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Cronache dai Palazzi - Giorgia Meloni non può rischiare di finire come Thelma e Louise

- di: Redazione
 
Cronache dai Palazzi - Giorgia Meloni non può rischiare di finire come Thelma e Louise
Non necessariamente scene iconiche appaiono solo in film degni di entrare nella storia del cinema.
Una storia ricca di singole situazioni degne di essere ricordate, seppure in una pellicola men che mediocre o appena sopra la sufficienza. Forse rientra proprio in questa catalogazione la scena finale di ''Thelma e Louise'', quella che vede le due protagoniste (Susan Sarandon e Geena Davis) tenersi per mano dopo avere lanciato la loro auto in un abisso, per chiudere la loro breve esperienza di casalinghe libere, dopo essere state disperate.
A volere essere esagerati a noi osservatori esterni, e non sempre smaliziati, questa scena ci fa venire in mente il rischio che corre Giorgia Meloni, che sembra dare l'impressione di essere disposta al sacrificio estremo, che è quello di andare avanti con un esecutivo che troppo spesso incorre in infortuni, più o meno voluti, che confermano che, per assurdo, essere al governo non sempre significa sapere governare.

Cronache dai Palazzi - Giorgia Meloni non può rischiare di finire come Thelma e Louise

Non nel senso di proporre leggi o metterle in atto con sapienza e bravura, ma in quello più pratico di sentirsi parte di un organismo che, sebbene collegiale, ha un leader ben definito.
Questo, purtroppo per Giorgia Meloni e anche per il Paese, non succede perché l'imperativo di molti ministri sembra quello di andare in ordine sparso, senza una strategia, pur di conquistare terreno politico. Un concetto che può tranquillamente intendersi come ricerca di visibilità in vista di un naturale riposizionamento, dentro e tra i partiti.
Il presidente del Consiglio vede di tutto e di più, con ministri (anche tra quelli di Fratelli d'Italia) che pensano bene di fare le classiche fughe in avanti, quelle che sembrano dire: beh, a questo punto non ha senso tornare indietro.

Paradigmatica è la strategia di Matteo Salvini che, cosciente del distacco di consenso popolare con il partito del premier, fa di tutto per mettersi al centro del palcoscenico con uscite che altri - gli alleati - non gradiscono affatto, considerandole alle stregua di improvvide sparate quando invece sarebbe necessario andare avanti insieme, seguendo una stessa direzione.
Il caso del ''condono-non condono'' fiscale di cui il segretario leghista s'è fatto promotore ne è una conferma, non tanto per l'obiettivo che si propone (incassiamo oggi quel che c'è da incassare da chi può pagare, ma non per intero, il debito con l'erario), ma per il fatto che la proposta sembra essere stata un'entrata a gamba tesa mentre si elabora la riforma fiscale.

Ma, se le sortite di Salvini hanno un senso politico (perché tentano di rosicchiare porzioni di voto oggi di Fratelli d'Italia), meno si comprendono le difficoltà che, a Giorgia Meloni, arrivano dai ''suoi'' ministri che sembrano essere travolti dalla fregola di essere, sempre e comunque, davanti alle telecamera, quando magari il silenzio e le regole auree che ne dettano l'esercizio sarebbero l'ideale.
Alcuni ministri appaiono alla perenne ricerca di visibilità, anche quando un profilo defilato di morettiana memoria li renderebbe più graditi. Invece è tutto un turbinio di dichiarazioni, passeggiate tra i flash, sorrisetti e salutini che servono solo a loro. Giorgia Meloni, sino ad oggi, per come è giusto, ha difeso tutti, volendo rappresentare con la sua immagine di concretezza la saldezza dell'esecutivo. Ma spesso è una impresa senza speranza perché, proprio in momenti come questi, tutte le parole e le decisioni andrebbero soppesate col bilancino.

Come non ha fatto il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il guardasigilli (che è un ex pubblico ministero), dopo avere demolito giuridicamente - dal suo punto di vista e inimicandosi magistratura e giuristi - il concorso esterno in associazione mafiosa, presentandosi in aula ha fatto un dietro-front clamoroso, dicendo che questo argomento non figurava nel programma della maggioranza. E allora, perché lo ha proposto?
Parole, troppe, per essere considerate casi episodici, come quanto sta accadendo in alcuni ministeri dove lo spoil system, ormai accettato da tutti, ha preso la forma non solo di una epurazione di chi non in sintonia con il ''nuovo'', ma quasi di una occupazione manu militari della stanza dei bottoni. Una operazione che si fa sempre, al cambio di maggioranza, ma che necessita del rispetto di una agenda temporale che non faccia pensare ad una ordalia.

Poi, per soprammercato, anche cose naturali, di buon senso, scatenano tempeste politiche. Perché quando Giorgia Meloni dice di non volere commentare la lettera di Marina Berlusconi (su quella che ha definito una persecuzione giudiziaria contro il padre, che continua anche dopo la sua morte), non essendo l'imprenditrice un soggetto politico, non fa altro che sottolineare un dato di fatto.
Certo è da casa Berlusconi che escono i soldi che danno ossigeno a Forza Italia, ma questo non fa di Marina qualcuno cui rispondere sempre. Specialmente se queste risposte si pretendono da chi è presidente del Consiglio.
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