• Tutto con Bancomat. Scambi denaro, giochi ti premi.
  • Esprinet molto più di un distributore di tecnologia
  • Fai un Preventivo

Uve da vino 2025, perché i prezzi crollano (e chi rischia)

- di: Vittorio Massi
 
Uve da vino 2025, perché i prezzi crollano (e chi rischia)
Uve da vino 2025, perché i prezzi crollano (e chi rischia)
Dal Brunello al Montepulciano, dalla Valpolicella alla Maremma: la vendemmia 2025 promette qualità e volumi, ma alla base della filiera il conto non torna. I listini delle uve affondano, i vini comuni corrono e tra Dop e generici la forbice si restringe fino al paradosso.

Un’annata buona nei vigneti, cattiva sui conti

Il 2025 entra negli annali come l’anno in cui le uve da vino italiane hanno perso fino al 40% di valore rispetto alla vendemmia precedente in alcune denominazioni di punta. Il paradosso è crudele: vigneti in salute, cantine piene, bilanci in sofferenza.

Alla radice del problema c’è una combinazione micidiale:

  • Vendemmia più abbondante dopo due anni difficili, con stime di produzione in rialzo intorno all’8% sul 2024 secondo i monitoraggi di sistema.
  • Consumi interni in calo strutturale, soprattutto per i rossi e per i vini di fascia media.
  • Export zavorrato da dazi, inflazione e rallentamento dei mercati chiave, in primis gli Stati Uniti.
  • Giacenze elevate in molte aree, che comprimono il potere negoziale dei viticoltori nella definizione del prezzo delle uve.

È il classico scenario in cui la filiera si tende: chi trasforma e imbottiglia può aspettare, chi conferisce uve no. E il prezzo si scarica sul primo anello.

I numeri del crollo: dal Brunello al Prosecco

Le rilevazioni sulle quotazioni alla produzione elaborate da Borsa merci telematica italiana (Bmti) e dalle Camere di commercio mostrano una geografia del ribasso che va dal Nord al Centro-Sud, con poche eccezioni e molte denominazioni illustri coinvolte.

Piemonte e Veneto, le prime crepe nel “Nord forte”

In Piemonte, le uve per Barbera d’Asti Docg quotate ad Asti si muovono su valori attorno ai 120 euro al quintale, con una flessione intorno al 6% rispetto all’anno precedente. Non è un tracollo, ma il segnale è chiaro: la pressione al ribasso è arrivata anche qui.

In Veneto lo scarto è più netto, soprattutto nelle denominazioni legate ai rossi strutturati:

  • Recioto e Amarone della Valpolicella: uve in discesa in doppia cifra, con cali attorno all’11% e quotazioni medie inferiori ai picchi recenti.
  • Lugana Doc: limatura più contenuta (circa -2%), ma segnale comunque di raffreddamento dopo anni di crescita costante.
  • Glera per Conegliano Valdobbiadene Docg: prezzi sostanzialmente stabili, ma con margini più compressi per via dei costi produttivi lievitati.
  • Cartizze: ribasso vicino al 9%, in un’area simbolo delle bollicine italiane.

Il messaggio che arriva dal Nord è secco: neppure le Dop più celebrate sono immuni dalla rinegoziazione al ribasso del valore delle uve.

Toscana, l’affondo sui grandi rossi

Lo choc più forte si registra in Toscana, dove alcune uve per i rossi da invecchiamento iconici hanno perso fino a oltre il 40% rispetto al 2024.

Sulla piazza di Siena e nelle zone storiche emergono quattro segnali chiave:

  • Brunello di Montalcino Docg: il sangiovese per Brunello vede un taglio delle quotazioni che sfiora il -40% su base annua.
  • Chianti Classico Docg: ribasso attorno al 5%, meno drastico ma in controtendenza rispetto alle annate di tensione rialzista.
  • Nobile di Montepulciano Docg: cali intorno al 15%, che ridimensionano una denominazione in riposizionamento.
  • Morellino di Scansano Docg: scivolata ben oltre la doppia cifra, con riduzione dei prezzi nell’ordine del 25–26% e uve pagate su livelli mai così bassi da anni.

Centro e Sud, tra Sagrantino e Montepulciano d’Abruzzo

Nell’Italia centrale, anche una denominazione potente come il Sagrantino di Montefalco Docg registra un ridimensionamento dei prezzi delle uve vicino al 15%, segno che la fase di euforia dei rossi da meditazione è ormai alle spalle.

