Innovazione in affanno, serve una svolta di sistema.
Il 2024 segna una frenata sul fronte dell’innovazione brevettuale italiana. Un rallentamento che non colpisce in modo uniforme il Paese e che, nel caso dell’Umbria, assume contorni particolarmente preoccupanti. La diminuzione delle domande di brevetto europeo non è solo un dato statistico: è un indicatore diretto della capacità competitiva dei territori e della loro tenuta nel confronto internazionale. Emerge da un report della Camera di Commercio dell'Umbria su dati Unioncamere e Dintec. agenzia in house di Unioncamere e delle Camere di commercio (con Enea),
Dichiarazioni
Giuseppe Tripoli, Segretario Generale di Unioncamere:
“L’innovazione resta un fattore cardine per la competitività delle imprese. Il rallentamento della capacità brevettuale delle imprese italiane, registrato nel 2024, è probabilmente frutto delle molte incertezze del contesto internazionale. L’Italia è ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei nella ricerca di brevetti industriali. Certo sarebbe assai utile individuare le modalità per favorire quanto più possibile l’incrocio tra impresa e ricerca”.
Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria:
“Il dato sui brevetti interpella direttamente il sistema economico e istituzionale regionale. L’Umbria dispone di competenze, università e imprese di qualità, ma deve rafforzare il collegamento tra ricerca e tessuto produttivo, soprattutto a favore delle piccole e medie imprese. La Camera di Commercio è impegnata nel sostenere percorsi di innovazione, tutela della proprietà intellettuale e trasferimento tecnologico, perché brevettare significa creare valore, occupazione qualificata e nuove opportunità di crescita per il territorio. Su questo serve davvero una continua spinta che veda una sinergia totale tra regione, università, sistema camerale e associazioni di categoria. La sfida è trasformare il sapere in sviluppo concreto”.
Nel dettaglio, nel 2024 le domande italiane di brevetto europeo con titolari nazionali scendono a 4.612, cioè 168 in meno rispetto al 2023, pari a un calo del 3,5%. Non si tratta di un crollo verticale, ma di una perdita di slancio che arriva in un momento delicato: la competizione globale cresce, la tecnologia corre e le imprese sono chiamate a difendere margini e posizionamento attraverso soluzioni sempre più originali.
Il Paese a scacchiera
L’analisi territoriale restituisce un’Italia a velocità diverse. Il Centro cresce complessivamente del 4,7%, passando da 664 a 695 domande. Il Nord-Est resta sostanzialmente stabile (+0,6%), mentre il Nord-Ovest arretra del 7,7% e il Mezzogiorno segna un deciso -16,5%. Dove gli ecosistemi dell’innovazione sono più integrati – imprese, università, finanza e servizi – la capacità di tenuta è maggiore; dove il sistema è più frammentato, la frenata diventa evidente.
I settori: tengono i “classici”, soffre l’high-tech
Dal punto di vista settoriale, produzione e trasporti restano le aree più solide in termini numerici. I segnali più deboli arrivano invece dai comparti a maggiore intensità tecnologica: fisica ed elettricità perdono insieme oltre cento domande rispetto all’anno precedente. È un segnale chiaro: quando rallenta l’innovazione nelle tecnologie avanzate, l’intero sistema ne risente, soprattutto nei territori che devono colmare gap strutturali.
Umbria, il rallentamento che fa rumore
All’interno di questo scenario, l’Umbria rappresenta uno dei casi più critici. La regione registra un -26,7% in un solo anno, passando da 45 a 33 domande di brevetto europeo. È il terzo peggior risultato a livello regionale, nettamente oltre la media nazionale e in controtendenza rispetto alla dinamica positiva del Centro. Non è una semplice fluttuazione: è un indicatore di competitività che si abbassa e di opportunità che rischiano di migrare verso territori più reattivi.
Confronto tra regioni: crescite vere e cali pesanti
Tra le regioni con volumi significativi, crescono Toscana (+15,1%), Emilia-Romagna (+7,5%), Liguria (+5,1%), Sicilia (+5,6%) e Lazio (+3%). Sul fronte opposto, oltre all’Umbria, pesano le forti contrazioni di Abruzzo (-46,7%), Friuli Venezia Giulia (-25,2%), Puglia (-24,2%), Piemonte (-11%), Campania (-9,5%) e Lombardia (-7%), che resta comunque la prima regione per numero assoluto di brevetti. La percentuale conta, ma conta soprattutto la continuità: quando il “rubinetto” brevettuale si chiude, riaprirlo richiede tempo e investimenti.
Due università, un vantaggio che chiede risultati
L’Umbria ha una caratteristica distintiva: ospita due università, l’Università degli Studi di Perugia e l’Università per Stranieri. In teoria, un vantaggio competitivo evidente in termini di competenze, ricerca e relazioni internazionali. Il nodo è trasformare questo patrimonio in un flusso costante di innovazione industriale. È qui che entra in gioco il trasferimento tecnologico, il ponte che porta la ricerca dentro le imprese fino al mercato.
Il ponte esiste: va fatto correre
Gli strumenti non mancano. L’Università di Perugia promuove spin-off e valorizzazione della ricerca; l’Umbria Digital Innovation Hub affianca le imprese nei percorsi di trasformazione digitale; progetti come Vitality lavorano su filiere avanzate. Se i brevetti calano, significa però che la cinghia di trasmissione va resa più veloce, soprattutto per le PMI, che spesso faticano ad accedere a strumenti di tutela della proprietà intellettuale.
Sistema camerale in azione
In questo contesto, il ruolo del sistema camerale è decisivo. Dintec, agenzia in house di Unioncamere e delle Camere di commercio insieme a Enea, opera per portare l’innovazione vicino alle imprese. I PID – Punti Impresa Digitale e i progetti nazionali di accompagnamento tecnologico mirano a ridurre la distanza tra chi ricerca e chi produce, traducendo bisogni concreti in soluzioni brevettabili.
Che cosa serve, subito
La strada è chiara: più scouting di idee brevettabili, servizi rapidi di tutela IP per le PMI, progetti congiunti impresa-università, spazi e incentivi per prototipazione e test, maggiore facilità nel passaggio dalla ricerca al prodotto. Meno innovazione raccontata e più innovazione misurata. Un brevetto non è solo un numero: è un’idea protetta, un vantaggio competitivo, un pezzo di export che nasce sul territorio.
Il 2024 non è una sentenza definitiva, ma un avvertimento. Chi torna a brevettare prima, torna a crescere prima. Per l’Umbria la sfida è trasformare competenze, università e reti di supporto in risultati concreti e difendibili sui mercati globali.