Corinna zur Nedden: "Il 2024 sarà l’anno della svolta per il mercato delle PMI"

- di: Redazione
 

Corinna zur Nedden, di origine tedesca di Colonia, una laurea in Economia all’università di Colonia e un dottorato in organizzazione aziendale nello stesso ateneo, ha fondato nel 2008, insieme a Giovanni Natali, la Natali&Partners, oggi Ambromobiliare, società di consulenza in finanza straordinaria di cui gestisce il reparto Equity Capital Market. E per la quale ha curato, finora, più di 60 Ipo. È, dunque, un’osservatrice speciale dell’Euronext Growth Milan, “l’unico mercato dinamico all’interno dell’Euronext, quello che in termini di Ipo funziona meglio”, rivela in questa intervista a Italia Informa. E di cui prevede la svolta, in termini di andamento dell’indice, già nel 2024.

Corinna zur Nedden: "Il 2024 sarà l’anno della svolta per il mercato delle PMI"

Due anni fa Euronext Growth Milan (EGM) contava 174 società quotate, un anno fa 190, oggi 186. Perché EGM non cresce più?

In realtà EGM è l’unico mercato dinamico all’interno dell’Euronext, è quello che in termini di IPO funziona meglio. Certo, anche EGM è alle prese con il delisting trainato dal Private Equity che approfitta delle valutazioni compresse delle PMI, ma il differenziale tra ingressi e uscite di mercato è positivo. E lo è solo per l’EGM.

Sì, ma le performance sono molto negative: a fine novembre l’indice EGM registrava una perdita del 15% a un anno e del 28% a due anni…

È la coda della pandemia. Con la pandemia le banche centrali hanno dovuto “stampare” denaro per far sì che il sistema finanziario mondiale, in una situazione completamente nuova e imprevedibile, continuasse a funzionare. Al termine della pandemia questa massa monetaria avrebbe dovuto essere rapidamente ritirata dal mercato - innalzando i tassi - per evitare, in assenza di una crescita sensibile dei Pil, il rischio inflazione. In quel momento la Bce è stata un po’ lenta, ha iniziato dopo gli Stati Uniti. Poi è arrivata la guerra in Ucraina, che ha provocato un’impennata dei prezzi dell’energia e, a valle, dei beni di consumo. L’aumento dei tassi d’interesse, necessario per ridurre la massa monetaria, ha però reso nuovamente interessante l’investimento nel debito pubblico e privato, che garantisce rendimenti mediamente alti. In più, le banche, per la prima volta dopo una decina d’anni, sulla scia di buone performance, hanno ripreso a trainare gli indici principali. È normale che i gestori, in questo contesto, non acquistino le perdite dell’indice EGM ma i guadagni del FTSE-MIB. Non hanno scelta.

Però gli investitori, soprattutto quelli istituzionali, dovrebbero fare anche scelte di lungo periodo, no? E nell’EGM, in teoria, vi sono grandi potenzialità a medio-lungo termine…

Le piccole e medie imprese sono più rischiose per default. È vero che maggiore è il rischio, maggiore è il guadagno, tuttavia, siccome l’andamento crescente degli indici principali ha drenato una liquidità crescente, i fund manager, per policy, non possono comprare dove non c’è liquidità. Anzi, in quelle situazioni devono vendere. Tutto ciò ha amplificato ancora di più la tendenza divergente tra l’indice principale e l’EGM.

Una mano avrebbero dovuto darla i Pir, i Piani individuali di risparmio lanciati in Italia nel 2017 con l’obiettivo di indirizzare il risparmio proprio verso le piccole e medie imprese italiane. Gli ultimi dati dell’Osservatorio Pir di Assogestioni, però, mostrano che l’incidenza della parte ordinaria di questi strumenti raggiunge appena l’8% del flottante dell’EGM. Che cosa non ha funzionato?

