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ChatGPT e pubblicità: fidarsi ancora delle risposte dell’IA?

- di: Bruno Legni
 
ChatGPT e pubblicità: fidarsi ancora delle risposte dell’IA?
Dagli indizi nel codice ai timori sulla neutralità: cosa sta cambiando.

L’intelligenza artificiale sta entrando in una nuova fase: non più soltanto assistente digitale, ma possibile piattaforma pubblicitaria. L’ipotesi di risposte sponsorizzate integrate in ChatGPT segna un passaggio delicato, destinato a ridisegnare il rapporto tra informazione, tecnologia e mercato.

Negli ultimi due decenni, la pubblicità online ha seguito un percorso lineare: intercettare ricerche, inserirsi nei risultati, influenzare le scelte. Dai banner ai link sponsorizzati, fino agli annunci basati sui dati comportamentali, il web ha costruito la propria economia attorno a motori di ricerca e social network. Ora il baricentro rischia di spostarsi sui chatbot.

Dalle ricerche alle conversazioni

ChatGPT e sistemi analoghi non rispondono soltanto a una query: dialogano, ricordano il contesto, interpretano bisogni e intenzioni. È proprio questa profondità conversazionale a renderli appetibili per il mercato pubblicitario.

Secondo quanto emerso alla fine di novembre 2024 da analisi indipendenti sulla versione beta di ChatGPT per Android, nel codice dell’app sarebbero comparse stringhe come “ads”, “search ad” e “search ads carousel”. Indizi tecnici che fanno pensare a un modello simile, almeno nella struttura, a quello già visto sui motori di ricerca tradizionali.

Le informazioni sono state rilanciate da testate tecnologiche internazionali e riprese in Italia da Fanpage.it, che ha sottolineato come le funzionalità sembrerebbero destinate alla versione gratuita, mentre gli abbonamenti premium resterebbero, almeno inizialmente, privi di annunci.

Le smentite e il contesto competitivo

OpenAI ha negato un lancio imminente, ribadendo che la priorità resta il miglioramento delle capacità dell’IA. Una posizione ribadita pubblicamente tra dicembre 2024 e gennaio 2025, anche alla luce della crescente concorrenza di sistemi come Gemini di Google, sempre più integrato nell’ecosistema di ricerca.

Dietro le quinte, però, il tema resta aperto. Un’inchiesta pubblicata da The Information (dicembre 2024) parla di un progetto molto più raffinato rispetto ai banner tradizionali: informazioni sponsorizzate fuse nel linguaggio dell’IA, difficili da distinguere da una risposta neutra.

“La pubblicità conversazionale è il prossimo grande mercato digitale”, osserva un analista citato dalla testata statunitense, sottolineando come l’IA generativa possa diventare il nuovo intermediario tra consumatori e aziende.

Quando potrebbero arrivare gli annunci

Non esiste una data ufficiale. Tuttavia, osservando i cicli di test e sviluppo, diversi osservatori del settore indicano la prima metà del 2026 come finestra plausibile per un debutto graduale. Un approccio prudente, utile a misurare la reazione degli utenti e a evitare contraccolpi reputazionali.

Se confermata, la svolta sarebbe storica: ChatGPT smetterebbe di essere percepito solo come strumento informativo, trasformandosi in un nodo centrale dell’economia digitale, capace di influenzare decisioni di consumo, scelte professionali e orientamenti culturali.

I rischi: informazione e promozione sempre più vicine

Finora ChatGPT si è distinto per un’esperienza considerata “pulita”, lontana dalle dinamiche pubblicitarie invasive. È proprio questa percezione di neutralità ad aver alimentato la fiducia degli utenti.

L’ingresso di contenuti sponsorizzati, però, rischia di assottigliare il confine tra informazione e marketing. A differenza di un motore di ricerca, l’IA conosce gusti, priorità e fragilità dell’utente, rendendo possibile una personalizzazione estrema dei messaggi.

“Il vero problema non è la pubblicità in sé, ma la sua invisibilità”, spiegano esperti di etica digitale interpellati da diverse testate europee tra fine 2024 e inizio 2025. Se l’utente non distingue chiaramente ciò che è consiglio e ciò che è promozione, la fiducia diventa merce fragile.

Un equilibrio ancora tutto da costruire

Per OpenAI la sfida è duplice: trovare nuove fonti di ricavo senza compromettere credibilità e trasparenza. Per gli utenti, invece, si apre una stagione di maggiore consapevolezza: capire chi parla, perché lo fa e con quali interessi.

Le risposte sponsorizzate non sono ancora realtà, ma il dibattito è già acceso. E una cosa è certa: nell’era dell’IA conversazionale, la pubblicità non sarà più soltanto un annuncio, ma una voce che dialoga.

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