In Abruzzo il segnale è ancora più rumoroso: le uve da Montepulciano d’Abruzzo Doc scendono su livelli attorno ai 50 euro a quintale, con una perdita intorno al 20% rispetto alla vendemmia precedente. Per molti conferitori è la linea rossa che separa la sostenibilità economica dalla perdita secca.

In Puglia, le organizzazioni agricole denunciano già da inizio autunno prezzi “troppo bassi per coprire i costi di produzione”, aggravati da eventi climatici estremi e dall’aumento dei fattori produttivi.

Perché le prime stime hanno fatto male alle uve

Il presidente di Cia Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha messo nero su bianco un punto delicato: le stime iniziali di vendemmia – diffuse tra fine agosto e inizio settembre – indicavano un aumento della produzione attorno all’8% rispetto al 2024. Una previsione che, pur rivelatasi sovrastimata a consuntivo, ha influenzato pesantemente la formazione dei prezzi delle uve.

Tradotto: il mercato ha “prezzato” un eccesso di offerta che poi non si è materializzato in quelle proporzioni. Ma nel frattempo le uve sono state pagate meno, soprattutto in denominazioni storicamente considerate stabili. Il tutto in un contesto di:

  • vendite interne in calo, con la fascia giovane di consumatori sempre più selettiva e meno fidelizzata al vino;
  • export frenato dai dazi Usa e dall’incertezza macroeconomica, con alcuni mercati che hanno ridotto drasticamente gli ordini nel secondo semestre 2025;
  • costi di energia, lavoro e materie prime che rimangono su livelli elevati, erodendo i margini di trasformatori e viticoltori.

Risultato: le uve diventano la valvola di sfogo. Il prezzo cala più velocemente di quanto si adeguino a valle i listini del vino in bottiglia.

Il paradosso: più conviene il vino comune del Dop

La vera zona rossa della crisi non si legge solo nelle percentuali, ma in un dato strutturale: la distanza di prezzo tra uve per vini comuni e uve per vini Dop si sta assottigliando pericolosamente.

Un esempio emblematico arriva dall’Abruzzo. Se si mettono in fila i numeri delle liquidazioni della vendemmia 2024, si disegna un paradosso che nel 2025 è diventato ancora più evidente:

  • un ettaro a Montepulciano d’Abruzzo Doc produce mediamente 150 quintali di uve, cui si aggiunge un eventuale “supero” di circa 30 quintali;
  • con un grado zuccherino intorno ai 19 gradi Babo e pagamenti medi nell’ordine di meno di 3 euro a grado-quintale, il ricavo totale si aggira attorno ai 9.500 euro per ettaro;
  • un ettaro destinato a vini rossi generici, con rese più elevate (anche 300 quintali), a 18 gradi Babo e prezzi intorno ai 2,30 euro per grado-quintale, può superare i 12.000 euro di incasso lordo.

La domanda che rimbalza tra i conferitori è brutale nella sua semplicità: perché dovrei produrre uve Dop se guadagno di meno?

Se la forbice tra generico e Dop si chiude troppo, si innesca un meccanismo pericoloso:

  • meno rivendicazioni a denominazione;
  • più vino “declassato” a categorie comuni o Igt;
  • rischio di abbandono dei vigneti più marginali, con impatto paesaggistico, sociale e turistico.

Valpolicella, quando il consorzio deve frenare la caduta

Una delle cartine di tornasole è la Valpolicella, territorio che negli ultimi 25 anni ha conosciuto un boom di Amarone e Ripasso. Nel 2025, però, i numeri raccontano un’altra storia: meno Amarone, meno Ripasso, più Valpolicella “base”.

Da un lato le bottiglie di Amarone si sono ridotte rispetto ai picchi pre-crisi, dall’altro il consorzio è intervenuto con decisione sul fronte produttivo: tagli delle rese per il Valpolicella Doc e politiche di contenimento produttivo per i prossimi anni, con blocchi temporanei e gestione più prudente delle superfici.

Il presidente del Consorzio, Christian Marchesini, ha spiegato in più occasioni che il mercato reagisce in modo “isterico” quando percepisce incertezza: chi compra uve tende a tirare il prezzo verso il basso, qualcuno si ferma del tutto e diverse aziende produttrici restano senza sbocchi. Da qui la scelta di fare da mediatore tra i 2.500 viticoltori e i circa 360 imbottigliatori, fornendo dati aggiornati e fissando un perimetro entro cui muovere le quotazioni per evitare crolli irreversibili.