Dopo cinque anni - visto che l’indice era salito molto - molti hanno smobilizzato alla prima scadenza utile, a volte indiscriminatamente, senza capire bene cosa si smobilizzava. Forse gli operatori non avevano capito che il beneficio fiscale non sarebbe terminato dopo i primi cinque anni. Purtroppo, però, la liquidità generata con lo smobilizzo non è tornata in EGM perché nel frattempo, come detto, titoli di stato e banche erano diventati molto più attraenti.

Il cosiddetto disegno di legge Capitali, in discussione in parlamento, potrà aiutare o persino, come spera qualcuno, essere una svolta per EGM?

Il ddl Capitali va nella direzione giusta, ma non mi aspetto una svolta per EGM, mi pare più utile alle aziende medio-grandi. Però, certo, in teoria potrebbe essere uno strumento utile a dare un boost anche all’EGM, che rappresenta davvero l’infrastruttura dell’Italia, un Paese che fa fatica a mettere insieme il FTSE MIB, un indice che, peraltro, visto dalle grandi piazze finanziarie, è piccolo. L’Italia è fatta di piccole medie imprese, è per questo che l’EGM ha funzionato e funzionerà.

Come se ne esce?

Per esempio, in molti paesi europei i fondi pensione hanno l’obbligo di investire una quota, in alcuni casi importante, della loro raccolta nel mercato finanziario domestico. In Italia basterebbe il 3-5% per cambiare radicalmente lo scenario. Conosco persone che lavorano per fondi pensione italiani che comprano Apple, Amazon eccetera. E così la ricchezza dell’Italia e dei lavoratori italiani va a finanziare lo sviluppo di altri Paesi.

C’è una possibilità che venga introdotto, nella norma che disciplina i fondi pensione, un obbligo minimo di investimento domestico?

Noi lo sosteniamo in ogni occasione, ma nel ddl Capitali non è previsto. Eppure, il mercato domestico italiano è strutturato molto bene, manca solo la liquidità.

Recentemente, nel corso di un evento a Palazzo Mezzanotte, si è affermato che un intervento dello Stato da 200 milioni di euro nell’EGM potrebbe generarne 600. Al di là della non prevedibilità di un simile esito, non è un controsenso, per un mercato finanziario, chiedere o addirittura implorare la mano pubblica?

L’ha proposto, tra gli altri, Giovanni Natali, presidente di Assonext, ma sono convinta anch’io che sarebbe un buon investimento. La ricchezza che è stata creata con le quotazioni in EGM è impressionante in termini di occupazione, di crescita delle imprese, di utile prodotto, quindi di tasse pagate. È per questo che per lo Stato sarebbe un investimento, non una spesa. Questi soldi “lavorerebbero” per lo Stato. Ma bisogna averli 200 milioni…

E soprattutto bisognerebbe avere la volontà di investirli in una modalità un po’ atipica, diciamo così, per uno Stato considerando il rischio insito in un investimento di questo tipo. Senza un intervento diretto dello Stato, come si inietta liquidità in questo mercato?

Un altro settore che potrebbe iniettare liquidità è quello delle assicurazioni. Ma gli strumenti possono essere molteplici, come detto: il ddl Capitali, la riforma del Tuf, il Testo unico della Finanza, i fondi pensione, le assicurazioni, i Pir. Una mano la darà la recente modifica al regolamento EGM, che ha ridotto dal 10 al 7,5% la quota minima di flottante rappresentata da almeno 5 investitori istituzionali. E poi il cosiddetto bonus quotazione, ossia il credito di imposta di 500 mila euro per chi decide di quotarsi, che si spera sarà confermato anche nel 2024.

