La crisi sta riscrivendo le regole del mercato del lavoro

- di: Redazione
 
È, apparentemente, un controsenso quello che sta accadendo nel mercato del lavoro della maggior parte dei Paesi occidentali alla prese con il rilancio delle rispettive economie dopo lo shock causato dalla pandemia, che ha bruciato migliaia di posti che, oggi, paradossalmente, non si riesce a coprire per mancanza di manodopera. E nemmeno sembra avere effetti concreti il ricorso al più semplice degli artifici dei ''padroni'', quello di aumentare i salari per attrarre personale altrimenti restio. Tutto questo è la normale evoluzione delle strategie che i governi hanno attuato per arginare il disastro, davanti al quale non pochi economisti preconizzavano scenari post-bellici, con una catena di fallimenti e, quindi, con una massa di lavoratori messi sulla strada con i tempi di riassorbimento lunghi chissà quanto e il timore concreto di malesseri sociali sempre più marcati. Ed invece queste apocalittiche previsioni trovano continue smentite perché le economie hanno mostrato una forte capacità di assorbire il colpo (grazie ad una gigantesca iniezione di aiuti da parte dei singoli Stati), non crollando, ma ponendo esse stesse le basi per ripartire.

Forse, da un punto di vista squisitamente psicologico, il principale indicatore viene dal tasso di disoccupazione che, salito a dismisura con il manifestarsi della pandemia e i suoi contraccolpi sulla vita di tutti, ora è tornato ai livelli che aveva prima della crisi. Insomma, i sistemi-Paese hanno mostrato di avere gli anticorpi per reagire, anche se il modo con cui i Governi hanno ''ingabbiato'' la crisi rischia di avere riflessi negativi per il futuro, che sarà condizionato da una crescita esponenziale del debito pubblico, per effetto degli aiuti alle attività produttive ed alla famiglie decisi nel periodo più acuto della pandemia. Ma, se da un lato la strategia decisa dai governi per limitare i confini del collasso economico, ha evitato massicce chiusure di imprese e, quindi, il licenziamento di un numero altissimo di dipendenti, dall'altro non ha potuto evitare che, a fronte di una domanda in ripresa, le aziende non siano tornate nelle condizioni normali per potere tornare ad assumere.

L'esempio che viene dato dalla Francia è paradigmatico. Secondo l'ultima indagine della Banca di Francia, il Paese conta ancora una quota consistente di persone senza lavoro, ma le imprese non riescono a fare fronte ai buchi nell'organico. Un fenomeno che potrebbe apparire assurdo agli occhi della gente comune, ma che lo è meno per gli analisti che hanno individuato specifici settori dell'economia che non riescono proprio non ad aumentare il numero della propria forza lavoro, ma nemmeno di riportala al periodo pre-crisi. L'industria della ristorazione (bar compresi), le costruzioni, la logistica e il settore digitale si trovano in questa situazione e una soluzione positiva potrebbe non arrivare in tempi brevi. Stessa cosa sta accadendo anche negli Stati Uniti, in Germania e nel Regno Unito, dove le imprese hanno aumentato salari e benefit per reclutare il personale necessario a rimettere a regime la macchina.

È giudizio di più analisti che, a fronte delle tensioni sul mercato del lavoro preesistenti rispetto alla pandemia, ora la situazione sia peggiorata, cogliendo di sorpresa le aziende che si sono dovute confrontare con nuovi problemi. Perché se il massiccio ricorso al lavoro da casa o al taglio dell'orario ha cambiato le abitudini di lavoratori e ''padroni'', il nuovo assetto ha spinto molti dipendenti ad accorciare l'orizzonte delle ambizioni personali, talvolta inducendoli a dare un taglio al passato. In termini di lavoro, ma anche di prospettive di vita privata.
Come, ad esempio, hanno fatto molti lavoratori a bassa paga che, piuttosto che tornare alla vecchia occupazione, con limitate prospettive, hanno preferito chiudere questo capitolo della loro vita e guardare oltre.
Alcuni segmenti del mercato del lavoro sono oggettivamente in una situazione migliore (come il settore digitale), ma questo mette le aziende davanti all'esigenza di dovere rinvigorire il parco delle loro eccellenze professionali, andandole quindi a cercare sul mercato, innescando in questo modo reazioni verso l'alto nella quantificazione dei salari. Ma tutto va bene, nella corsa a essere più competitivi e, quindi, a conquistare ulteriori porzioni del mercato di riferimento.
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