Il 2025 è stato anche l’anno in cui i marchi Amarone, Valpolicella e Recioto sono passati formalmente dalla Camera di Commercio al Consorzio, rafforzando la capacità di tutela e presidio contro le contraffazioni e dando più potere di indirizzo sulla strategia complessiva del territorio.

Morellino e gli altri: ridurre la raccolta per salvare il valore

In Maremma, il presidente del Consorzio del Morellino di Scansano, Bernardo Guicciardini Calamai, ha descritto una situazione complessa ma non senza anticorpi: calo dei prezzi delle uve, giacenze superiori alla norma, ma anche un lento aumento degli imbottigliamenti.

Qui la leva usata è stata opposta a quella delle annate di espansione: riduzione della raccolta nel 2025 per evitare fluttuazioni estreme e per accompagnare il mercato verso un nuovo equilibrio. Il messaggio è chiaro: meglio meno uva ma meglio valorizzata, che tanta uva senza sbocchi o svenduta.

In altre parole, la denominazione cerca di dimostrare di saper adattare i volumi a un contesto di domanda più selettiva, invece di inseguire a tutti i costi la crescita quantitativa.

Il punto di vista delle cooperative: vino comune in rimonta

La fotografia della grande cooperazione aggiunge un tassello decisivo. Il direttore generale di Caviro, Giampaolo Bassetti, ha sottolineato che nel 2025 i vini generici hanno registrato aumenti di prezzo, mentre molte Dop sono rimaste stabili o in calo e le Igt sostanzialmente ferme.

Sugli scaffali della Gdo, il quadro è quasi surreale: alcuni vini da tavola di buona qualità si collocano a ridosso – e talvolta sopra, in promozione – dei prezzi di Doc e Igt. Nel frattempo, le giacenze di vino indicano che Doc e Igt rappresentano oltre l’80% dello stock complessivo, mentre il vino comune scarseggia, soprattutto il bianco. Il motivo? Produzioni scarse in Spagna (storico concorrente dell’Italia sul vino sfuso) e una forte domanda da parte di grandi operatori europei per base spumante e vini di primo prezzo.

Per Bassetti, il punto non è demonizzare la categoria dei vini comuni, che garantisce volumi e accessibilità, ma evitare che il sistema smonti il valore delle Dop inseguendo solo la convenienza a breve termine.

Sindacati agricoli: “Non è il momento di svendere”

Su un punto le organizzazioni agricole e cooperative sono granitiche: il calo dei prezzi delle uve non può tradursi automaticamente in un crollo dei listini del vino.

Il presidente di Legacoop Agroalimentare, Cristian Maretti, ha fatto una lettura netta: con il vino già in cantina e un quadro più chiaro su volumi e giacenze, questa vendemmia non giustifica sconti selvaggi. I prezzi non saliranno alle stelle, ma non ha senso deprimere i listini al punto da distruggere margini e scoraggiare investimenti.

Anche Cia, Confagricoltura e Coldiretti, pur con accenti diversi, convergono su un elemento: la remunerazione delle uve è oggi il nodo critico per la tenuta del sistema. Se il viticoltore non sta in piedi, l’intera architettura delle Dop – dal disciplinare al marketing territoriale – perde fondamenta.

Lo spettro dell’abbandono e il tema delle rese

Dietro le cifre di fine vendemmia si intravede un rischio sociale e paesaggistico: l’abbandono delle superfici vitate marginali, soprattutto in collina e in aree meno meccanizzabili, dove i costi di produzione sono più alti e i margini più stretti.

Alcuni tecnici di denominazione, in particolare in Abruzzo e in altre regioni di forte produzione, insistono su un punto: serve allargare di nuovo la forbice tra uve senza denominazione e uve Dop. Il modo più diretto per farlo è intervenire sulle rese:

  • abbassare le rese massime per i vini a denominazione, per allineare l’offerta alla domanda reale;
  • valutare, territorio per territorio, se e come contenere le rese dei vini generici, evitando però di togliere reddito agricolo dove il vino comune è la principale fonte di sostentamento;
  • legare sempre più rese e aiuti a criteri di sostenibilità ambientale e qualità, premiando chi investe in pratiche virtuose.

