscite di Tarquinio stanno provocando nel Pd.
Restando in attesa che Elly Schlein dica la sua su un candidato che lei ha fortemente voluto, ora tutti aspettano di capire cosa farà, una volta in Europarlamento, l'ex direttore de L'Avvenire, quando si tratterà di parlare del diritto delle donne a decidere per sé stesse o di continuare ad aiutare l'Ucraina.