Cronache dai Palazzi - Mes: sì, no, forse. Alla fine vince solo il caos (politico)
- di: Redazione
Forse, alla fine di questa giostra che corre in tondo come fosse impazzita, qualcuno dovrà spiegare alla gente (quella che si occupa di economia e finanza giusto il necessario per capire che il prezzo del latte dipende da decisioni prese a Bruxelles) cosa sia il Mes.
Uno strumento non facile da capire e di cui occorrerebbe comprendere soprattutto perché sia diventato qualcosa che abbia riservato, al Paese, uno spettacolo che, a volere essere buoni, è sconcertante.
E resta anche difficile da capire come, su un singolo argomento (in questo caso il Meccanismo europeo di stabilità, che dovrebbe correre in soccorso del sistema bancario nel caso di emergenze), maggioranza e opposizione abbiano deciso di declinarsi al plurale, evidenziando le spaccature interne.
Cronache dai Palazzi - Mes: sì, no, forse. Alla fine vince solo il caos (politico)
Sarebbe troppo pretendere da chi ci legge di avere la pazienza di leggere cosa sia il Mes, quali siano i suoi contenuti e cosa esso comporti per chi lo approva (tutti lo hanno fatto, ad eccezione dell'Italia, e questo qualcosa deve pure significare).
Ma la complessità dell'oggetto passa in seconda linea, davanti la frammentazione - o sarebbe meglio definirla frantumazione ? - dei due fronti parlamentari, con partiti della maggioranza che si astengono nel voto e partiti delle opposizioni che vanno in ordine sparso (con i Cinque Stelle che dovrebbero essere contro il governo, che, adducendo posizioni prese in passato, si sono allineati alle decisioni di Fratelli d'Italia e Lega).
Una rappresentazione tossica della politica, in cui i ruoli sono indefiniti e tutto sembra essere governato da una fluidità figlia della convenienza, quando invece il popolo che vota pretenderebbe quella chiarezza che sembra essersi perduta nelle nebbie dell'opportunismo.
La posizione sul Mes, su cui si sarebbe dovuta prendere una posizione basata su analisi e numeri, è invece diventata ideologica, come se un ''sì'' dovesse essere frutto di un pensiero politico e solo dopo finanziario.
In questo modo si è data la possibilità a chi non ha mai nascosto il suo opporsi all'Europa, come istituzione comunitaria e, quindi, sovranazionale, di schierarsi contro il Mes, visto come un organismo di controllo, ma soprattutto ad orologeria, grazie al quale, un domani che si spera essere lontano, l'Italia potrebbe essere chiamata ad un impegno solidale cui il governo (ad eccezione di Forza Italia) e una parte importante dell'opposizione (Cinque Stelle) non intendono esporsi.
Ma come siano maturate queste posizioni, lo ribadiamo, sembra essere una questione essenzialmente politica.
Tanto che il segretario della Lega, nonché vicepremier e ministro (quindi, nella doppia veste, esponente della maggioranza) non si è limitato a esprimere soddisfazione per il ''no'' al Mes, quanto se lo è intestato, come se fosse un successo personale. Basta leggere quel che ha detto Salvini per avere conferma: ''È una nostra vittoria'' e, quindi, ''Visto che il Mes non ci serve, possiamo chiedere indietro i soldi che abbiamo dato finora''.
Affermazioni che forse non tengono in debito conto quel che l'Europa ha fatto per l'Italia, anche se prenderne atto non è forse facile per tutti.
I fuochi d'artificio di Salvini restano suoi, ma Palazzo Chigi non può certo accettare che un voto negativo sia celebrato come una vittoria, se si vuole veramente rispettare il ruolo del Parlamento, che dovrebbe essere luogo di dibattito e non metro strumento di ratifica di decisioni prese altrove.
Quindi, per Palazzo Chigi, ''la scelta di non ratificare il Mes può essere l’occasione per avviare una riflessione in sede europea su nuove, eventuali, ratifiche al trattato, più utili all’intera Eurozona''.
Una affermazione di principio, sulla quale però, strategicamente, non si tiene nella debita considerazione che l'Ue, dopo le piccole concessioni fatte all'Italia in sede di redazione del nuovo Patto di Stabilità, si sente in credito con il nostro Paese.