Il 2025 segna il passo più lento dal 2008: guerra commerciale, incertezza politica e debito pesano sull’economia mondiale.
Un anno da brivido (ma non recessione)
Secondo il Global Economic Prospects della Banca Mondiale, la crescita globale nel 2025 si fermerà al 2,3 %, il livello più basso registrato in un anno non recessivo dal 2008. “Outside of recessionary years, this is the weakest growth in 17 years”, ha dichiarato Indermit Gill, capo economista della Banca.
I grandi colpevoli: dazi e incertezza
Il rallentamento è figlio diretto delle tensioni commerciali, in primis dei dazi imposti dagli Stati Uniti che hanno avviato una nuova fase di protezionismo diffuso. A questo si somma l’incertezza politica – dai conflitti geopolitici al ritorno di Trump alla Casa Bianca – che ha depresso investimenti e consumi. Il commercio mondiale, che nel 2024 era cresciuto del 3,4 %, si fermerà quest’anno all’1,8 %.
Un coro di revisioni al ribasso
La Banca Mondiale non è sola. L’OCSE ha abbassato le sue stime al 2,9 %, mentre Morgan Stanley parla di “rischio concreto” di frenata sincronizzata, soprattutto in Asia e America Latina. Persino l’ONU ha tagliato le previsioni al 2,4 %, mezzo punto in meno rispetto a inizio anno. L’FMI, che a gennaio stimava una crescita globale del 3,3 %, ha già ammesso che una nuova revisione è “probabile” in vista del World Economic Outlook d’autunno.
Fitch: sotto il 2 %?
L’agenzia di rating Fitch ha lanciato l’allarme più cupo: secondo le sue proiezioni aggiornate, la crescita potrebbe scendere sotto la soglia del 2 %, toccando il livello più basso dagli anni successivi alla crisi finanziaria globale, al netto del biennio pandemico.
Il mondo reagisce: banche centrali e governi in allarme
In un report pubblicato a fine giugno, la BIS (Bank for International Settlements) ha definito l’attuale fase “un momento spartiacque” per l’economia globale. La fragilità geopolitica, il ritorno del protezionismo e la bassa produttività rischiano di incancrenire il rallentamento. Anche la BCE, dopo il primo taglio dei tassi a giugno, ha avvertito che le incertezze sul commercio mondiale stanno comprimendo le esportazioni europee.
Le ricette urgenti
Gli organismi multilaterali indicano tre priorità:
- Stop all’escalation commerciale: secondo la World Bank, ridurre della metà i dazi introdotti negli ultimi 24 mesi aumenterebbe la crescita globale dello 0,2 % entro il 2027.
- Stabilità fiscale: nei Paesi emergenti, dove i deficit superano il 6 % del PIL, è urgente un riequilibrio per evitare nuove crisi di liquidità.
- Occupazione e investimenti: in Asia meridionale e Africa sub-sahariana servono politiche espansive per sostenere la domanda interna e assorbire la crescita demografica.
Un ciclo lento e fragile
La crescita mondiale non si è fermata, ma ha smesso di correre. E questo è forse il vero problema: una “stagnazione morbida” fatta di timori, rinvii e scelte prudenti. Le economie avanzate, pur evitando la recessione tecnica, marciano a passo lento: gli Stati Uniti sono attesi al +1,5 %, l’Eurozona appena sopra l’1 %. I Paesi emergenti, tradizionali motori della crescita, sono zavorrati da debiti e flussi di capitale incerti.
Guardando avanti
Il 2025 rischia di diventare un anno simbolo: non un collasso, ma un’indigestione. Dopo anni di crescita drogata da stimoli pandemici e tassi bassi, l’economia globale è tornata sulla terra. Ora la domanda è: resteremo impantanati nella palude della mediocrità oppure sapremo rilanciare produzione, innovazione e cooperazione?
Il tempo per decidere è adesso. Perché la prossima frenata potrebbe non essere così morbida.