Il prossimo 3 giugno la Corea del Sud sarà chiamata alle urne per eleggere un nuovo presidente, in anticipo rispetto alla naturale scadenza del mandato. È la seconda volta in tre tornate elettorali che il Paese si trova costretto a indire elezioni presidenziali anticipate, segno di una crescente instabilità politica e di una crisi di fiducia che attraversa le istituzioni. La decisione è arrivata nella notte, con un comunicato ufficiale della Corte Costituzionale che ha confermato l’impossibilità di proseguire l’attuale legislatura a causa delle condizioni di governo “compromesse in modo irreversibile”.
Corea del Sud al voto anticipato: finisce l’era Yoon, crisi istituzionale senza precedenti
La presidenza di Yoon Suk-yeol si è conclusa così in modo traumatico, con una revoca di fatto della fiducia da parte delle principali istituzioni dello Stato. Sebbene non sia stata formalmente avviata una procedura di impeachment, il meccanismo costituzionale sudcoreano consente, in caso di paralisi istituzionale e gravi conflitti tra esecutivo e Parlamento, di sciogliere anticipatamente il mandato presidenziale. A pesare sulla decisione è stato l’acuirsi di uno scontro frontale tra Yoon e l’Assemblea Nazionale, dove da mesi si susseguivano voti di sfiducia, blocchi normativi e impasse sul bilancio.
La riforma fiscale come punto di rottura
La crisi è esplosa definitivamente con la bocciatura della legge di riforma fiscale, considerata centrale dall’ex presidente per rilanciare l’economia. La riforma, che puntava a ridurre le imposte alle imprese tecnologiche e a incentivare le start-up, è stata osteggiata dalle opposizioni e perfino da alcuni esponenti della maggioranza, che hanno contestato l’impatto sui conti pubblici e l’insufficiente copertura sociale. A quel punto, la spaccatura è diventata insanabile, portando alla paralisi dell’azione di governo e alla fine dell’esperienza Yoon.
I mercati reagiscono, il governo si riorganizza
L’anticipo delle elezioni apre ora una fase di grande incertezza per la Corea del Sud, che si trova ad affrontare contemporaneamente sfide economiche, tensioni con il Nord e un contesto internazionale sempre più complesso. I mercati hanno reagito con cautela, temendo un vuoto di potere che potrebbe durare settimane. Il won ha perso terreno nei confronti del dollaro, mentre l’indice KOSPI ha aperto in flessione, pur recuperando parzialmente nel corso della giornata. Il governo ad interim, affidato al vicepresidente della Repubblica Park Jung-hoon, ha lanciato un appello alla calma e alla responsabilità, garantendo la continuità delle funzioni essenziali dello Stato.
Verso nuove alleanze e candidati
I partiti politici si stanno già riorganizzando in vista del voto. Il Partito Democratico ha annunciato che proporrà come candidato l’ex sindaco di Seul, Kim Jae-min, figura nota per le sue posizioni progressiste in tema di welfare e innovazione tecnologica. Il Partito del Potere Popolare, erede della maggioranza uscente, è invece ancora diviso sulla scelta del proprio leader: alcuni spingono per un nome di rottura, altri preferirebbero una figura istituzionale capace di rassicurare gli elettori. Emergono intanto nuove forze civiche, che puntano a intercettare il voto di protesta di una parte crescente della popolazione, in particolare tra i giovani.
Problemi economici e tensioni regionali
Le questioni aperte sul tavolo sono molte. La crescita economica rallenta, trainata da un calo della produzione industriale e da una contrazione dell’export, specialmente nel settore dei semiconduttori. Il costo della vita è aumentato sensibilmente negli ultimi mesi, con l’inflazione che ha toccato il 4,8%, un dato elevato per gli standard del Paese. La disoccupazione giovanile rimane uno dei nodi irrisolti, così come il nodo delle relazioni con Pyongyang: il Nord ha recentemente intensificato i test missilistici e interrotto ogni forma di dialogo ufficiale.
Lo sguardo del mondo su Seul
La comunità internazionale osserva con attenzione quanto accade a Seul. Gli Stati Uniti, alleati storici della Corea del Sud, hanno espresso “preoccupazione e rispetto” per la transizione democratica, mentre la Cina ha evitato commenti ufficiali, limitandosi a esprimere l’auspicio per una “stabilità duratura nella penisola”. Anche il Giappone segue con apprensione l’evolversi della crisi, preoccupato per l’equilibrio strategico in un’area che resta uno dei principali focolai geopolitici del mondo.
La democrazia di fronte alla prova più dura
Il voto del 3 giugno sarà dunque ben più di una semplice consultazione elettorale. Sarà una cartina di tornasole dello stato di salute della democrazia sudcoreana e una prova per la sua capacità di rigenerarsi dopo l’ennesima crisi istituzionale. Il Paese è di fronte a un bivio: ricostruire fiducia e coesione o scivolare in una spirale di instabilità che potrebbe compromettere anche il suo ruolo nello scenario globale.