Il rischio, se si rimanda, è di ritrovarsi tra pochi anni con meno vigne, meno presidio dei territori, meno attrattività turistica e più squilibri idrogeologici.

Cosa si può fare subito: leve pubbliche e private

Le soluzioni non sono semplici né istantanee, ma alcune linee di intervento stanno emergendo con chiarezza.

1. Interventi istituzionali mirati

Le organizzazioni agricole chiedono:

  • strumenti anti-crisi rapidi per le annate di maggiore volatilità, con fondi dedicati ai distretti più esposti;
  • misure per la liquidità delle aziende agricole, in modo da non costringerle ad accettare prezzi troppo bassi pur di incassare subito;
  • agevolazioni per investimenti tecnologici e agronomici volti ad aumentare la resilienza climatica (irrigazione di precisione, selezione clonale, agricoltura di precisione).

2. Promozione e riposizionamento dell’offerta

I fondi Ocm vino sono ripartiti, ma molte realtà sollecitano un aggiornamento dei criteri di assegnazione per premiare i progetti che parlano davvero ai consumatori di oggi: sostenibilità, moderazione nei consumi, autenticità territoriale, enoturismo esperienziale.

In parallelo, si apre un cantiere sensibile: la dealcolazione parziale e i vini a più basso tenore alcolico. È un tema regolatorio, culturale e tecnico insieme, ma i segnali di mercato – soprattutto tra i giovani e nei Paesi del Nord Europa – indicano che ignorarlo sarebbe un errore strategico.

3. Filiera più compatta nei momenti di crisi

Il 2025 dimostra che quando ognuno gioca per sé, la filiera perde valore. I consorzi che hanno funzionato meglio sono quelli che:

  • hanno fornito dati trasparenti e aggiornati a produttori e acquirenti;
  • hanno usato in modo tempestivo le leve disciplinari (rese, blocchi, riserve vendemmiali);
  • hanno investito non solo in promozione esterna, ma anche in gestione interna delle aspettative, evitando corse al ribasso incontrollate.

2025, anno di avvertimento

Il crollo dei prezzi delle uve nel 2025 non è un incidente di percorso, ma un segnale strutturale. Dice in modo brutale che la forbice tra valore percepito del vino e reddito reale dei viticoltori si è aperta troppo.

Se la risposta sarà solo tattica – qualche sconto in più a scaffale, qualche ettaro in meno, qualche uva declassata – il sistema si limiterà a prendere tempo. Se invece consorzi, cooperative, imprese private e istituzioni useranno questo shock come leva per:

  • ridisegnare rese e produzioni sulle reali esigenze del mercato;
  • rafforzare il legame tra vino, territorio ed enoturismo;
  • investire sulla fascia di prezzo accessibile senza sacrificare le Dop;
  • accompagnare i consumatori verso un rapporto più consapevole, meno quantitativo e più qualitativo con il vino,

allora il 2025 potrà essere ricordato come l’anno in cui la filiera ha toccato il fondo dei prezzi ma ha iniziato a riposizionare il proprio valore. Il tempo per farlo non è infinito: lo dettano le scadenze dei mutui, le buste paga dei dipendenti e le vigne che, se non rendono, prima o poi si estirpano. 

Notizie dello stesso argomento
Trovati 87 record
Pagina
2
08/12/2025
Spyware e scalata Mps: c’è un doppio mistero
Dalla scalata Mps a Mediobanca al caso spyware Paragon-Graphite: indagine, intercettazioni...
08/12/2025
Terni cresce ma margina poco: industria forte, però redditività bassa
Report Camera di Commercio Umbria: Terni produce molto ma margina poco. Industria dominant...
08/12/2025
Arriva rottamazione quinquies: rientro dei decaduti e piani più lunghi
Nuova rottamazione quinquies: rientro dei decaduti, 54 rate in 9 anni, decadenza più morbi...
08/12/2025
Feste di Natale: 10 milioni di italiani in vacanza, budget medio di 440 euro
Feste di Natale: 10 milioni di italiani in vacanza, budget medio di 440 euro
07/12/2025
Germania, la riforma delle pensioni salva il governo Merz
Approvata la riforma delle pensioni in Germania: garanzia del 48% fino al 2031, incentivi ...
Trovati 87 record
Pagina
2
  • Con Bancomat, scambi denaro, giochi e ti premi.
  • Punto di contatto tra produttori, rivenditori & fruitori di tecnologia
  • POSTE25 sett 720