Coronavirus, Zara chiude 1200 negozi e scommette sull’online

- di: Massimiliano Ricci
 
Inditex, il colosso spagnolo dell’abbigliamento, proprietario di Zara e di altri marchi celebri, sembra aver chiara la linea da seguire per la ripartenza post-Covid: chiusura di 1200 negozi del gruppo Zara in giro per il mondo (in particolare, sembra, tra Europa ed Asia) e stanziamento di cospicui finanziamenti per migliorare la piattaforma di vendita online dei propri prodotti.

La scelta di chiudere i negozi fisici e puntare sulle vendite online era già prevista da un piano di investimenti stilato nel 2019 ma, chiaramente, la situazione d’emergenza dovuta al Coronavirus ha accelerato (e non di poco) questo processo.

Nel primo trimestre di quest’anno, infatti, il gruppo Inditex ha registrato una perdita di circa 409 milioni di euro, con ricavi affossati: nel mese di maggio il fatturato totale è diminuito del 51% e il 90% dei negozi nel mondo sono rimasti chiusi. Il calo del fatturato di questi mesi, messo a confronto con quello registrato da altri settori o da altri competitor, non è stato nemmeno così drammatico.

A “salvare” in parte la situazione per Zara è stato il settore e-commerce, aumentato del 50% rispetto al trimestre dell’anno precedente e addirittura del 95% se si prende come riferimento il mese di aprile del 2019. Segno evidente che molte persone, magari alcune anche per la prima volta, si sono trovate ad utilizzare e sperimentare soluzioni digitali per l’acquisto dei capi di abbigliamento.

Il colosso della moda fast fashion ha quindi deciso di programmare la chiusura di 1200 negozi e passare dagli attuali 7.500 centri in tutti il mondo a circa 6.700/6.000, (complice le circa 450 aperture previste in alcuni Paesi), scommettendo tutto sulla vendita online e cercando di risollevare subito l’economia del marchio.

Rimane l’interrogativo sulle sorti dei dipendenti che lavoravano nei negozi che a breve abbasseranno le serrande, una settimana dopo aver visto la protesta proprio dei lavoratori di Zara presso i punti vendita di Via del Corso a Roma e di Corso Vittorio Emanuele II a Milano.
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