Recentemente gli operatori del mercato, sotto la regia di Borsa Italiana, hanno pubblicato un manifesto per lo Sviluppo dei mercati dei capitali in Italia, dettato dalla necessità di affrontare la carenza di investitori in società mid-small cap quotate sia attraverso un contributo attivo di tutti i principali player italiani (banche, assicurazioni, fondazioni, fondi pensione e casse previdenziali) sia attraverso un’azione del Governo che supporti non solo gli emittenti, ma anche gli investitori e gli intermediari finanziari, sulla scorta dei PIR, prevedendo una fiscalità più favorevole e norme che semplifichino l’attività delle autorità di vigilanza e il sistema giudiziario. Il punto del manifesto che potrebbe imprimere una svolta al mercato è sicuramente il primo punto, ossia la creazione di 20-25 nuovi portafogli o fondi di investimento specifici per PMI quotate italiane con una dotazione di 100-200 milioni ciascuno, per una raccolta totale che potrebbe raggiungere €3-5 miliardi.

Ha detto che EGM è l’unico mercato dinamico all’interno di Euronext, quello che in termini di IPO funziona di più, una sorta di isola felice in questo ambito. Un’isola felice non dovrebbe avere comunque appeal per gli investitori domestici o stranieri specializzati in mercati di nicchia ma di grandi potenzialità?

In teoria sì, ma anche gli investitori specializzati in mercati di nicchia hanno limitazioni nell’allocazione degli investimenti, vincolati alla liquidità dei mercati. Prima bisogna aumentare la liquidità, poi arriveranno anche gli investitori.

Mi scusi, ma se nessuno vuole mettere soldi in questo mercato, non è che forse c’è un problema di qualità e di funzionamento del mercato stesso?

No, assolutamente. In Europa EGM è migliore di tutti gli altri mercati analoghi. Il regolamento che lo disciplina - ispirato, all’epoca, al regolamento AIM di Londra e successivamente adattato e migliorato - è perfetto per la realtà italiana, fa incontrare il desiderio degli investitori di avere una certa sicurezza dell’investimento con le esigenze finanziarie delle PMI italiane. Abbiamo costruito in questi anni un vestito tailor made che veste bene l’Italia. La piccola Italia, in questo ambito, è super competitiva, si vede anche nel confronto europeo e americano, in cui non vi sono quotazioni, mentre l’EGM, in termini di IPO, sta performando meglio degli altri in Europa. Dall’inizio dell’anno su EGM si contano 28 IPO, su AIM UK solo 9 e su Euronext Parigi ancora meno (5). Vuol dire che EGM funziona.

Qual è il sentiment degli imprenditori in un contesto di basse quotazioni? Credono comunque nel mercato, in prospettiva, oppure sono prudenti o, peggio, delusi?

Una buona equity story si vende sempre. Abbiamo quotato aziende anche in situazioni molto complicate, come dopo l’attentato alle torri gemelle. In questo momento, però, le valutazioni per le IPO sono talmente basse che tanti imprenditori, pur avendo aziende che hanno le caratteristiche per essere quotate ma non un imminente fabbisogno finanziario, preferiscono aspettare tempi migliori, attendere che l’azienda possa essere apprezzata correttamente dal mercato.

A proposito di aziende che hanno le caratteristiche per essere quotate, com’ è messo il tessuto economico italiano? Vi sono imprese dalle grandi e non ancora sviluppate potenzialità?

Ve ne sono moltissime. Quattro anni fa abbiamo quotato Officina Stellare, una piccola azienda di earth & space engineering di Sarcedo, in provincia di Vicenza, che all’epoca aveva un valore della produzione pari a 5 milioni di euro. Con l’Ipo abbiamo raccolto 5,2 milioni. Poi, tramite l’esercizio del warrant emesso in IPO, sono arrivati altri 3,7 milioni. Con questo finanziamento iniziale stanno crescendo tantissimo. Recentemente nel capitale di Officina stellare è entrata una società americana quotata al Nasdaq. Queste sono le storie da raccontare. Non sempre il risultato è così buono, è ovvio, ma si dovrebbe scrivere un libro sul miglior modo per finanziare la crescita di un’azienda. La quotazione in Borsa è sicuramente una parte fondamentale di questo percorso.

