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Filamenti caotici nella più grande culla di pianeti mai vista

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Filamenti caotici nella più grande culla di pianeti mai vista
Non è solo la più grande mai osservata. È anche una delle più turbolente, irregolari e sorprendenti. La più vasta culla di pianeti conosciuta, con un diametro di circa 645 miliardi di chilometri, pari a 40 volte quello del Sistema solare, si presenta come un ambiente cosmico tutt’altro che ordinato. A rivelarlo è una nuova immagine del Telescopio spaziale Hubble, che ha catturato il disco protoplanetario nella luce visibile con un livello di dettaglio senza precedenti.

Filamenti caotici nella più grande culla di pianeti mai vista

La fotografia mostra una struttura osservata quasi perfettamente di taglio, una condizione rara che consente agli astronomi di analizzare non solo il piano del disco, ma anche la sua “altezza” e le regioni periferiche. Ed è proprio qui che emerge la sorpresa: lunghi filamenti caotici, disposti in modo asimmetrico, si estendono nello spazio da un solo lato del disco, mentre l’altro appare molto più netto e compatto. Un’immagine che rompe con l’idea classica di dischi regolari e simmetrici da cui, lentamente, si formano pianeti.
I risultati dello studio sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal da un team guidato dal Center for Astrophysics Harvard & Smithsonian, confermando ancora una volta il ruolo di Hubble come strumento chiave per l’astrofisica osservativa, anche a distanza di oltre trent’anni dal lancio.

Il “Chivito di Dracula”
Il protagonista di questa osservazione è il disco protoplanetario IRAS 23077+6707, situato a circa 1.000 anni luce dalla Terra. Identificato per la prima volta nel 2016, è diventato noto anche per il soprannome informale di “Chivito di Dracula”, un omaggio ironico alle origini transilvane e uruguaiane degli scopritori. Al di là del nome curioso, il disco rappresenta un oggetto di straordinario interesse scientifico: contiene una massa di materiale stimata tra 10 e 30 volte quella di Giove, sufficiente a dar vita a un sistema planetario di dimensioni eccezionali.

Un caos che racconta la nascita dei pianeti
«Il livello di dettaglio che stiamo osservando è raro da trovare nelle immagini dei dischi protoplanetari», spiega Kristina Monsch, prima autrice dello studio. «Queste osservazioni indicano che i dischi possono essere molto più attivi e dinamici di quanto suggeriscano i modelli teorici più semplici».
I filamenti potrebbero essere il risultato di interazioni con il mezzo interstellare, di instabilità gravitazionali interne o di processi ancora poco compresi che influenzano la distribuzione della materia. In ogni caso, il messaggio è chiaro: la formazione dei pianeti non segue un copione unico e ordinato, ma può avvenire anche in ambienti fortemente perturbati.

Implicazioni per la ricerca
Per gli studiosi, IRAS 23077+6707 diventa così un laboratorio naturale per testare nuove ipotesi sulla nascita dei sistemi planetari. Capire come si comporta la materia in condizioni così estreme significa migliorare i modelli che descrivono anche l’origine del nostro Sistema solare e, più in generale, valutare quante e quali configurazioni planetarie possano esistere nella Galassia.
In prospettiva, queste osservazioni rafforzano l’idea che l’Universo sia più vario e complesso di quanto immaginato finora. E dimostrano come l’astrofisica, grazie a strumenti come Hubble, continui a produrre nuova conoscenza ad alto valore scientifico, capace di rimettere in discussione schemi consolidati e aprire nuove strade alla ricerca sui processi fondamentali che portano alla nascita dei mondi.

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