Rosneft e Gazprom colpite al cuore, stop ai pagamenti con carte russe, limiti sulle criptovalute e prestito-riparazioni per Kiev: Bruxelles alza la pressione, mentre Putin rivela di avere oltre 700 mila soldati al fronte.
(La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen).
L’Europa alza la voce
La Commissione europea ha varato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, un giro di vite che colpisce settori chiave della finanza e dell’energia di Mosca. “L’economia di guerra russa sta raggiungendo i suoi limiti”, ha dichiarato Ursula von der Leyen presentando le nuove misure a Bruxelles il 19 settembre 2025, sottolineando come l’impatto delle restrizioni sia ormai evidente su inflazione, tassi di interesse e accesso ai capitali.
Questa volta, però, non si tratta solo di bloccare singole aziende o prodotti: l’Unione punta a mettere fuori gioco interi sistemi che sostengono la macchina bellica del Cremlino.
Energia e finanza nel mirino
Il nuovo pacchetto prevede un divieto totale di transazioni per Rosneft e Gazprom Neft, due giganti energetici che finora avevano potuto contare su canali residui per commerciare con l’estero. Bruxelles vuole chiudere ogni spiraglio, dopo che negli ultimi tre anni le entrate petrolifere russe provenienti dall’Europa sono già crollate di oltre il 90%.
Non solo energia. L’Ue ha deciso di colpire anche il sistema di pagamento Mir, la carta di credito nazionale sviluppata da Mosca come alternativa a Visa e Mastercard, e il circuito di pagamenti veloci SBP. L’obiettivo è impedire che la Russia utilizzi canali paralleli per aggirare le restrizioni occidentali.
Criptovalute e banche “ombre”
Un altro fronte riguarda il mondo digitale. Sarà vietata la fornitura di servizi legati alle criptovalute ai cittadini russi, insieme al blocco delle piattaforme di scambio che hanno finora rappresentato una via di fuga alle sanzioni. Inoltre, vengono aggiunte nuove banche russe e di Paesi terzi all’elenco di quelle con cui non sarà più possibile intrattenere rapporti finanziari.
Il messaggio è chiaro: l’Europa intende stringere anche sulle reti di sostegno indirette che permettono a Mosca di aggirare l’isolamento.
Il nodo degli asset congelati
Il pacchetto non si ferma qui. Bruxelles ha messo sul tavolo un progetto che potrebbe cambiare radicalmente il sostegno a Kiev: un “prestito di riparazione” basato sui flussi di cassa generati dagli asset russi congelati nelle banche europee. In pratica, l’Ucraina riceverebbe liquidità immediata senza intaccare formalmente la proprietà dei beni, che resterebbero russi fino a un eventuale trasferimento definitivo come risarcimento di guerra.
Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis, parlando a Copenaghen durante l’Ecofin informale il 19 settembre 2025, ha definito questo modello “replicabile anche da altri Paesi del G7”.
Non mancano, però, le voci critiche. La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha messo in guardia: “Servono garanzie scritte che il diritto internazionale sia rispettato”.
Le crepe e le pressioni
L’approvazione definitiva del pacchetto non è scontata. Alcuni governi hanno espresso disponibilità a discutere di un uso più intensivo degli asset congelati, ma hanno chiesto prudenza e basi giuridiche solide. Ogni decisione richiede l’unanimità, e non è escluso che i negoziati si protraggano.
Intanto, sul fronte internazionale, la Commissione si muove in coordinamento con i partner del G7. Von der Leyen ha sottolineato che il nuovo pacchetto è “allineato agli sforzi della presidenza canadese del G7” e che l’Europa “continuerà a usare tutti gli strumenti a disposizione per fermare la guerra brutale della Russia”.
Mosca mostra i muscoli
Dal Cremlino è arrivata una risposta muscolare. Vladimir Putin ha dichiarato il 19 settembre che “oltre 700.000 militari russi sono impegnati in Ucraina”, la prima volta che il leader russo fornisce un numero così preciso. Una mossa che sembra voler ribadire la determinazione di Mosca proprio mentre Bruxelles annuncia nuove strette.
Sul campo, intanto, la guerra non si ferma: droni russi hanno colpito Kiev nella notte tra il 18 e il 19 settembre, con danni alla rete di trasporto urbano.
Perché questo pacchetto segna un salto di qualità
Il diciannovesimo round di sanzioni segna un cambio di passo. Non solo colpisce settori già provati, ma prova a smantellare gli ingranaggi che consentono al regime russo di resistere: pagamenti, banche, energia, criptovalute.
E soprattutto introduce la logica del prestito-riparazione: un meccanismo che, se approvato, permetterebbe di trasformare i beni congelati in uno strumento immediato di sostegno finanziario a Kiev.
Il resto — dalle polemiche di Donald Trump, che ha detto di sentirsi “deluso” da Putin, alla vendita di missili Usa alla Polonia — resta sullo sfondo. Oggi, a Bruxelles, la vera notizia è che l’Unione europea ha scelto di premere ancora più forte, convinta che Mosca stia davvero avvicinandosi al limite.