Gli imprenditori italiani ne sono consapevoli? O c’è resistenza all’apertura al mercato?

Per fortuna non c’è troppa resistenza. Noi facciamo tanti convegni sul territorio, tanta “education”, spieghiamo cos’è l’EGM e come ci si arriva. Una volta molti imprenditori speravano di fare il “botto” in borsa per poi andarsene. Ovviamente, oggi non è più così, i capitali sono super selettivi, bisogna continuamente alimentare il mercato altrimenti il mercato ti molla. Chi si quota adesso lo fa perché vuole veramente quotarsi, avere visibilità e crescere. Tutti i clienti che abbiamo portato in EGM mi hanno detto: “Se avessi saputo il beneficio immateriale - oltre ai soldi che sono entrati in azienda - che abbiamo avuto da quando siamo quotati l’avrei fatto prima”. Per esempio, Officina Stellare prima di quotarsi faceva fatica a trovare ingegneri aerospaziali disposti a trasferirsi a Sarcedo. Da quando è quotata il recruiting è diventato molto più facile. Oggi la visibilità, la percezione, le garanzie per chi va a lavorare in quell’azienda sono diverse.

Non c’è il timore, tra gli imprenditori, di perdere la propria creatura, diciamo così?

Se ci si vuole quotare, cioè avere da altri risorse finanziarie per sviluppare l’azienda, bisogna aprire il capitale sociale. Ma non è quello il problema. A volte si ha paura dell’obbligo di pubblicare i bilanci, si ha paura che la trasparenza possa avvantaggiare i competitor. Spesso a essere un buon driver per la quotazione è il passaggio generazionale: prima della quotazione c’è una Srl con quote da dividere tra gli eredi; dopo c’è una Spa in cui l’eredità è un pacchetto di azioni che sono scambiate ogni giorno sul mercato e che è sempre possibile vendere. O acquistare.

In termini di territorio, c’è speranza anche per il Sud Italia?

Sì, le eccellenze italiane non mancano e sono ovunque. Forse la conoscenza del mondo finanziario è meno diffusa, ma comunque ci pensiamo noi a portare un po’ di formazione sul territorio.

Chi è passato dall’IPO, e magari grazie alla quotazione è cresciuto molto, investe in altre aziende EGM?

Sì. Nei book delle IPO vediamo spesso altre quotate che investono. Sono aziende che sanno di cosa stiamo parlando, che non escono dopo pochi mesi perché l’investimento non ha performato, sanno che i cicli possono essere più lunghi.

Se nel giro di qualche trimestre dovesse tornare un po’ di liquidità, che prospettive ci sono per l’EGM?

Le pipeline sono buone. Sono tutti lì che aspettano, hanno già il mindset per quotarsi. Quando ci saranno le condizioni attaccheranno il mercato.

Il 2024 potrebbe essere l’anno della svolta?

Stiamo vivendo un tempo molto complesso, ma per quello che si può vedere, la politica monetaria sta avendo i primi effetti positivi. E infatti i tassi hanno smesso di crescere. Quindi l’equity diventa di nuovo attraente. Al mercato serve solo un po’ di liquidità per migliorare le valutazioni e, di conseguenza, le capitalizzazioni. Se la crisi di liquidità non sarà gestita direttamente tramite fondi dedicati e dovrà risolversi da sola in relazione al migliorato contesto macroeconomico ci vorrà un po’ più di tempo. Per quanto riguarda l’EGM, tutti gli osservatori specializzati prevedono che le quotazioni dovrebbero riprendere dopo il primo trimestre del 2024. Ci sono tutte le condizioni: il cruscotto regolamentare è costruito molto bene e gli investitori, appena si creeranno le condizioni, sono pronti. Certo, bisognerebbe trovare il modo di attrarre anche quelli esteri, perché EGM attualmente è troppo italiano. Ma se le opportunità di guadagno saranno convincenti il denaro arriverà anche dall’estero.

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